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Lady vendetta - Sympathy for Lady Vengeance


Regia:Chan-Wook Park

Cast e credits:
Soggetto: Park Chan-Wook; sceneggiatura: Park Chan-Wook, Jeong Seo-Kyung; fotografia: Chung Chung-Hoon; musiche: Cho Young-Wuk; montaggio: Kim Jae-Beo, Kim Sang-Beom; scenografia: Cho Hwa-Sung; costumi: Cho Sang-Kyoung; interpreti: Lee Young-Ae (Lee Geum-Ja), Choi Min-Sik (Sig. Baek), Go Su-Hee (Ma-Nyeo), Kim Bu-Seon (Woo), Oh Dal-Su (Mr. Chang), Nam Il-Woo (Detective Choi), Ra Mi-Ran (Oh Su-Hee), Lee Seung-Shin (Yi-Jeong Park), Kim Shi-Hoo (Geun-Shik), Seo Yeong-Ju (Kim, Yang-Hee); produzione: Cj Entertainment; distribuzione: Lucky Red; origine: Corea del Sud, 2005; durata: 112'.

Trama:Geum-ja, una bellissima ventenne che non può fare a meno di attrarre l'attenzione di ogni uomo che incontra, viene incolpata ingiustamente del rapimento e dell'assassinio di un bambino, diventando il polo d'attrazione dei media che ne seguono senza sosta le vicende processuali. Condannata a tredici anni di prigione, li sconta trasformandosi in una detenuta modello e guadagnandosi così l'appellativo di "dolce" Geum-ja. Ma la sua non è che una copertura...

Critica (1):Probabilmente è il primo film di quest'edizione del Festival di Venezia che possiamo definire capolavoro senza rimpianti. Lady Vendetta, più di un Mr. Vendetta e un Old Boy, scatena l'immensa capacità registica del koreano Park Chan Wook: le inquadrature e i movimenti di macchina sono di una funzionalità visiva eccellente, capaci di assorbire le immagini in uno spazio geometricamente calcolatissimo fino al minimo millimetro, producendo quadri esteticamente senza sbavature, contemporaneamente essenziali e creativi, personali/personalizzati nonostante possa in qualche modo rimandare al nuovo noir hongkongese (come One nite in Mongkok di Derek Yee).
Questa volta a vendicarsi è una donna, una vendetta dettagliatamente programmata in 13 anni, una sete di redenzione spirituale che nulla ha da spartire con quell'altra vendetta femminile che corrisponde a Kill Bill di Tarantino. La vendetta, chiara ed esplicita, verrà messa in atto solo negli ultimi minuti di film.
In questo senso, Lady Vendetta non è un film sulla vendetta, ma un film sul vendicarsi, sulla propria spiritualità che attraversa quella barriera non tanto sottile del passaggio da persona mite e tranquilla, ad assassina spietata. Il film di Park è un'opera sulla trasformazione etica di una persona, un'indagine introspettiva che rimanda direttamente alla spietatezza di un Sam Peckinpah: è una trasformazione a gradi, narrata episodio per episodio, una metamorfosi fuori campo della propria moralità ed etica interna.
E questa metamorfosi è studiata dal regista in maniera intensissima, in quanto Park riesce a combinare perfettamente la cura materica della violenza visiva/corporale/fisica con quella ben più drammatica della violenza interna e spirituale, il tutto filtrato sotto un occhio quasi ironico, quella capacità di rimanere comunque onnisciente rispetto l'opera.
Oppure, forse, quest'ironia è solamente una critica al pubblico cinematografico odierno, capacissimo di godere in maniera quasi sadica della violenza filmica, ritenendola qualcosa di divertente.
Ma in fondo è proprio questa la forza emotiva di Lady Vendetta: la capacità registica di passare dalle scene di un'atrocità spietata, a quella successiva riletta in chiave ironica, ma di quell'ironia che la circostanza non può che rendere ancora più drammatica del dramma stesso.
Incredibile poi la direzione attoriale, che coglie in tutto il cast una potenza estetica del volto umano quasi dreyeriana: giocano perciò un ruolo essenziali i primi piani, che diventano veri e proprio studi sociologici della mente umana, riuscendo a perforare oltre il razionale per affogare laddove la psiche è completamente disintegrata.
È quella sete potentissima di odio e vendetta, ma anche la ricerca infinita di redenzione, di un nuovo inizio e di un'altra chance per godersi la vita appieno.
Pierre Hombrebueno, Film Up

Critica (2):Quella che Lee Geum-Ja mette in atto appena uscita dal carcere è una vendetta con rimmel e tacchi a spillo: non disdegna crudi intermezzi e sfocia in un vero e proprio lago di sangue, ma viene condotta dal regista cercando di non lasciare mai in secondo piano le emozioni, i pensieri, i ricordi, i rimpianti, i sensi di colpa della protagonista.
Incarcerata appena ventenne per un crimine che ha solo contribuito a commettere (il soffocamento di un bambino), Lee Geum-ja matura in tredici anni di prigione il desiderio di vendetta nei confronti del vero assassino e la tempra necessaria per compierla. Ma come già in Oldboy, anche in Lady Vendetta non ci troviamo di fronte a una semplice e meccanica forma di giustizia personale. È invece un intreccio di sentimenti e forze propulsive che comprendono l'espiazione, il sacrificio, il perdono, l'autoflagellazione. Punendo il responsabile della sua incarcerazione, Lee Geum-Ja in un certo senso punisce anche se stessa, per aver smarrito la via alla purezza. E con un coup de theatre narrativo, alla fine coinvolge altre persone in quello che si trasforma in un rito di purificazione collettivo, un po' antica cerimonia tribale, un po' assassinio sull'Orient Express. È questo il bello dei migliori film orientali. Sono ricchi di stimoli e riferimenti: visivi, semantici, emotivi, psicologici, culturali. Messi spalle al muro, noi preferiamo Oldboy, più maestoso e inesorabile. Ciò non toglie che Lady Vendetta rimanga un film importante: scorbutico, sfibrante, impegnativo.., ma con un suo contenuto, una sua poetica e un suo perché.
Luca Castelli, Il Mucchio Selvaggio, 2/2006

Critica (3):

Critica (4):
Park Chan-Wook
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