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Golem (Il) - Golem, wie er in die Welt kam (Der)


Regia:Wegener Paul, Boese Carl

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Paul Wegener, Henrik Galeen; fotografia: Karl Freund, Kurt Richter; scenografia: Hans Pölzig; costumi: Rochus Gliese; interpreti: Paul Wegener (il Golem), Albert Steinrück (rabbino Low), Lyda Salmonova (figlia del rabbino), Hans Strum (Rudolph Hapsburg), Ernest Deutsch (l’assistente del rabbino), Lothar Müthel (Florian), Otto Gebühr (l’imperatore), Greta Schröder (la ragazza della rosa), Hans Sturn (il vecchio rabbino), Max Kronert (il servitore del tempio); produzione: Projektions-AG Unic, Berlin; da: Cineteca Italiana di Milano, Cineteca del Comune di Bologna e Münchner Filmmuseum Stadtmuseum;didascalie: in italiano; origine: Germania, 1920; lunghezza: 1760 m., 35mm; durata: 73’.

Trama:Praga. Osservando le stelle col suo telescopio, il rabbino Low si convince che una catastrofe sta per abbattersi sugli ebrei, e va ad avvertirne il capo della comunità che officia una cerimonia notturna nella sinagoga. L’imperatore sigilla un decreto di espulsione degli Ebrei. Recatosi a recapitarlo, il messaggero Florian conosce Miriam, la figlia del rabbino. Nel frattempo Low, consultati antichi testi cabalistici, modella una grande statua d’argilla, ed evoca Astaroth: il fumo emesso dal demone si condensa a formare la parola ‘aemet’ (vita). Low scrive la parola magica su una pergamena, e pone lo ‘schem’ sul petto del Golem, che apre gli occhi e si anima. Low usa il Golem come servitore. Invitato al castello per una festa è irriso dai cortigiani. Ad un tratto il soffitto della sala cede, ma il Golem trattiene la trave e salva tutti: in segno di riconoscenza, l’imperatore revoca il decreto di espulsione. Intanto l’assistente di Low scopre che Miriam, di cui è innamorato, ha accolto nella sua camera Florian, il messaggero dell’imperatore. Gli aizza contro il Golem che lo scaraventa giù dalla torre e prende Miriam che gli sviene tra le braccia. Sentendosi rifiutato, il mostro dà fuoco al quartiere ebraico e, con la ragazza in braccio, attraversa i vicoli del ghetto. Giunge in un prato. Una bambina gli tende una mela. Il Golem sorridendo la solleva tra le braccia...

Critica (1):Il film, maggior successo tedesco della stagione ’20-21, ottenne una vasta distribuzione internazionale, ma solo poche delle molte copie distribuite sono tutt’ora disponibili; ne esistono una ventina in vari archivi e tutte derivano da tre diverse matrici, nessuna delle quali completa. Il recente ritrovamento presso la Cineteca Italiana dell’unica versione colorata sopravvissuta (5 imbibizioni), ha permesso di riavviare il progetto di restauro. Il film presentato questa sera è il primo gradino del progetto di restauro avviato da Cineteca Italiana, Cineteca del Comune di Bologna e Münchner Filmmuseum Stadtmuseum, che proseguirà con la comparazione e la collazione dei vari materiali esistenti.
Il primo passo era evidentemente la duplicazione della versione italiana, che merita una particolare attenzione; infatti, oltre a presentare i cromatismi originali perfettamente conservati, questa è caratterizzata da una straordinaria qualità fotografica, che dà nuova profondità e ricchezza alle invenzioni scenografiche, restituendo nella sua qualità e brillantezza originale la fotografia e l’illuminazione, curatissime, che il film aveva in origine.
La leggenda del Golem ha avuto tre versioni cinematografiche all’epoca del muto: della prima, Der Golem (1914), soggetto e regia di Henrik Galeen, con Paul Wegener, giunta in Italia con il curioso titolo di Bug, l’uomo d’argilla, non restano che pochi metri. Quando erano ancora viventi, Galeen e Wegener, interrogati rispettivamente da Siegfried Kracauer e Carl Vincent, hanno entrambi escluso di aver concepito questo film, al quale Wegener aveva partecipato anche come sceneggiatore, in chiave espressionistica.
Nel 1917, Wegener affrontò di nuovo il tema, su sua sceneggiatura e interpretazione, in un altro film, anche questo andato perduto, intitolato Der Golem und die Tänzerin. La parte del colosso che si risveglia ad opera del rabbino Judah Loew Ben Bezahel per salvare il popolo ebraico, la sostenne Rochus Gliese, costumista del film, ma anche del precedente e poi della terza versione (1920), che è quella di cui oggi viene presentata la edizione restaurata (e nella quale Henrik Galeen, contrariamente a quanto affermato da vari storici, non risulta aver avuto qualche parte). Il film – “immagine in cinque capitoli ispirati agli avvenimenti di una antica cronaca”, come recita il sottotitolo – è un caleidoscopio di luci ed ombre, di chiaroscuri e di mezzi toni, dove la dimora del rabbino dalle pareti a volte concave, a volte convesse, le bizzarre scale a chiocciola, le stradine del ghetto con le case sghembe, le finestre asimmetriche, i tetti allungati, sembrano annunziare Nosferatu.
Der Golem und wie er in die Welt kam ha però un suo fascino naïf che lo distingue dalle altre opere dell’espressionismo e che gli procurò un successo eccezionale in tutto il mondo: ma se a New York venne proiettato per dieci mesi, in Italia uscì solo nel 1925 (Golem – come venne al mondo)”.
Vittorio Martinelli

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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