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Menzogna di Marzabotto (La)


Regia:Di Carlo Carlo

Cast e credits:
Aiuto regia
: Agostino Bonomi; soggetto: Agostino Bonomi, Carlo Di Carlo; sceneggiatura: Agostino Bonomi, Carlo di Carlo, Giuseppe Ferrara; commento: Roberto Roversi; fotografia: Claudio Racca; montaggio: Pino Giomini; musica: Roman Vlad; collaborazione artistica: Antonio Meluschi, Renata Viganò; produzione: Carlo di Carlo; origine: Italia, 1961; durata: 20'.

Trama:Documentario realizzato dopo l'uscita in Germania del volume "Die Lüge von Marzabotto"

Critica (1):1961: Germania Occidentale. Esce un libro nazista di Lothar Greil: Die Lüge von Marzabotto (La menzogna di Marzabotto). 1830 morti sono cancellati d’un colpo; Walter Reder, che fu soprannominato la “jena di Marzabotto”, il responsabile del massacro di centinaia di innocenti, viene definito un “eroe”, un “soldato” che compì il suo dovere. Marzabotto è un paese dell’Appennino emiliano, tutte le case simili, la gente taciturna, la popolazione povera.
È il settembre 1944: un’ordinanza del Feldmaresciallo Kesselring invita la popolazione a reprimere i tentativi dei “banditi” che “annientano ogni valore culturale dell’occidente, della religione, e conseguentemente del patrimonio spirituale di ogni persona retta”.
La popolazione, nonostante il terrore seminato dai nazisti e dai fascisti, appoggia in tutti i modi gli uomini della Stella Rossa, che al comando di Mario Musolesi, detto Il Lupo, conducono un’aspra battaglia. All’alba del 28 settembre, la 16a Panzergranadierdivision Reichsfuher della 16a SS “Adolph Hitler”, avanzando in ordine sparso, avvia un’offensiva punitiva. Vado, Quercia, Casaglia, Caprara, San Martino, Pioppe, Sperticano, Malfolle, Pian di Venola, Colulla di Sopra e di Sotto, Tagliadazza, Creda [...] venti località, 1830 morti.
Pioppe di Salvaro. Nella botte dei canapificio i tedeschi allineano quarantasette rastrellati, presi nella campagna, e li abbattono. Si apre la chiusa, il Reno trascina nella corrente i cadaveri.
Casaglia. Tutti gli uomini hanno raggiunto gli avamposti della Stella Rossa su Monte Sole. Restano solo i vecchi, le donne e i bambini: La folla, cercando salvezza, si rifugia nella chiesa. Ma la porta si apre, i tedeschi irrompono nell’interno e freddano sull’altare Don Ubaldo Marchioni, respingono i presenti nel cimitero e li falciano con la mitraglia . Le vittime sono centoquarantasette.
1951: presso il Tribunale Militare di Bologna una ben piccola pena per infiniti delitti. Ma si potrà mai saldare un debito tanto grande verso l’uomo, verso un paese, verso un’intera nazione? Potranno mai essere restituite le ore di angoscia, le grida stupite dei figli, le piccole orme sulla terra dell’aia, l’ombra dei poveri corpi torturati? I morti vivono dentro a chi li ricorda e non li lascia morire: nel cuore di chi ricorda non con un lamento, ma stringendo le labbra solo per ammonire.
I morti di Marzabotto sono i morti di Lidice, di Oradur, di Auschwitz, di Varsavia. Il loro grido è la nostra voce di oggi.
Giorgio Gossetti- Carlo Di Carlo, I documentari i film 1961- 1978, Roma, Bulzoni, 1979

Critica (2):All’elenco dei cortometraggi sulla Resistenza ora si aggiunge La Menzogna di Marzabotto, un film girato a tamburo battente, dietro l’immediata spinta di un avvenimento clamoroso, qual è stato l’apparizione nelle librerie tedesche di un volumetto che tende a scagionare i nazisti delle responsabilità assunte nell’istante in cui il maggiore Reder mise in atto una feroce e spietata rappresaglia in una zona dell’Appennino Emiliano. Sullo sfrontato documento edito in Germania si sono soffermati a lungo i giornali; era pertanto inevitabile che anche il cinema si occupasse della faccenda, intervenendo , questa volta, con una tempestività degna delle migliori consuetudini giornalistiche [...] Punto per punto, capitolo per capitolo, le bugie tedesche sono confutate, senza sfociare in una polemica infervorata ma lasciando parlare i fatti in tutta la loro nuda e drammatica evidenza e cercando di risuscitare, per via di suggestione, il clima del barbaro episodio bellico [...] Al di là tuttavia dei meriti formali e della promessa contenuti nella Menzogna di Marzabotto, il documentario di Carlo di Carlo si presta a considerazioni le quali investono un tipo di film sul quale, non a torto, è lecito riporre parecchie speranze. Ci sembra infatti che, proprio sul terreno di un cinema costituzionalmente e organicamente esente dai patteggiamenti imposti dall’industria e dalle convenzioni dello spettacolo cinematografico, sia possibile, valendosi di nuove ricerche espressive e storico-culturali, affrontare argomenti, figure, personaggi e stagioni del nostro più recente passato, in modo da inquadrarli in un ideale panorama critico- informativo sull’Italia dell’ultimo quarantennio.
Mino Argentieri, Nuova generazione, 9/1/1961

Critica (3):

Critica (4):
Carlo Di Carlo
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