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Aquarius


Regia:Mendonça Filho Kleber

Cast e credits:
Sceneggiatura: Kleber Mendonça Filho; fotografia: Pedro Sotero, Fabricio Tadeu; montaggio: Eduardo Serrano; scenografia: Juliano Dornelles, Thales Junqueira; costumi: Rita Azevedo Gomes; Sonia Braga (Clara), Maeve Jinkings (Ana Paula), Irandhir Santos (Roberval), Humberto Carrão (Diego), Zoraide Coleto (Ladjane), Fernando Teixeira (Geraldo), Buda Lira (Antonio), Paula De Renor (Fátima), Bárbara Colen (Clara nel 1980), Daniel Porpino (Adalberto e Rodrigo), Pedro Queiroz (Tomás), Carla Ribas (Cleide), Germano Melo (Martin), Julia Bernat (Julia), Thaia Perez ( Zia Lucia nel 1980), Arly Arnaud (Letícia), Leo Wainer (Alexandre), Lula Terra (Ronaldo), Allan Souza Lima (Paulo), Valdeci Junior (Josimar), Rubens Santos (Rivanildo); produzione: Cinemascópio Produções, Sbs Productions, Globo Filmes; distribuzione: Teodora Film; origine: Brasile-Francia, 2016; durata: 140'.

Trama:Clara è una vedova di 65 anni, critico musicale in pensione, nata in una famiglia facoltosa a Recife, in Brasile. Lei è l'ultima residente dell'Acquario, un originale edificio a due piani costruito nel 1940 nella benestante Avenida Boa Viagem. Tutti gli appartamenti intorno sono stati acquisiti da una società che vuole realizzare un nuovo progetto edilizio, ma Clara ha deciso di restare nella propria abitazione fino alla fine della sua vita. Inizia così una guerra fredda con la società, un confronto spaventoso e snervante che destabilizza la donna e la sua routine quotidiana, facendo emergere pensieri sui suoi cari, sul suo passato e sul suo futuro.

Critica (1):È arrivata giovedì scorso, a festival già iniziato, la notizia che il parlamento brasiliano aveva votato la sospensione dalla carica di Presidente di Dilma Rousseff aprendo un procedimento di stato d’accusa per corruzione che quasi certamente porterà a un avvicendamento alla massima carica della democrazia brasiliana. Gli ultimi due anni sono stati politicamente e socialmente molto confusi per il Brasile e con un impeachment – che ha però anche tutta l’aria di una versione soft di colpo di stato – si chiude anche un ciclo di 13 anni del Partito dei Trabalhadores al potere. 13 anni dove il Brasile ha avuto un enorme boom economico, con indici della povertà dimezzati, salari e PIL in crescita e una significativa ascesa della classe media del paese. Ma 13 anni che sono stati anche di corruzione, di un potere sempre più solido da parte di una rete politico-imprenditoriale oligopolistica ristretta e legata a poche e influenti famiglie.
È questo il Brasile che si vede nell’interessantissimo Aquarius, l’ultimo film di Kleber Mendonça Filho, passato oggi in concorso. E in particolare di questa crescita contraddittoria e dai piedi d’argilla si vede uno degli esiti più visibili: l’enorme bolla immobiliare che ha non solo finanziarizzato il paese ma anche ribaltato urbanisticamente molte delle sue città. Il film, ambientato a Recife, si apre proprio con un piano sui nuovissimi grattacieli e condos che ora svettano nel centro città. Ma subito lo sguardo del regista si sposta su una delle pochissime vecchie case rimaste. Qui nell’ultimo appartamento che non è stato ancora acquisito da una real estate company che vuole radere l’intero complesso al suolo, vive Clara, la protagonista del film, una donna di 65 anni che non ne vuole sapere di lasciare la casa piena dei ricordi di una vita nonostante le più che lusinghiere offerte economiche che le vengono proposte dagli agenti immobiliari.
Tra la vita di Clara e quella di Diego, il giovane agente immobiliare americanizzato che vuole fare di tutto per cacciarla via non c’è solo un’opposizione di interessi diversi ma anche di forme di vita. Clara è una giornalista musicale in pensione che ha un rapporto molto intenso con gli oggetti della sua vita: la sua casa è pieni di vinili, di fotografie, di oggetti che hanno tutti un significato che va molto al di là della loro immediatezza materiale. Nella primissima scena del film – un flash back di una festa di compleanno della madre di Clara del 1980 – si vede la madre, proprio nel momento in cui viene festeggiata dai suoi famigliari, mettersi a guardare un comò e assentarsi un momento con i ricordi dalla festa e iniziare a ricordare come lì sopra fece l’amore con il suo uomo molti anni prima. Kleber Mendonça Filho è molto attento a caricare di significato ogni oggetto e ogni famigliare della vita di Clara. Il Brasile del giovane arrivista Diego è invece quello che vorrebbe spazzare via tutto e cancellare le tracce del passato ignorando i significati non materiali che una vita può avere.
Tuttavia le opposizioni non finiscono qui e sono tutt’altro che rappresentate in modo manicheo dal regista brasiliano. Perché anche Clara fa parte delle élite della città, come le ricorda sarcasticamente Diego in un dialogo tesissimo del film (“Immagino che la tua famiglia abbia combattuto tantissimo per arrivare dov’è”). Aquarius pur sviluppandosi come un one-character-movie è soprattutto un film sulla città, sulle sue sedimentazioni, sulle sue contraddizioni. In un Brasile dove giornalisti, immobiliaristi e scrittori sembrano tutti appartenere alle stesse élite e venire dalle stesse famiglie, il conflitto tra Clara e la sua ostinata resistenza contro un’inevitabile gentrification pare essere eroico tanto quanto velleitario. Clara infatti viene dalle stesse famiglie che la vogliono combattere: sono le famiglie bianche che vivono con le cameriere sempre a portata di mano alle quali possono lasciare i figli in ogni momento; le famiglie che hanno come unico contatto con l’underworld delle favelas quello con i muratori neri che vengono a lavorare nelle loro case.
Aquarius si presenta così come il contraltare di Mountain May Depart di Jia Zhang-Ke dell’anno passato: un film che ci mostra l’atto di cancellazione della storia e del passato messo in atto dalla modernizzazione capitalistica (là della Cina, qui del Brasile), ma che questo processo non dal punto di vista generale o collettivo, ma a partire dall’affetto che produce in una storia famigliare e soggettiva. Il cancro di Clara, i suoi capelli, i suoi incontri amorosi, la relazione complessa e contradditoria con i suoi figli sono la sostanza qualitativa di una vita, che l’astrazione quantitativa della speculazione edilizia è destinata inevitabilmente a spazzare. Nel riuscire a drammatizzare questa conflitto – senza la facile fuoriuscita di una soluzione – Kleber Mendonça Filho riesce a trovare la forma estetica giusta per il suo film. E nel farlo riesce anche a mostrarci – proprio nel mezzo della crisi che attraversa il suo paese – tutto il peso delle contraddizioni che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni del suo paese.
Pietro Bianchi, cineforum.it, 17/5/2016

