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Big Bad Wolves - Mi mefahed mezeev hara


Regia:Keshales Aharon, Papushado Navot

Cast e credits:
Sceneggiatura: Aharon Keshales, Navot Papushado; fotografia: Giora Bejach; musiche: Haim Frank Ilfman; montaggio: Asaf Korman; scenografia: Arad Sawat; costumi: Michal Dor; interpreti: Lior Ashkenazi (Micky), Rotem Keinan (Dior), Tzahi Grad (Gidi), Doval'e Glickman ( Yoram), Menashe Noy (Rami), Dvir Benedek (Tsvika), Nati Kluger (Eti), Ami Weinberg (Preside), Guy Adler (Eli), Arthur Perry (Ofer), Gur Bentwich (Shauli); produzione: United Channel Movies- United King Films; distribuzione: Movies Inspired, origine: Israele, 2013; durata: 110.

Trama:Una serie di brutali omicidi farà si che le vite di tre uomini molto diversi fra loro finiranno per intrecciarsi, facendo emergere un desiderio di rivalsa che potrebbe condurre a ulteriori crimini. Protagonisti della vicenda sono: il padre di una delle vittime, in cerca di vendetta; il poliziotto che conduce le indagini, spesso in modo poco ortodosso; un insegnante di studi religiosi, principale sospettato rilasciato per un cavillo legale.

Critica (1):Film israeliano firmato da Aharon Keshales e Navot Papushado, visto (a Torino, ndr) nella sezione After Hours, quella dei film eccentrici, dei probabili culti per cinefili incalliti. Pellicola molto amata da Tarantino che pare l'abbia citata in un eccesso di entusiasmo come il film più bello del 2013 (fonte Variety), salvo votare diversamente quando è stato interpellato sui dieci film migliori dell'anno.
Un crimine di pedofilia compiuto durante la sequenza dei titoli di testa con la soavità di un gioco tra bambini, viene rappresentato con un ralenti su volti sorridenti e corpi fragili intenti a giocare a nascondino, fino a quando il nascondersi diventa chiara allegoria di una tragica sparizione e una scarpetta rossa ritrovata in un armadio l'esplicitazione di un'assenza che allude alla fiabe, solo per sottolineare l'attenzione sui mostri che le popolano. I Big Bad Wolves del titolo, appunto. Tre, per la precisione. Che si ritrovano nello scantinato di una villa separata dal mondo, immersa in una moltitudine di villaggi palestinesi disposti tutt'intorno, dopo una sorta di parodia di detection con pestaggi compiuti con guide telefoniche, improbabili appostamenti e ritrovamenti macabri (la bambina scomparsa riappare tramite la reazione di un poliziotto, un veloce movimento di macchina ad altezza suolo che si ferma dietro le sue caviglie sanguinanti legate a una sedia e un totale dall'alto che la mostra – temperando il disgusto – priva della testa).
Un drammatico scenario in cui si celebra un immorale redde rationem che allude, pallidamente, anche alle vicende israeliane. Un kammerspiel un po' da teatro dell'assurdo, un po' splatter, che ha come personaggi il padre della bambina uccisa, desideroso di vendicarsi di un grigio insegnante di religione immobilizzato su una sedia, che tutti credono colpevole sin da subito, anche se non c'è una sola prova a suo carico, ma solo i sospetti di tutti, anche del poliziotto che lo pedina pur essendo stato sospeso dal servizio per abuso di mezzi di coercizione.
Siamo nei territori esplorati recentemente da Denis Villeneuve in Prisoners, seppur con tonalità completamente differenti. Perché l'aspetto morale e il brivido di un film su un assassinio tanto riprovevole si diluiscono spesso in una risata a denti stretti che sorprende perché apparentemente fuori contesto e al di là della logica. E invece il notevole merito di Kashales e Papushado è di aver inserito l'enormità del tema nell'arduo equilibrio di una black comedy nella quale i toni leggeri paiono spesso prendere il sopravvento grazie alla brillantezza dei dialoghi, ai volti e alle reazioni di personaggi dalle espressioni vigorose e surreali. Una sorta di colpo basso in un film organizzato intorno alla metafora del contrasto, perché mentre i toni comedy distraggono, il black stende il suo oscuro velo sull'intera soluzione dell'enigma. Con un unico movimento di macchina a rivelare un finale tragico cui solo il pubblico può avere amaro accesso.
Giampiero Frasca, cineforum.it

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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