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Ragazza del mondo (La)


Regia:Danieli Marco

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Marco Danieli, Antonio Manca; fotografia: Emanuele Pasquet; musiche: Umberto Smerilli; montaggio: Alessio Franco, Davide Vizzini; scenografia: Laura Inglese; costumi: Claudia Montanari, Giulia Pagliarulo; suono: Giuliano Marcaccini; interpreti: Sara Serraiocco (Giulia), Michele Riondino (Libero), Marco Leonardi (Celestino, padre di Giulia), Stefania Montorsi (Costanza, madre di Giulia), Lucia Mascino (Prof.ssa Donati), Pippo Delbono (Giacomo, "Anziano" congregazione Testimoni di Geova), Martina Cerroni (Simona, sorella di Giulia), Giorgio Careccia (Daniele, malavitoso), Maria Chiara Giannetta (Loretta, amica di Giulia), Alessandra Vanzi (Monica, madre di Libero), Andrea Mautone (Raffaele, "Anziano" congregazione Testimoni di Geova), Roberta Mattei, Lidiya Liberman, Roberto Negri; produzione: Csc Production-Rai Cinema, in coproduzione con Barbary Films; distribuzione: Bolero Film; origine: Italia-Francia, 2016; durata: 104'.

Trama:Quello di Giulia è un mondo antico e sospeso, fatto di rigore e testi sacri, che esclude con ferocia chi non vi appartiene. Quello di Libero è il mondo di tutti gli altri, di chi sbaglia, di chi si arrangia cercando un'altra possibilità e di chi ama senza condizioni. Quando Giulia incontra Libero scopre di poter avere un altro destino, tutto da scegliere. La loro è una storia d'amore purissima e inevitabile e per i due ragazzi inizia un intenso periodo di vita insieme, scelta che comporterà per Giulia una totale esclusione dal mondo dei Testimoni di Geova al quale appartiene. Libero farà a Giulia il dono d'amore più grande di tutti: la libertà di appartenere al mondo, un mondo nuovo, luminoso e pieno di futuro.

Critica (1):Al di là dei cliché che solitamente accompagnano, talvolta deformano, l’immagine esterna dei Testimoni di Geova – dall’ossessione per i citofoni, vera e propria macchina da proselitismo, alla questione assai controversa delle trasfusioni di sangue – poco si sa dei seguaci del Regno, particolarmente protettivi delle cose del gruppo.
Un motivo in più allora per apprezzare La ragazza del mondo, esordio nel lungometraggio di Marco Danieli, a memoria primo film italiano a entrare nelle segrete stanze del movimento. La protagonista, Giulia (Sara Serraiocco), è una diciottenne di stretta osservanza finché l’incontro con Libero (Michele Riondino), un giovane dai trascorsi difficili, non la spingerà a chiudere i conti con il suo passato e a diventare una “ragazza del mondo”. Ma il percorso di emancipazione si rivelerà più complicato del previsto.
Sia la Serraiocco che Riondino hanno vinto per le loro interpretazioni il Premio Pasinetti a Venezia, dove La ragazza del mondo era in cartellone alle Giornate. E in effetti se l’attenzione al décor e alla caratterizzazione psicologica dei personaggi l’apparentano ai film d’autore italiani, La ragazza del mondo sa d’altra parte dialogare anche con un pubblico più ampio, lavorando sulla morfologia del racconto attraverso il filtro di genere, come il mélo e il crime (...).
Al netto di certe artificiosità (...) e dell’incapacità di allargare lo sguardo oltre il personaggio principale, dando spessore e veridicità ai mondi che attraversa (la scuola, il sottobosco criminale, gli stessi Testimoni di Geova), La ragazza del mondo è un esordio che lascia buone sensazioni. Purché non ci si accontenti “di intraprendere una strada”, riprendendo lo stesso Danieli, ma di percorrerla fino in fondo. Come la sua Giulia, senza tornare indietro.
Gianluca Arnone, cinematografo.it, 9/11/2016

Critica (2):La ragazza del mondo esce domani nelle sale italiane e porta con sé riconoscimenti e aspettative che adesso si confrontano direttamente con il pubblico. L'esame della critica, invece, è già stato abbondantemente superato. Sia con l'attribuzione del Premio "Francesco Rosi" per la migliore opera prima (al Gala del cinema di Napoli) sia durante le Giornate degli autori alla Mostra del cinema di Venezia, dove il lungometraggio d'esordio di Marco Danieli, proiettato in anteprima, si è aggiudicato il Premio "Pasinetti" per i migliori attori. Merito, senza dubbio, delle doti interpretative di Sara Serraiocco e di Michele Riondino, che nel film (dove recita anche un intenso Pippo Delbono) sono Giulia e Libero, i due giovani protagonisti. Merito però anche – e in maniera determinante – della storia, che il regista ha scritto con lo sceneggiatore Antonio Manca, nato a Sassari trentotto anni fa, diplomato al Centro sperimentale di cinematografia (Csc) a Roma, dove vive, e docente di scrittura nella sede distaccata di L'Aquila.
Proprio nelle aule del Csc Danieli e Manca hanno stretto una simbiosi artistica che va avanti da più di dieci anni e che ha prodotto diversi cortometraggi. Adesso il Centro sperimentale, insieme con Rai Cinema e con la francese Barbar}, Films, produce la loro prima storia lunga, che si sviluppa in un ambiente fin qui abbastanza trascurato dal cinema italiano: quello dei Testimoni di Geova, descritto con uno sguardo laico e allo stesso tempo curioso.
«Siamo partiti dalla storia vera di un'amica di Marco (Danieli, ndr) – spiega Antonio Manca – che era uscita da qualche anno dalla sua congregazione. Ci ha incuriosito molto perché abbiamo scoperto altri aspetti al di là dei pochi luoghi comuni concosciuti sui "Testimoni». Anche in questo caso, come poi nel film (distribuito da Bolero), «la disassociazione dalla setta era avvenuta soprattutto perché la ragazza aveva iniziato una relazione con un partner estraneo all'organizzazione». Un ragazzo di quel "mondo" esterno a cui si riferisce il titolo, considerato un luogo di perdizione dai Testimoni. Da qui, speiga Manca, lui e il regista sono partiti per romanzare la vicenda incentrata su Giulia (Sara Serraiocco), una ragazza che, arrivata all'ultimo anno di un istituto tecnico a Roma, si trova di fronte a una scelta importante. Continuare gli studi all'Università, assecondando le sue inclinazioni, o piegarsi alle regole della Congregazione – che considera gli studi superiori più che sufficienti – per dedicarsi interamente alla predicazione. A complicare le cose, arriverà anche l'amore per Libero (Michele Riondino) – nomen omen – un ragazzo estraneo al credo religioso della protagonista.
«Il primo incontro tra Giulia e libero – racconta Manca – è una delle scene a cui io e Marco siamo più affezionati. È un momento delicato, un dialogo tra i due che contiene già molto di quello che potrà avvenire in seguito. Ne siamo particolarmente soddisfatti, anche perché il pubblico della Mostra del cinema di Venezia, l'ha seguita con grande attenzione, un po' con il fiato sospeso».
Un equilibrio ideale raggiunto anche tenendo conto dei suggerimenti dei due protagonisti. E limando a più riprese «il personaggio di Libero, da quando, tra varie vicissitudini, abbiamo iniziato a lavorare al film nel 2012 – ammette lo sceneggiatore . Nelle prime versioni lui era un po' più guascone, forse già visto in una certa filmografia italiana, e quindi abbiamo cercato di cambiarlo, di irrobustirlo a livello caratteriale».
Il rapporto tra Giulia e Libero va oltre l'amore, implica la costruzione di due individualità. Così come l'ambiente dei Testimoni di Geova, descritto con realismo, rappresenta anche, più in generale, un nucleo sociale o familiare che protegge e allo stesso tempo limita. «Dopo la prima stesura –racconta Manca – abbiamo iniziato a frequentare le adunanze in una sala del Regno. I Testimoni di Geova sapevano del film e ci hanno accolto in maniera molto aperta, facendoci partecipare ai canti, alle letture dei testi biblici, alle simulazioni di dialogo tra affiliati ed estranei finalizzate alla predicazione».
Un "training" utile anche per delineare il personaggio di Pippo Delbono, che nel film interpreta un Anziano dei Testimoni. «E quindi rappresenta – spiega Manca – l'autorità, la congregazione, tutto ciò da cui Giulia a un certo punto si distacca. È un personaggio molto umano, non è un inquisitore giudicante e malevolo, pur restando sempre, chiaramente, dall'altra parte della barricata».
Grazia Brundu, Nuova Sardegna, 8/9/2016

Critica (3):Qual è l’esatta vocalizzazione del nome di Dio? Non si sa… del resto non può nominare invano che ne accoglie pienamente la parola, infallibile. E magari la rispetta, alla lettera.
Marco Danieli, al suo lungometraggio d’esordio (prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia), entra in un mondo di cui conosciamo solo i contorni, quello dei Testimoni di Geova. Accompagnato nella fase di ricerca e scrittura da Antonio Manca, si muove con rispetto. Giustamente. Apre le porte delle Sale del Regno, ma non lascia trapelare giudizi di sorta. Cerca di capire, prima ancora di raccontare. E si pone completamente nel punto di vista della sua protagonista, Giulia, figlia maggiore di una famiglia di testimoni. I suoi giorni si svolgono nell’osservanza della parola, l’attivo impegno in comunità, la predicazione della buona notizia del Regno. All’apparenza è perfettamente appagata dalla sua vita. Ma ci sono, sottotraccia, dei segni di tensione. La sua naturale inclinazione per la matematica la spingerebbe a continuare gli studi all’università, contro il parere della famiglia. E il parere, in una comunità chiusa che vede il mondo esterno come minaccia del peccato, ha il valore di un’imposizione. Per di più, durante i suoi giri di predicazione, conosce Libero, un ragazzo che ha appena scontato un anno di carcere per spaccio di droga. E comincia a provare un’attrazione nei suoi confronti. Attrazione proibita, secondo le regole dei testimoni. Il rischio più grave, in questi casi, è la disassociazione, cioè subire l’espulsione dalla comunità e tornare a essere una persona del mondo, nei cui confronti tutti gli altri fedeli devono evitare qualsiasi contatto.
La norma e il desiderio. È tutto in questo conflitto il dramma di Giulia e, dunque, dell’intero film, che sta addosso al volto fiero di Sara Serraiocco. Un dramma che dovrebbe crescere in maniera esponenziale, a mano a mano che le norme si fanno più vincolanti, stringenti. Ma di questa gabbia coercitiva della regola, La ragazza del mondo ci lascia intravedere più la superficie che l’intera dimensione. Il fatto è che Danieli sceglie di seguire il percorso di crescita, abbandonando a metà il disegno dell’insieme. Ovviamente tralascia del tutto le convinzioni teologiche dei Testimoni di Geova, ma, forse nel timore di intervenire a gamba tesa, sorvola fugacemente anche sui risvolti pratici della dottrina. Tutta la spinosa questione della disassociazione, ad esempio, viene raccontata dalla prospettiva di Giulia, che si ritrova improvvisamente senza una casa in cui tornare, fino a provarne un’ovvia nostalgia. Ma l’ostracismo non viene mai mostrato nelle sue effettive implicazioni e conseguenze. Anzi, a un certo punto, il film prende tutt’altra piega, scivolando verso le derive a tinte nere della droga e della malavita, in cui rimane invischiato il personaggio di Libero. Sembra un trapianto forzato di toni e atmosfere che con il corpo fondamentale del film c’entrano poco. E la tenuta dell’impianto è minata, nonostante la grandissima forma di Michele Riondino, che con la sua interpretazione nevrotica ed eccessiva fa da contraltare alla misura di Pippo Delbono (di implacabile gentilezza) e di Marco Leonardi (che però sembra, come sempre, covare un’inquietudine rabbiosa devastante). È come se il film, in mezzo a due percorsi, rimanesse in mezzo al guado, senza riuscire a sbarcare né su una riva né su un’altra. E a farne le spese è anche la vicenda sentimentale tra Giulia e Libero, di cui non riusciamo a cogliere a pieno i motivi, all’inizio e alla fine della storia… Se non magari la giovane età di lei. Ecco. Resta l’emozione di un delicato ritratto. Una ragazza in cerca della sua libertà. Lei saprà trovare la sua strada, c’è da giurarci.
Aldo Spiniello, sentieriselvaggi.it, 10/11/2016

Critica (4):
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