RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
; Archivio film Rosebud; ; Archivio film Rosebud
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 

 > Aree tematiche > Cultura e spettacolo > Archivio film Rosebud > Elenco per titolo > 

In the cut - In the cut


Regia:Campion Jane

Cast e credits:
Soggetto
: tratto dal romanzo Dentro di Susanna Moore; sceneggiatura:Jane Campion, Susanna Moore; fotografia: Dion Beebe; musiche: Hilmar Orn Hilmarsson; montaggio: Alexandre De Franceschi; scenografia: David Brisbin; effetti: Neil Ruddy; costumi: Beatrix Aruna Pasztor; interpreti: Meg Ryan (Frannie Thorstin), Mark Ruffalo (Detective James A. Malloy), Kevin Bacon (John Graham), Jennifer Jason Leigh (Pauline), Nick Damici (Detective Rodriguez), Sharrieff Pugh (Cornelius Web); produzione: Red Turtle, Screen Gems Inc.; distribuzione: Nexo; origine: Australia/Usa, 2003; durata: 118’.

Trama:Un donna è stata uccisa nel giardino della casa di Frannie, e il detective Malloy indaga. Frannie accetta gli inviti che gli rivolge Malloy, e ben presto tra i due comincia una relazione. Lui dice di essere separato ma di voler vedere spesso i figli che vivono con la madre. Lei sembra accettare tutto con indifferenza. Una notte viene assalita da uno sconosciuto, poi altre uccisioni si susseguono, fino a quando a cadere sotto i colpi del killer è anche Pauline, sorellastra di Frannie...

Critica (1):Passione e sangue, sesso e morte: quindi scandalo in America. In The Cut, il nuovo film della gran regista neozelandese cinquantanne Jane Campion tratto dal romanzo di Susanna Moore «Dentro» edito da Guanda, è imperfetto e affascinante, squilibrato e molto interessante. Racconta d’una insegnante di letteratura (anzi, di creative writing) sui quarant’anni che a New York affonda in una ardente relazione sessuale con un ispettore di polizia incaricato di indagare sui crimini raccapriccianti d’un serial killer: lui, guardiano della legge e dell’ordine, s’innamora sempre di più; lei, custode della cultura, è travolta dal risveglio dei propri sensi, dai sospetti, dall’attrazione verso i delitti sanguinosi. Due personaggi secondari costituiscono un doppio, una variante, una estremizzazione dei protagonisti Meg Ryan e Mark Ruffalo, come a dire che la vita può condurre da partenze analoghe a direzioni diverse: l’amata sorellastra di lei (Jennifer Jason Leigh) è una vittima ninfomane, l’irritante collega di lui (Nick Damici) è un carnefice tatuato. Il sesso è descritto in ogni sua espressione: voyeurismo, fellatio, masturbazione, cunnilingus, pornolalia eccetera. Il serial killer ammazza soltanto ragazze e soltanto con armi da taglio: gole squarciate, teste mozzate, corpi smembrati, laghi di sangue. Gli indizi (un piccolo tatuaggio nell’interno del polso, a esempio) sono casuali, ingannevoli. New York ritratta in immagini straordinarie (colori mai visti, uomini bianchi paranoidi e uomini neri indolenti, locali bui, persone con abiti e copri capi tali da farli sembrare irreali o simulacri, canicola estiva, donne che corrono per strada spinte da chissà quali urgenze) emana inquietudine, malinconia, minaccia. Si capisce che, parallelamente al thriller o attraverso di esso, l’ambizione dell’autrice è quella di rappresentare il mondo contemporaneo o almeno «tutte le cose che sembrano non funzionare più in maniera normale»: in questo il film, come atmosfere e pulsioni, è molto riuscito. Più lambiccata e insieme più consueta la storia d’amore e di morte, che nel finale capovolge il romanzo da cui è tratta: la scrittrice proponeva una conclusione più letale che sospesa, la regista sceglie una conclusione distesa e placata, come le pause che a volte la vita concede. Meg Ryan, passata a quarantadue anni dai ruoli di bionda commediante carina e battutista a un personaggio drammatico se non tragico, non ce la fa a reggere le emozioni che il film le affida (la prima scelta per la protagonista era Nicole Kidman, che figura come coproduttrice del film), mentre Jennifer Jasin Leigh è bravissima e Mark Ruffalo travestito da Burt Reynolds risulta un interprete davvero promettente.
Lietta Tornabuoni, La Stampa, 21/12/2003

Critica (2):Jane Campion racconta che la storia di Frannie, la protagonista di In the Cut è un po’ come quella di Alice nel paese delle meraviglie, che si inoltra nella tana del coniglio e nei suoi meandri scopre un mondo dalle regole e dalle parole sovvertite. Ma In the Cut potrebbe anche essere la storia di Cappucetto Rosso e di come si sente nel percorso che la porta a uccidere il Lupo (se Cappuccetto Rosso avesse ucciso il Lupo, come non avviene nella fiaba di Perrault e come sarebbe invece potuto avvenire in qualche storia di Angela Carter, scrittrice fiabesca e sensuale che Jane Campion certamente conosce e che scorre sotto il tessuto del film, insieme alla presenza più corposa di Susanna Moore, l’autrice del romanzo originario e della sceneggiatura). In the Cut è un thriller al femminile, dal punto di vista di una vittima potenziale che piano piano diventa capace di fronteggiare il proprio destino (come Jane Fonda in Klute, dice ancora la Campion); e si vede che è scritto e diretto da una donna perché scende al di sotto della superficie, giù fino al cuore dell’attrazione erotica per il proprio assassino e indietro fino alle origini della propria storia sessuale. Tra le pieghe del thriller (che è abbastanza consueto) si annida una storia familiare “aggirata” con certosina pazienza per costruirsi un equilibrio: un padre tanto fascinoso da aver collezionato cinque mogli e un numero indefinito di fidanzate, madri conquistate, sedotte e “uccise” dal loro partner, figlie (Meg Ryan e Jennifer Jason Leigh, di madri diverse) che diversamente tengono a distanza il loro passato. Un sogno di pattinatori su ghiaccio chiude la magnifica sequenza di apertura e punteggia, sempre più allucinato, il film. Sotto, una versione spettrale di Que sera sera che ci fa immediatamente intuire la dimensione “altra” nella quale la Campion intende trasportarci: dritti dentro i tagli, le ferite metaforiche e reali del corpo delle donne, nei desideri, negli incubi, nei ricordi mai sopiti. Se ne esce coperta di sangue, senza anello di fidanzamento, con un uomo legato al letto, capaci finalmente di offrirsi senza morire. Jane Campion è uno dei pochi veri registi in circolazione, sa usare il genere per dirci altro, sa immergersi nella metropoli per scendere nelle anime.
Emanuela Martini, Film TV, 10/1/2004

Critica (3):

Critica (4):
Jane Campion
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 03/23/2012
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale