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Cézanne. Conversazione con Joachim Gasquet - Éditions Bernheim-Jeune (Les)


Regia:Huillet Danièle, Straub Jean-Marie

Cast e credits:
Fotografia: Henri Alekan; luci: Louis Cochet ; assistente: Hopi Lebel; operatore: Stefan Zimmer, Michael Esser, Moviecam di Cinecam, Argenteuil; suono: Louis Hochet, Georges Vaglio; le opere di Cézanne filmate si trovano nei seguenti musei: National Gallery, London - Musee d'Orsay, Paris - National Gallery of Scotland, Edimburgh - Kunstmuseum, Basel - Petit Palais, Paris - Courtauld Institute Galleries Tate Gallery, London - Cabinet des Dessins del Museo del Louvre; produzione: Musee d'Orsay, S.E.P.T, Diagonale, Straub-Huillet; origine: Francia, 1989; durata: 52'.

Trama:Il film si costruisce a partire dal testo di Joachim Gasquet (Ce qu'il m'a dit) che mescola la corrispondenza avuta con Paul Cézanne e i ricordi di conversazioni avvenute tra il 1896 e il 1900. Straub e Huillet riproducono il testo, leggendo con le loro voci una selezione di brani, e riescono così, attraverso questa operazione critica, a parlare in maniera personale, pur servendosi di citazioni.

Critica (1):Presentato in margine al festival, in una micro-saletta del "Palais", riempita per l'occasione da una dozzina di critici per lo più italiani, Cézanne. Conversation avec Joachim Gasquet è, in ordine di tempo, l'ultimo gioiello della coppia Straub-Huillet. Sono cinquantadue minuti di Cinema che ci immergono nella pittura, con quel fascino strano che proviamo tutte le volte che sentiamo il cinema "lavorare" autenticamente un altro linguaggio. Il solo Godard, e il migliore: quello degli ultimi dieci anni, sa darci un cinema così emozionante come quello di Sraub-Huillet. Basandosi sulla Conversazione pubblicata dalle edizioni Bernheim-Jeune, i due autori operano la consueta selezione di brani - bazinianamente tagliati e mai riscritti - riproponendocela in modo personalissimo, con le loro voci, in modo da sollecitare il nostro ingresso nella pratica pittorica di Cézanne, colta nel movimento intellettuale ed emotivo che la conversazione conserva e restituisce. Se nel suo Mystère Picasso Clouzot, una quarantina di anni fa aveva tentato di ridarci la durata del procedimento pittorico, filmandolo attraverso un cristallo trasparente, qui il "lavoro" del pittore è raggiunto attraverso quell'altro "lavoro" che lo accompagna e che consiste nella verbalizzazione, da parte dell'artista (una verbalizzazione almeno inizialmente sotterranea e dai meccanismi tutt'altro che ovvi) del procedimento della pittura. Questa voce prende dall'interno l'atto del dipingere, e l'esitazione continua dei due cineasti a darci l'immagine dei quadri di Cézanne eleva al quadrato questo nuovo "vedere", che è un penetrare al di là della superficie pur nobile ma un po' usurata della normale conoscenza delle opere di un classico. Cézanne viene estraniato a questo sapere e ricondotto, attraverso l'interrogazione di fondo sul senso del dipingere, alla dimensione vitale della creatività come un "fare" moltiplicato per una disponibilità. "Fare" come messa in forma, disponibilità come annullamento degli ostacoli che a questo mettere in forma sono opposti dalla tradizione precedente. E nel momento stesso in cui Cézanne è restituito alla propria autenticità, il cinema è riscoperto come riproduzione e creazione insieme, con un movimento del tutto analogo a quello che il grande pittore provenzale attuava nel proprio campo. Quest'ultimo film di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet conferma uno dei paradossi più produttivi della storia del cinema, quello che attraversa la nobile e non vastissima famiglia dei "moderni", e che questo film ci mostra operante all'interno della pratica cézanniana: il paradosso per cui a un massimo di disponibilità, di apertura del testo al suo esterno, corrisponde (meglio: può corrispondere; com'è il caso di Renoir e Rossellini, Pagnol e Godard, Antonioni e Rivette, e di Straub-Huillet) un mas
simo di formalizzazione, e quella rottura con le pratiche artistiche tradizionali che è la marca delle opere d'avanguardia. Ed è proprio questo film che pone implicitamente l'accento su di una questione marginale: l'appartenenza dei "moderni", in larga misura, ad un'unica koiné che investe i più diversi linguaggi e l'intero pensiero del nostro secolo (con Cézanne e non molti altri in funzione di antesignani), la koiné costituita dalla prospettiva fenomenologica e strutturalistica di ascendenza kantiana. E poiché Cézanne. Conversation avec Joachim Gasquet procura allo spettatore, al di là di queste considerazioni, il più intenso piacere della visione, al critico non resta che sottolineare quanto della più autentica natura del "vedere" è risvegliato da questo film intelligente e caldo, intellettuale e cinefilistico, sereno e appassionato.
Cinema Sessanta, n. 3-4 maggio-agosto 1990

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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