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Mercato della facce (Il)


Regia:Zurlini Valerio

Cast e credits:
Fotografia (b/n):
Pier Ludovico Pavoni; musica: Luciano Fineschi (l'autore è al pia­noforte); coll.: Rinaldo Ricci, Giulio Que­sti; speaker: Amoldo Foà; direttore produ­zione: Gisella Rosati; prodotto da: Silvano Valenti per Lux Film; origine: Italia, 1952;
durata: 12'.

Trama:«"Il mercato delle facce", girato quasi interamente in una stanza del sindacato generici e comparse, è dedicato con solidarietà e attenzione ai poveri relitti che si guadagnavano sì e no di che mangiare ai margini del mondo del cinema. Una curiosità del film è costituita dal fatto che vi comparvero il povero Gianni Franciolini, Franco Rosi e Franco Zeffirelli in veste di attori» (Valerio Zurlini).

Critica (1):Luisa Pizzi, 27 anni di Agrigento: "Vivo sola. Volevo fare del cinema e faccio del cinema. Riesco a lavorare in media sei giorni al mese". Maggiore Giuseppe La Torre: "L'8 settembre 1943 l'esercito ita­liano non ha avuto più bisogno di me e sono stato messo in pensione. Posso anche vestirmi da antico romano perché bisogna vivere, e durerà poco. Mio figlio si laurea quest'anno. Penserà lui ad aiutarmi". Armando Variale è un ottimo attore dram­matico che ha recitato per venticinque anni sui palcoscenici della prosa. Oggi contratta disperatamente un cachet: "Per registi e produttori non sono che una comparsa". Sono alcune delle piccole storie del Mer­cato dell facce, narrate nel momento stes­so in cui generici e comparse, protagonisti del cortometraggio, si presentano davanti a chi deve scegliere, "Nei più anziani di costoro è scritta la vera satira del cinema italiano, da Benhur a Bellissima". Un pic­colo squarcio sul mondo privato ci fa entrare per qualche istante nella misera stanzetta di Luisa Pizzi. "Una fatica da operai delle membra, e una stanchezza amara nel cuo­re, di gente delusa, di gente vinta", è l'ultimo triste commento con cui si chiude il documentario.
"Il mercato delle facce sarebbe quello dei generici del cinema, la cui amara condi­zione di spostati della vita, di falliti che non vogliono confessarsi il fallimento, di eternamente illusi e illudenti, lo Zurlini ha indagata attraverso una accorta sceneggia­tura, che isola alcune figure-prototipo, sug­gerendone rapidamente la storia, con una tecnica che annuncia in lui qualità nascen­ti di risentimento narratore. Certo, non man­cano indugi e compiacimento letterari, reminiscenze che possono andare dalla An­tologia di Spoon River, come qualcuno ha arrischiato, a Luchino Visconti. Ma l'opera è di qualità evidente, pensata e realizzata con rigore e con sussidio di una ec­cellente fotografia (Pavoni) e di un azzeccato commento musicale composto da un ignaro di musica (Fineschi)". (G. C. Castello)

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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