Critica (2):Aquarius è un film su tante cose. Sulla dignità di invecchiare in solitudine e vigore, tutelando la propria autonomia, la propria sessualità, la propria identità; sulla memoria e sulla necessità di proteggere i ricordi e la storia personale di ognuno dalle minacce che un'innovazione troppo spesso cieca e irriverente pretende di smantellare e travolgere; sul diritto ad avere uno spazio privato in cui riconoscersi perché tramite quello si negozia la propria relazione con ciò che sta fuori; è anche – naturalmente – un film politico che chiama in causa tante questioni urgenti in Brasile (e non solo) come la speculazione immobiliare, la gentrification, la crisi economica, il classismo della società.
Kleber Mendona Filho, nel suo secondo lungometraggio, mette al centro della storia un personaggio unico che trasforma in sovrano assoluto della scena, e, pur costruendogli intorno tanto racconto quanto lo spazio filmico, riesce tuttavia a dare al film questa natura sfaccettata. Anzi tenta di fare anche di più. Il film ha infatti molte anime non solo dal punto di vista tematico; pur mantenendo una precisa fisionomia formale, il regista tenta spingere il suo testo verso un cambiamento di registro variando il ritmo della narrazione. Quello che parte infatti come una sorta di diario intimo, finisce per trasformarsi, addirittura, in una specie di thriller sociale. Ma il meccanismo non è proprio fluido e, in fondo, funziona essenzialmente grazie all'interpretazione che Sonia Braga (davvero immensa) dà della protagonista.
Clara è una donna oltre la sessantina, vedova da tempo, sopravvissuta a un tumore al seno, madre di tre figli, nonna, scrittrice e giornalista musicale di fama, bella, borghese, indipendente, vive da sola (nel senso che è l'ultima a essere rimasta ad abitare nell'edificio) nella piccola palazzina
Aquarius che resiste in mezzo alle svettanti torri della nuova edilizia che ha riscritto la fisionomia di Avenida Boa Viagem, la strada di Recife che corre lungo l'Oceano. La sua vita procede sicura tra i vinili che la circondano, gli oggetti di sempre, i nipoti, la musica, i tuffi nell'Oceano, le chiacchierate con il bagnino, le uscite con le amiche, le riunioni di famiglia, la simbiosi con l'anziana governante, fino a quando un giovane e rampante immobiliarista decide di dichiararle guerra per costringerla ad abbandonare l'appartamento.
Clara/Sonia incarna con la sua personalità prorompente e prepotente – anche nelle derive più egocentriche e arroganti – la possibilità o meglio la legittimità della resistenza, il diritto alla difesa della propria identità. La cosa più interessante di Aquarius è infatti proprio che la lotta è ingaggiata da una privilegiata. Quella di Clara non è una battaglia per il diritto alla casa (potrebbe facilmente trasferirsi in un altro confortevole appartamento) ma una battaglia in difesa della propria identità incarnata dalla casa come spazio di rappresentazione del sé. Clara difende la sua casa perché è la sua garanzia verso il mondo, perché gli oggetti e i mobili conservano la sua memoria e solo il riconoscersi in quel dentro le consente di orientarsi fuori. E nessuna speculazione dovrebbe poter minacciare questo diritto fondamentale.
Chiara Borroni, Cineforum n. 555, 6/2016

Critica (3):

Critica (4):
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