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Leviathan


Regia:Zvyagintsev Andrey

Cast e credits:
Sceneggiatura: Oleg Negin, Andrey Zvyagintsev; fotografia: Mikhail Krichman; musiche: Philip Glass; montaggio: Anna Mass; scenografia: Andrey Ponkratov; costumi: Anna Bartuli; interpreti: Aleksei Serebryakov (Kolia), Elena Lyadova (Lilya), Vladimir Vdovitchenkov (Dmitri), Roman Madyanov (Vadim Cheleviat), Anna Ukolova (Angela), Alexey Rozin (Pacha), Sergey Pokhodaev (Roma); produzione: Non Stop Production; distribuzione: Academy Two; origine: Russia, 2014; durata: 104’.

Trama:Kolia vive con la giovane moglie Lilya e il figlio Roma, avuto da un precedente matrimonio, in una piccola città nel nord della Russia, sul Mare di Barents, dove gestisce un'autofficina. Vadim Cheleviat, il sindaco della città, propone a Kolia di vendergli il terreno, la casa e l'officina, ma l'uomo non sopporta l'idea di perdere tutto ciò che possiede; non solo la terra, ma anche la bellezza che lo circonda fin dalla nascita. Al rifiuto di Kolia, Vadim Cheleviat diventa più aggressivo...

Critica (1):Teriberka, un piccolo villaggio di pescatori nell'Artico, sembra un retroscena singolare per uno dei dibattiti culturali che più hanno acceso la Russia da quando, quindici anni fa, Vladimir Putin è diventato presidente. Aggrappato alle rive ghiacciate del mare di Barents, è un insediamento lontano da tutto, impoverito e deprimente. La maggior parte degli edifici sono fatiscenti e le casette di legno crollano a pezzi, da tempo abbandonate da abitanti in cerca di un futuro migliore altrove. Rimangono appena 950 persone nella baia puntellata di carcasse marce di pescherecci sovietici. I cani randagi vagano in cerca di cibo. L'ospedale più vicino dista più di 140 chilometri. Sepolta nella neve e battuta da feroci venti gelidi che d'inverno possono far piombare il termometro a meno 40, Teriberka è un luogo spettrale. Durante il percorso di due ore attraverso una distesa infinita di bianco, per raggiungerla dal capoluogo di Murmansk, ho incrociato una sola auto.
Teriberka è diventata famosa dopo aver fatto da scenario al Leviatano, il film russo che ha vinto il Golden Globe e viene dato tra i favoriti per l'Oscar, ma che ha suscitato un profondo astio nelle autorità e diviso la Russia. Racconta la storia di Nikolay, un meccanico del villaggio che perde tutto dopo essersi scontrato con il sindaco – un corrotto con stretti legami con la chiesa – che ha messo gli occhi sul terreno occupato dalla casa di famiglia dell'uomo. La pellicola offre un quadro cupo della vita della provincia russa, un mondo di ubriachezza, ingiustizia, abuso di potere e disperazione. Invece di essere orgoglioso per l'acclamazione internazionale ricevuta dal Leviatano (l'ultima volta che un film russo ha vinto un Golden Globe è stato nel 1966) – il governo si è scagliato contro il film per la sua rappresentazione «non patriottica» della Russia contemporanea. Vladimir Medinsky, l'ultraconservatore ministro della Cultura, ha descritto il film come «estremamente opportunista nella sua ricerca di successo internazionale», aggiungendo che «i russi non bevono così tanto». Invece di fare le congratulazioni al regista Andrey Zvyagintsev, Medinsky lo ha criticato per l'assenza di personaggi positivi: «È più o meno chiaro cosa odia Zvyagintsev. Ma cos'è che ama invece? La gloria, le passerelle rosse e le statuette, è ovvio».
Il ministro ha assicurato che in futuro film come il Leviatano, prodotto parzialmente con finanziamenti dello stato, non riceveranno più aiuti governativi. Un segnale della svolta reazionaria e ultrapatriottica presa dalla Russia dopo lo scontro sull'annessione della Crimea e la guerra in Ucraina. Un politico di San Pietroburgo ha chiesto ai produttori del film di restituire i fondi statali che hanno ricevuto. Un portavoce della chiesa ortodossa russa, che è molto legata al Cremlino, ha duramente criticato il film sostenendo che è stato girato per «compiacere l'Occidente con la presentazione della Russia come vodka, dissolutezza, uno Stato terrificante e una chiesa altrettanto terrificante». Le autorità di Samara hanno lanciato una campagna per licenziare Valery Grishko, il direttore del teatro locale che nel Leviatano interpreta la parte di un odioso vescovo. E alcuni fedelissimi di Putin si sono spinti a ipotizzare che il film sia parte di un complotto anti-russo alimentato dall'Occidente.
La versione del regista Zvyagintsev – che insiste di aver raccontato uno scontro tra l'individuo e il potere che ha un valore «universale» – non ha ricevuto una sola telefonata di congratulazioni da un esponente del governo. «Il mio film non avrebbe provocato una reazione così forte se non avesse aperto una piaga che era già lì da tempo. Ha toccato un nervo, ma non potevo immaginarmi quanto avrebbe polarizzato l'opinione pubblica», dice il regista. Ma al contrario dello Stato, numerosi spettatori russi e la maggior parte dell'intellighenzia liberale hanno apprezzato la pellicola.
Anche a Teriberka la gente è divisa. Tatyana Trublina, a capo dell'amministrazione locale, ha chiesto di proibire il film, «Non conosco gente che beve e bestemmia quanto i protagonisti della pellicola, è un ritratto molto esagerato», dice la 28enne Elena: «La vita qui è buona, tranquilla e sicura, non c'è traffico, non c'è criminalità, la natura è bella, rincuora l'animo». Il giovane Valery, che lavora alla centrale elettrica, non è d'accordo: «È un film realistico. Un sindaco corrotto che spreme la gente comune che non può farci nulla, accade ogni giorno in tutto il Paese, qual è la novità?».
Il potere russo è sempre stato molto sensibile verso descrizioni critiche della Russia, soprattutto quando sono anche veritiere. Esiste una lunga tradizione di oscurare queste critiche e di creare una facciata che c'entra poco con la realtà. «I russi sono molto meno interessati a diventare civili che a farci credere che lo siano già», commentava già nel 1839 il marchese De Custine, un aristocratico francese che ha scritto un libro sul suo viaggio nella Russia zarista. «Non ci piace chi cerca di darci la nuda verità su di noi», dice oggi Ludmilla Gavrilova, che abita a Teriberka dal 1980. «Ci piace fingere che tutto va bene. È assurdo. È ovvio che l'abuso di potere è ovunque, e che la corruzione e l'alcolismo dilagano. Ma non è colpa di Putin. Mi piacerebbe abbracciarlo e dirgli grazie per tutto quello che sta facendo per la Russia».
Mark Franchetti, corrispondente da Mosca per il «Sunday Times» di Londra, La Stampa, 26/1/2015

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