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Camille Claudel - Camille Claudel


Regia:Nuytten Bruno

Cast e credits:
Sceneggiatura: Bruno Nuytten e Marilyn Goldin, dal libro omonimo di Reine - Marie Paris; fotografia: Pierre Lhomme e Jeanne Kef; montaggio: Joélle Hache; scenografia: Bernard Vezat; costumi: Dominique Borg; sculture: Hervé Boutard; suono: Guillaume Sciama; musica: Gabriel Yared; interpreti: Isabelle Adjani (Camille Claudel), Gérard Depardieu (Auguste Rodin), Laurent Grevill (Paul Claudel), Alain Cuny (Louis Prosper Claudel), Madeleine Robinson (Mme Claudel), Philippe Painblanc (Giganti), Katrine Boorman (Jessie), Jean-Pierre Sentier (Limet), Danièle Lebrun (Rose), Maxime Leroux (Claude Debussy), Aurelle Doazan (Louise), Roger Planchon (Morhardt), Denise Chalem (Judith Claudel), Philippe Clévenot (Eugène Blot); produzione: Christian Fechner; produttore esecutivo: Bemard Artigues; distribuzione: Gaumont; origine: Francia, 1988; durata: 149'.

Trama:A Parigi, Camille Claudel - sorella maggiore del poeta e drammaturgo cattolico Paul Claudel - di famiglia agiata e borghese, è una scultrice di grande talento. Ventenne, lascia l'Accademia volendo diventare allieva del celebre August Rodin. Fra Camille ed August nasce presto una grande passione che proseguirà per dodici anni (1881-1893). La fine del burrascoso rapporto e la difficoltà di imporsi come artista riconosciuta la portò alla follia: nel 1913, su richiesta del fratello, fu rinchiusa in una clinica dove morì trent'anni dopo.

Critica (1):«Un mistero in piena luce»: così Paul Claudel definisce la sorella Camille poco prima di rinchiuderla in un manicomio, dove rimase fino alla morte (avvenuta nel 1943). E così Camille appare agli spettatori nel film che narra la sua vita. Dal primo incontro con il maestro Rodin all'ultimo disperato gesto di rabbia (la distruzione di quasi tutte le sue opere) il personaggio di Camille Claudel deriva la sua complessità dall'impetuosità della sua ispirazione artistica e dagli eccessi melodrammatici della sua esistenza. Nel ricreare la figura della scultrice il regista è ricorso allo stereotipo classico dell'artista che conosce, quale sua unica religione, quella dell'arte e che dedica la sua vita al culto dell'arte pura. I simboli della ribellione artistica compaiono uno dopo l'altro nel film e la "degenerazione" di Camille, causata, da un lato, dalla fine della sua storia d'amore con Rodin e, dall'altro, dal non vedere riconosciuto il suo genio (era considerata una semplice seguace del maestro), è sottolineata dal suo progressivo ricorso all'alcool, dalla scelta dell'isolamento e dalla sua sempre più manifesta pazzia. Il rifiuto delle regole della società, caratteristico anch'esso dell'artista "maledetto", si manifesta in Camille contemporaneamente all'affermarsi del suo precoce talento ed è esemplificato dal rapporto conflittuale con la madre, "incarnazione" della morale borghese. Nuytten, sospeso tra "maledettismo" e melodramma crudele, non sembra, quindi, esprimere un'idea davvero originale nella sua interpretazione del genio artistico di Camille Claudel, quantunque la messinscena da lui elaborata e la struttura spettacolare del suo film siano decisamente accattivanti.
Nella Parigi bohémienne di fine secolo Camille è circondata da numerosi artisti; accanto a lei vediamo il musicista Claude Debussy, il suo amante e maestro Rodin, «scultore professionista di fama indiscussa» (come egli afferma), che sembra aver perso il piacere di scolpire una volta raggiunta la celebrità, e il fratello e scrittore Paul. Nei confronti di Camille, Paul nutre segretamente un desiderio di rivalsa, pur essendo a lei legato da un rapporto tenerissimo e pur apprezzando la sua arte. La conversione di Paul al cristianesimo, da lui considerato una fonte di ispirazione e un aiuto morale, e i suoi tormenti artistici attribuiscono, per antitesi, maggior rilievo all'indipendenza assoluta della sorella, che, come lei stessa dice, riuscirà da sola ad essere se stessa. Il film è, insomma, un'autentica celebrazione della scultrice (e dall'attrice che le presta il volto e il corpo): tra estasi e travagli creativi è lei la vera eroina. Le scene iniziali ne sottolineano immediatamente il carattere appassionato: la macchina da presa la sorprende, mentre una notte, in preda a quella che l'amica Jessie definisce la "malattia del fango", raccoglie freneticamente dell'argilla in un cantiere parigino e la segue nel suo atelier dove, con altrettanto fervore, modella una testa d'uomo. Certo, il germe della follia serpeggia qua e là in ogni suo comportamento, preannunciandone la sorte finale (trent'anni di internamento in manicomio). Ma, in fondo, non è la pazzia uno stimolo artistico? Di questo anche Camille è convinta, quando, al ministro delle Belle Arti che l'accusa di essere pazza, risponde dicendo: «Io sono Camille Claudel».
Mariachiara Pioppo, Cineforum, n. 289

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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