RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
; Archivio film Rosebud; ; Archivio film Rosebud
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 

 > Aree tematiche > Cultura e spettacolo > Archivio film Rosebud > Elenco per titolo > 

Taxi Blues - Taxi Blues


Regia:Louguine Pavel

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Pavel Lounguine; fotografia: Dennis Evstigneev; scenografia: Valery Yourkevitch; musica: Vladimir Chekassine; montaggio: Elizabeth Guido; suono: Pierre Lorrain, Jacques Ballay; interpreti: Piotr Manomov (Liocha), Pioti Zaitchenko (Schlikov), Vladimir Kachpour (Netchiporenko), Natalia Koliakanova (Christina), Hal Singer (se stesso), Elena Ephonova (Nina), Serguei Gazarov (l'amministratore); produzione: Lenfilm, ASK Eurofilm, MK2 Production SA, La Sept.; distribuzione: Academy; origine: URSS-Francia, 1990; durata: 110'.

Trama:Un film profondamente russo con una struttura narrativa da cinema americano che racconta l'amicizia tra Liocha, musicista alcolizzato, e Schilkov, tassista violento e potenzialmente antisemita, nella Mosca di Gorbaciov.

Critica (1):Road movie urbano fino al capolinea della perestroika. Epigono di una generazione transnazionale di realisti, Pavel Lounguine, 40 anni, ex-sceneggiatore qui alla sua prima regia, racconta le vie e le piazze di Mosca con la curiosità di un cineasta d'altri tempi e il fremito di un moralista moderno, Ripercorre il male quotidiano della società, contraddizioni insanabili, i gironi infernali dell'alcool, del sesso e della morte; nega la praticabilità della speranza, la possibilità di un riscatto che non sia solo personale, indica il divorzio prossimo venturo, la conflagrazione finale come epilogo dello scempio, l'ineluttabilità della ri-rivoluzione.
Questo road movie è tanto profondamente russo negli ambienti e nei personaggi quanto non russo nel linguaggio. Si pensa al Kurosawa "urbano", anche se il linguaggio è meno estetizzante, alla Scorsese cittadino dei ghetti di New York, ma in realtà Lounguine milita nella colonia del cinema apolide e postmoderno, cui coerentemente la cosmopolita Cannes '90 ha attribuito la palma per la migliore regia. Conosciuta dal pubblico cinematografico e dagli stessi moscoviti) quasi esclusivamente attraverso le gallerie della metropolitana, Mosca, percorsa in superficie, si rivela caotica e affamata. Dice il regista "Vi si può trovare di tutto, tranne una vita normale". Dentro le ampie anse della Moscova, dietro gli invadenti prefabbricati e i mausolei gotico-staliniani, Taxi Blues ci mostra la città operaia, tutta di mattoni rossi, i luoghi di aggregazione più fatiscenti, le periferie dove la povertà non è solo un concetto economico, le cinture urbane dove mafia e neonato capitalismo si danno la mano. Una Mosca inedita, una Mosca alla glasnost. Lounguine ci scorta per labirinti sempre più sconosciuti, al suono inquietante di un sassofono. Passando da una stazione all'altra di questo calvario infernale, facciamo conoscenza di due abitanti: Liocha, il musicista, e Schlikov, il conducente di taxi. Sono due caratteri a tutto tondo, alla cui espressione il regista spesso, sacrifica le esigenze narrative. L'opposizione fra i due è in apparenza esistenziale. Liocha è triste, fragile, charmeur, bello egoista, sincero, impenetrabile, freddo, svagato, alcolizzato, pieno di humor, Schlikov è puro, selvaggio, ingenuo, massiccio, stakanovista, potenzialmente antisemita. Le relazioni tra Liocha e Schlikov attraversano diverse fasi, legate da incastri dialettici. Il rapporto economico che inizialmente lega i due protagonisti si trasforma in volontà di possesso dell'uomo sull'uomo. Successivamente una potenziale amicizia si ribalta in fascinazione omosessuale del diverso. Infine un desiderio di educare e plagiare degenera in impulso di distruzione e di morte. Schlikov vuole fare di Liocha un lavoratore, un uomo "normale". Vuole sottrargli l'anima, dopo i primi scontri, si trasforma in lotta, in guerra di posizione. Il tassista giudica gli stati d'animo del suo antagonista - fatti di sogni, di depressioni di stravaganze - come manifestazioni di una malattia mortale che deve essere arrestata. Schlikov crede di possedere la cura: premi, ingiurie, carezze punizioni. Ma questo tentativo di rieducazione all'antica è fuori tempo massimo, e Liocha si sottrae al suo tutore. Che avrà poi lo shock di ritrovarlo, percorrendo le strade di Mosca, su uno schermo gigante della televisione, là dove una volta rifulgeva la verità del sistema. Allora la fede di Schlikov vacilla, non comprende più qual'è la verità. L'ipotesi di trasformarsi in assassino diventa concreta. Personaggi agli antipodi, dicevamo. Ma anche ricchi di parallele esperienze di emarginazione, di sconfitte di fallimenti. Il fragile Liocha è anche forte, conserva nel proprio animo, ma anche nel sassofono, la possibilità di un riscatto e saprà agguantare il successo. E il forte Schlikov, dietro il machismo ed il culto del fisico, è anche fragile, come dimostra il finale del film e come lascia sospettare tutto il resto. Si macera nell'impossibile ricerca della possibilità di abbandonare i panni di piccolo ribelle per diventare eroe. La sua insoddisfazione è cronica. L'urto fisico e verbale tra i protagonisti, nutrito, e non a caso, da comuni tratti di carattere si traduce in uno scontro distruttore, uno scontro generazionale, che sembra familiare al regista che lo racconta con sguardo lucido ed intransigente. "I sovietici hanno delle anime bruciate: tutti soffrono: il tassista come il musicista", afferma Lounguine. "C'è un continuo alternarsi, nelle stesse persone, dei ruoli di vittima e carnefice. Come insegna la psicanalisi". Ma il regista non si ferma qui, almeno nelle intenzioni: la contrapposizione tra i due è tutta intersecata da rapporti di classe. Liocha e Schlikov raccontano la storia dell'attrazione e della repulsione tra intellettuali e classe operaia, una storia che forse fatica ad emergere perchè occultata da prevaricanti annotazioni comportamentistiche. Lounguine tuttavia non ama le certezze e vuole verificare la validità di tante ipotesi operando piccoli scarti. E così confonde le piste: l'Intellettuale è in realtà un artista, un musicista alternativo, un ribelle per antonomasia, mentre l'operaio è membro di una cooperativa privilegiata, esasperato dal lassismo morale, potenzialmente fascista e, contraddittoriamente, non alieno da piccoli traffici. In una specie di vendetta sociale, Schlikov costringe Liocha ad essere suo servo, lo umilia fino al punto da farlo suonare per allietare i suoi incontri con le donne. Però allo stesso tempo da semplice e rozzo lavoratore quale è, finisce per subire il fascino del diverso, il talento dell'artista. Operai e intellettuali, anche nel singolare contesto di questo Taxi Blues, dimostrano di non potere intendersi e convivere, ma neppure di potersi ignorare.
Giorgio Rinaldi, Cineforum n. 302 marzo 1991

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 10/02/2014
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale