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Strada di Levi (La)


Regia:Ferrario Davide

Cast e credits:
Soggetto: Davide Ferrario; produzione: Davide Ferrario per Rossofuoco; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2006; durata: 92'.

Trama:Il 27 gennaio 1945 lo scrittore Primo Levi viene liberato dal campo di concentramento di Auschwitz. Dopo un anno di prigionia, riacquista la libertà e può tornare a casa. Mentre il ricordo di tutto quello che è accaduto, rimane indelebile nella sua memoria, impossibile da cancellare, Levi inizia un lungo viaggio di dieci mesi per rientrare nella sua Torino. Attraversa Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Austria e Germania, fino a tornare finalmente in Italia, incontrando personaggi enigmatici che ritrarrà nel suo romanzo "La tregua". Sessanta anni dopo il regista Davide Ferrario, accompagnato dallo scrittore Marco Belpoliti, compie lo stesso tragitto attraverso l'Europa di oggi segnata dal post-comunismo. Il loro "viaggio della memoria" si intreccia con il ritratto dei moderni paesi europei, in cui i resti dell'impero sovietico si alternano alla sconcertante povertà dei villaggi di emigranti, alla devastazione nei dintorni di Chernobyl e al timore che il seme neo-nazista stia attecchendo.

Critica (1):Seimila chilometri, dieci frontiere, sessant'anni. Il regista Davide Ferrario documentarista e autore di quel piccolo miracolo produttivo che è stato Dopo mezzanotte (costato pochissimo e venduto in tutto il mondo) è partito per un viaggio sulle orme di Primo Levi e del suo romanzo 'La tregua'.
"Per Primo Levi la tregua era un concetto storico e personale, rappresentava quei pochi mesi che hanno separato la fine della seconda guerra mondiale dall'inizio della guerra fredda ma anche il concetto stesso della vita, una tregua tra continue guerre - spiega Ferrario. - Noi abbiamo scelto di raccontare in parallelo la tregua del mondo occidentale che abbiamo vissuto tra il crollo del Muro di Berlino e l'11 settembre. Il nostro Auschwitz è stato Ground Zero". (...)
Davide Ferrario è partito insieme a Marco Belpoliti, curatore di Levi per Einaudi, sulle tracce di quell'itinerario doloroso che segnò il ritorno dello scrittore dal lager fino alla sua casa torinese. "Ciò che forse stupisce del nostro film è che non è un documentario su Primo Levi ma con Primo Levi. 'La tregua' l'avevo letta da ragazzo al liceo e poi dimenticato. Riprendendolo in mano ho riscoperto la sua estrema modernità. Tutti lo conoscono come lo scrittore del lager ma Primo Levi era molto di più; non era un umanista era uno scienziato. Da chimico diceva che la storia è un grande imbroglio e che si fidava solo della scienza perché non mente".
Il viaggio di Ferrario e Belpoliti che si snoda attraverso Polonia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria, Germania per arrivare finalmente in Italia mostra, come dice Ferrario, "più che cosa è cambiato, cosa non è cambiato". Il film ricostruisce un itinerario tra i resti dell'impero sovietico (le statue di Lenin non abbattute, ma spostate di posto), la Chernobyl del mondo postnucleare, i raduni neo-nazisti, i villaggi dei poveri emigranti.
Si ride anche nel film di Ferrario. "Perché 'La tregua' è un libro divertente: inizia con Auschwitz e finisce con un'altra nota dolente, il triste ritorno a casa, in mezzo però ci sono delle avventure picaresche che fanno molto ridere. Primo Levi poi era un uomo col sorriso che era scappato da Auschwitz e ora dopo l'inverno arrivava nella primavera, si riconcilia con il mondo. Noi siamo andati anche con quell'atteggiamento lì".
Chiara Ugolini, la Repubblica.it, 19/10/2006

Critica (2):A distanza di sessant'anni, quasi per rendere omaggio all'uomo di lettere, scienziato ed umanista al tempo stesso, il regista Davide Ferrario e lo scrittore Marco Belpolito (curatore delle opere di Levi) intraprendono lo stesso viaggio per vedere che cosa è cambiato ad oriente da quella Tregua, da quel momento di calma e di riposo ristoratore che ha separato la fine della Seconda guerra mondiale dall'inizio della Guerra fredda. Il viaggio inizia ovviamente in Polonia, e Ferrario ne approfitta per visitare il quartiere di Nowa Huta a Cracovia servendosi di una guida d'eccezione: il regista Andrzej Wajda, autore tra gli altri de L'uomo di marmo (1978), imponente affresco del socialismo reale in Polonia e delle storture del produttivismo di stampo sovietico.
Quanto mai stridente il confronto tra il "radioso avvenire" e la realtà di oggi, in cui a vecchi operai disillusi e stanchi si contrappongono i giovani in cui Wajda ripone le proprie speranze per un futuro migliore. Il viaggio prosegue in Ucraina, dove la troupe incontra Ruslana, vedova di Igor Bilozir, cantautore e poeta assassinato nel 2000 da giovani russofili. Emerge chiaramente una verità storica ancora dolentemente attuale: la lingua russa ancora oggi come nel passato zarista e sovietico è uno strumento egemonico da parte dell'imperialismo russo, che ha sempre tentato di colonizzare militarmente e culturalmente questa "Terra di confine" (come suggerisce lo stesso nome "Ucraina").
La strada di Levi è in buona sostanza una ricerca nelle contraddizioni dell'ex impero sovietico ai giorni nostri, di cui vengono messe in luci storture ed aspetti ridicoli presenti anche adesso. Ad esempio è molto gustosa la scena in cui l'ispettore regionale della difesa dell'ideologia in Bielorussia interrompe le riprese per verificarne la correttezza ideologica... nel 2006! Non si pensi però che lo spunto di Levi sia solo un pretesto. Durante il documentario vengono utilizzate molte citazioni da quella piccola, grande odissea del dopoguerra, ed è sorprendente constatare come tante considerazioni di allora siano ancora dolentemente attuali ai nostri giorni.
Mario Corso, filmup.leonardo.it

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Davide Ferrario
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