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Era meglio domani - Ya Man Aach

Regia:Boujemaa Hinde
Cast e credits:
Sceneggiatura: Hinde Boujemaa; fotografia: Siwar Ben Hassine, Mehdi Bouhlel, Hatem Nechi; montaggio: Imen Abdelderi, Naima Bachiri, Mehdi Barsaoui; interprete: Aida Kaabi; produzione: Cinetelefilms-Nomadis Images; distribuzione: Cineclub Internazionale; origine: Tunisia. 2012; durata: 74’.
Critica (1):Tunisia 2011. Aida cerca un tetto per se stessa e per il figlio maggiore Faouzi, e lo fa anche per riprendersi i figli più piccoli, che ha dovuto affidare ad un'associazione perché incapace di occuparsene. Non fa caso agli eventi storici che le scorrono intorno, se non per approfittare del caos cittadino e provare ad occupare la casa lasciata sfitta da qualche straniero, o per limitarsi a sperare che la rivoluzioni cambi la vita della gente e la sua in particolare. Eppure Aida e la Tunisia hanno una cosa in comune: entrambe devono ricominciare da capo, dimostrare agli scettici di essere affidabili, di sapersi gestire. Per entrambe, però, il peso del passato è una zavorra e l'esito della rivoluzione un'incertezza che assume ogni giorno facce diverse.

Era meglio domani è il titolo, fin troppo efficace (traduzione letterale di quello internazionale) di un film documentario fin troppo potente, presentato Fuori concorso al Festival di Venezia nel 2012, passato un po' inosservato (ma questo succede nella gran ressa dell'offerta festivaliera dove tutto accade contemporaneamente), ed ora offerto per la programmazione dell'esercizio estivo dall'etichetta indipendente Club cine internazionale. Due anni fa, quest'opera aveva il carattere dell'urgenza, quasi un instant movie, visto oggi ha il sapore di un documento durissimo e amaro, un pezzo di vita vera e dolorosa. (...) Il racconto di una vita e di un privato che si trasforma in atto pubblico, denuncia sociale e civile. E' questo ciò che rende Era meglio domani un film unico: seguire le vicissitudini private di una donna sola e abbandonata nel mezzo di una rivoluzione popolare e collettiva che lambisce e accompagna la lotta di questo individuo. La regista ha seguito per un anno e mezzo questa donna incontrata per strada nel gennaio del 2011. Era tornata a Tunisi per raccontare la rivoluzione, e poi di si è imbattuta in un personaggio la cui storia è emblema di quella rivoluzione. Cercatelo nei cinema, è un bagno di realtà, ma serve.
L'Unità, 12/6/2014
Critica (2):È il 14 gennaio 2011. Mentre il mondo intero viene messo al corrente, in presa diretta, della fuga di Ben Alì (padre padrone tunisino) grazie al potente ruolo giocato dai social network e dalla innovativa Al Jazeera, e mentre si solleva il vento di protesta a catena nel mondo arabo, una donna, sola, sta facendo la 'sua' rivoluzione. Quella di Hinde Boujemaa è un'inversione di prospettiva inusuale. I media internazionali raccontano la piazza, lei spiazza con un docu drama che segue per un anno le sorti della mendicante Aida e che, ben orchestrato nella compresenza tra autenticità e finzione, con coraggio, da luce all'invisibile.
La dimensione di protesta collettiva si riduce per la regista alla sola possibile: quella dell'individuo. I rumori del centro in tumulto riverberano solo di fondo. L'inquadratura si muove nell'affollata e caotica periferia di Tunisi, i decibel aumentano e la mdp si focalizza con un piano americano su Aida, tanta voglia di sfondare una porta bloccata con l'aiuto di un figlio disabile dalla tempra d'acciaio. Quando la mdp stringe sul volto scarno ma fiero e senza emotivamente incedere entra nelle rughe che le corazzano l'anima, traborda l'autenticità delle parole-fiume: la condizione socio economica, quella culturale e abitativa. Concetti che si lasciano assorbire in profondità come assoluti perchè manifesto, nella loro intensità, di un intero popolo in lotta per libertà. Aida è però un passo oltre quelli. Una bomba esplosa già da tempo che possiede nel dna l'incrollabile audacia e fierezza di chi non ha mai accettato quella condizione e di chi ha soprattutto praticato, con costanza, una causa che è mancata alla rivoluzione: l'adeguamento del ruolo della donna alla società contemporanea.
Bouiemaa, senza incalzare troppo la naturalezza di Aida, l'accompagna semplicemente e a volte si lascia guidare. 'Involontariamente' inciampa nel concetto di disobbedienza civile quando, viste le premesse, concede allo spettatore lo spazio per domandarsi...cosa c'è più ingiusto di una legge ingiusta? Aida però ha trovato la sua risposta che non propone come modello. Non ha bisogno di troppe parole per esprimere la potenza dei suoi concetti. Qualsiasi cosa le dicano, qualsiasi cosa le facciano, qualsiasi sia la conseguenza cui deve far fronte per le azioni che decide di metter in campo, lei resta più forte e dura di ogni persona o evento contrari. Mentre le ingiustizie si mostrano nella veste di coloro i quali (ancora legate al vecchio regime) fanno blocco accomunati da un idem sentire, coloro i quali parlano, strillano, agitano 'la legge' come vessillo, la voce disobbediente di Aida è proprio il suo silenzio maestoso, la capacità di continuare ad andare per la sua strada, di combattere semplicemente camminando per la periferia alla ricerca di uno spazio abbandonato da poter occupare e di sfondare, se possibile, una porta dietro la quale da anni non c'è più anima viva.
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Critica (3):
Critica (4):
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