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Vento fa il suo giro (Il) - E l'aura fai son vir


Regia:Diritti Giorgio

Cast e credits:
Soggetto: Fredo Valla; sceneggiatura: Giorgio Diritti, Fredo Valla; fotografia: Roberto Cimatti; musiche: Marco Biscarini, Daniele Furlati; montaggio: Edu Crespo, Giorgio Diritti; interpreti: Thierry Toscan (Philippe Heraud), Alessandra Agosti (Chris Heraud), Dario Anghilante (Costanzo, il sindaco), Giovanni Foresti (Fausto), Emma Giuliano, Sergio Piasco, Vittorio Luciano, Lidia Ellena, Giuseppe Rinaudo, Piero Tomassino, Bruno Manzo, Nadia Belliardo, Angelo Martelli, Bruno Demarca, Bernardo Giaime, Frederique Chiampo, Caterina Damiano, Daniele Mattalia, Ines Cavalcanti, Kevin Chiampo, Giacomino Allais; produzione: Simone Bachini, Mario Chemello e Giorgio Diritti per Aranciafilm-Imago Orbis Audiovisivi (Bologna); distribuzione: Aranciafilm; origine: Italia, 2005; durata: 110’.

Trama:Chersogno è un paesino sulle Alpi Occitane italiane abitato ormai solo da persone anziane che sopravvivono grazie ad un po' di turismo estivo. Una ventata di novità arriva quando un ex professore francese vi si trasferisce con la sua famiglia alla ricerca di un modo di vita più vicino alla natura. L'uomo si trasforma in pastore e inizia un'attività casearia. I nuovi arrivati e la loro impresa risvegliano negli abitanti sentimenti contrastanti. L'integrazione è difficile e il rapporto con la 'diversità' diventa il cardine della narrazione in cui affiora la sensazione che, come dice uno dei personaggi: "Le cose sono come il vento, prima o poi ritornano."

Critica (1):Siamo in una piccola comunità montana piemontese. Nella zona di minoranza linguistica occitana. È un paese praticamente spopolato dall'emigrazione verso i centri maggiori e le città, che vive quasi soltanto di seconde case e vacanze estive. Ma i pochi residenti stanziali e quelli pendolari, a partire dal sindaco, proteggono le tradizioni, preservano e custodiscono la specificità come un gioiello.
Classico deus ex machina, compare un uomo venuto da lontano. È un francese. Il look sembra quello di un uomo di sinistra con un passato di delusioni. Certamente un passato metropolitano e intellettuale. Ha già scelto di vivere in montagna e di allevare capre. Ma ha anche deciso di lasciare la località francese dove si era ritirato con la famiglia, raggiunta da una centrale nucleare, e di cercare un'alternativa. Si ferma a Chersogno, gli piace, vuole installarsi qui.
Da questo momento inizia un percorso di reciproco studio, di confronto-scontro, risolto in una maniera davvero notevole. Con una ricchezza di sfumature e sottigliezze davvero preziosa. Il primo stadio è quello della sorpresa venata di diffidenza. Il secondo è quello dell'accoglienza e della collaborazione: tutto il paese si dà da fare per aiutare i nuovi venuti a trovare una sistemazione, a inserirsi. Il terzo stadio è quello del crescere sordo e poi dell'esplodere violento di tutte le pulsioni negative. Delle gelosie, della xenofobia, fino all'espulsione dell'intruso.
La cosa speciale di questo racconto è che non propone mai in modo semplicistico la dinamica tra conformismo e diversità. Non sventola facili slogan ecologisti o di ritorno alla natura. Della relazione dialettica tra il pastore francese e i suoi interlocutori/antagonisti indaga ogni piega: entrambi sono portatori di un'ideologia critica verso il modello di vita delle società ricche contemporanee. Ma il punto è che mentre gli uni hanno congelato quei valori in una difesa chiusa e conservatrice, l'altro li misura concretamente e faticosamente in una scelta di vita.
Paolo D’Agostini, La Repubblica, 15/6/2007

Critica (2):Chi è l'altro? Che vuole da me? In che modo cambierà la mia vita? Sono le domande primordiali dell'incontro, del singolo che si apre al plurale. Sono le domande alla base de Il vento fa il suo giro, primo lungometraggio di un regista non più giovanissimo (con passato di tv e documentari) di nome Giorgio Diritti.
Nella comunità montana degli occitani, sulle alpi piemontesi, il paese di Chersogno sta morendo. Una decina gli abitanti rimasti, età media intorno ai settanta. Potrebbe essere quindi una botta di vita l'arrivo in zona del pastore di capre (ex professore, stanco delle burocrazie) Philippe con la moglie e i tre bambini. La comunità (che parla ancora in lingua d'hoc) all'inizio assai diffidente, decide sotto la spinta del sindaco progressista di azzardare e accogliere "lo straniero", nella speranza anche di vedere un po' di ripresa economica per Chersogno. L'uomo (Thierry Toscan) e la sua donna (Alessandra Agosti) sono due spiriti liberi, due persone che hanno deciso di vivere seguendo i tempi della natura e dei propri desideri. Una libertà a cui il paese non è abituato, che mette in crisi, che pone domande a cui la comunità disgregata (i giovani sono tutti fuggiti da tempo, poco è rimasto a fare da collante. Solo la memoria, dei tempi della guerra quando tutti i pastori unirono le proprie forze contro i tedeschi) non è più in grado di rispondere. Con il passare del tempo, la "diversità" dei nuovi arrivati diventa distanza insanabile, le porte dell'accettazione si chiudono, il paese sceglie la morte.
Con un ripresa da documentarista poetico (stretto il rapporto con Ermanno Olmi, ma anche con Pupi Avati), Giorgio Diritti sa dove guardare, sa cosa raccontare. Non eventi astratti, non enunciazioni di principio, ma piccole storie umane, invidie, sospetti, gelosie, pulsioni sessuali. Perché, come dice in modo illuminante ad un certo punto Philippe: «la violenza è figlia della repressione sessuale e della frustrazione che da questa deriva. E un uomo represso prima o poi vorrà vendicarsi». Bellissima illuminazione che poi il film abbandona, lasciandocene solo qualche accenno nelle storie sentimentali dei protagonisti.
Ma è uno spunto vivo, che va ad aggiungersi a mille altri, occasioni messe su schermo per pensare a cosa siamo, noi che magari non viviamo sulla Alpi occitante ma siamo preda delle stesse diffidenze. L'isolamento di Chersogno è teatro ideale di una messinscena universale, quella dell'essere umano che guarda con diffidenza a ciò che non conosce. (…)
Roberta Ronconi, Liberazione, 1/6/2007

Critica (3):

Critica (4):
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