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Princesas - Princesas


Regia:De Aranoa Fernando León

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Fernando León de Aranoa; fotografia: Ramiro Civita; musiche: Alfonso de Vilallonga; montaggio: Nacho Ruiz (Capillas); scenografia: Llorenç Miquel; costumi: Sabine Daigeler; effetti: Eduardo Acosta; interpreti: Candela Peña (Caye), Micaela Nevárez (Zulema), Mariana Cordero (Pilar), Llum Barrera (Gloria), Violeta Pérez (Caren), Mónica Van Campen (Ángela), Flora Àlvarez (Rosa), María Ballesteros (Blanca), Luis Callejo (Manuel), Alejandra Llorente (Mamen), Pere Arquillué (Carlos), Pepa Aniorte (Alicia); produzione: Reposado Producciones - Mediapro - Antena 3 Televisión, - Canal+ España; distribuzione: Lucky Red; origine: Spagna, 2005; durata: 114'.
Vietato: 14

Trama:Questa è la storia di due donne, di due prostitute, di due principesse. Una di loro si chiama Caye, ha quasi trent'anni, la frangetta e un fascino discutibile, da periferia. Zulema è una principessa esiliata, dolce e misteriosa, che vive quotidianamente l'esilio inevitabile. Quando si conoscono si trovano in posizioni diverse, quasi opposte: sono molte le ragazze che guardano con diffidenza l'arrivo di immigranti nella prostituzione. Caye e Zulema non tardano a capire che, sebbene ad una certa distanza, entrambe camminano sul medesimo sentiero...

Critica (1):Del regista spagnolo Fernando León de Aranoa si ricorderà con simpatia un film, I lunedì al sole, che, mettendo l'accento su degli operai di un cantiere navale in Galizia rimasti senza lavoro, disegnava con una certa finezza i drammi della disoccupazione, per metà con intenzioni corali, per metà portando in primo piano dei personaggi molto incisi. Quasi le stesse cifre nel film di oggi che, al centro anziché degli uomini ha delle donne, le "princesas" del titolo, da leggersi, anziché "principesse", "prostitute". Anche qui, di sfondo, un coro, tante donne che a Madrid battono i marciapiedi, ma anche, appunto, due personaggi seguiti con attenzioni maggiori. Uno è quello di Caye, una ragazza di buona famiglia che però, proprio per sottrarci a un opprimente ambiente familiare, ha scelto quel mestiere. Un'altra, Zulema, non solo non è spagnola, ma, emigrata da Santo Domingo, dove ha lasciato un bambino di pochi anni, non ha documenti e teme sempre, se scoperta, di essere rimpatriata come clandestina. Non deve però temere soltanto la polizia perché le prostitute madrilene che esercitano in zone di cui si considerano padrone, guardano a lei e alle altre straniere cui si accompagna con l'astio polemico con cui si osteggiano delle concorrenti tanto più pericolose in quanto, per arrivare ad imporsi, praticano prezzi molto bassi. La sola che non tende a emarginare Zulema è proprio Caye, con molta comprensione, al contrario, e con tale generosità da darle addirittura dei soldi per aiutarla, alla fine, a tornarsene a casa, disgustata da tutto quanto, lì attorno, l'ha fatta duramente soffrire. De Aranoa ha seguito molto da vicino l'itinerario di quelle donne, pur evocandovi attorno, ma senza effetti crudi, l'ambiente della prostituzione da cui via via le fa emergere. Ha curato le psicologie, ha svolto con attenzione le evoluzioni cui vanno incontro e se, in qualche snodo è sembrato indulgere a considerazioni letterarie che sfiorano la retorica, si è riscattato con una regia controllata ed asciutta in cui la cornice e le figure centrali trovano quasi sempre una loro ragione. Per merito anche di due protagoniste che riescono ad esprimere con modi concreti i loro caratteri. Caye la interpreta, con risentimenti sinceri, Candela Peña, già vista e apprezzata in Tutto su mia madre di Almodóvar, Zulema è la portoricana Micaela Nevárez, in arrivo dagli Stati Uniti dove si è già cimentata con successo sia al cinema sia in televisione.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 9/10/2006

Critica (2):Fernando León de Aranoa, regista de I lunedì al sole ama parlare della quotidianità, di quella quotidianità meno conosciuta al grande pubblico, delle vicende degli "ultimi", come si sarebbe detto una volta, un cinema militante in cui si predilige il fattore umano. Se nel suo film precedente raccontava di un gruppo di uomini rimasti senza lavoro, qui si concentra sulla storia di due donne, due prostitute, unite dalla solitudine e dalla disperazione. Tutta interiore l'infelicità di Caye, la sua famiglia borghese è un muro di incomunicabilità, non ha nostalgie perché non ha mai vissuto momenti felici e l'unico sogno è quello di rifarsi le tette per riuscire ad allargare il giro dei clienti. In realtà tutto ciò che vorrebbe è essere amata, qualcuno che l'aspettasse fuori dall'ufficio.
Zulema è invece un'immigrata clandestina della Repubblica Domenicana, senza documenti, senza diritti, ma piena di speranze: ha un figlio a cui sogna di regalare una vita migliore in Spagna e che ora è lontano. È piena di nostalgia per la sua casa, la sua famiglia, per la vita che faceva una volta.
Due donne diverse che però trovano l'una nell'altra un sostegno e un riparo.
De Aranoa partecipa alla vicenda delle due protagoniste con affetto e partecipazione, ma cercando sempre di mantenere un tono cronachistico; pedina le sue protagoniste con la camera a mano, soffermandosi spesso sui volti delle sue intense attrici. Nel tratteggiare le loro vite però cade in troppi luoghi comuni: i giri felici e spensierati a fare shopping, nessun protettore che sovrintenda alle loro attività, nessuna droga.
Anche i loro poetici monologhi, si addicono poco a due persone che credono a tutto quello che leggono sui giornali e non sanno quasi cosa sia un computer. Tutto viene edulcorato, anche se alcune scene sono molto forti e intense: come quando Zulema ha paura anche solo di andare in ospedale perché non ha i documenti.
Certo già dal titolo si capisce che oltre ad una visione realistica de Aranoa cerca un punto di vista più lirico, identificando le due prostitute come principesse senza terra, ma i due piani non coesistono mai.
Elisa Giulidori, filmup.leonardo.it

Critica (3):

Critica (4):
Fernando León De Aranoa
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