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Dawson City: Frozen Time


Regia:Morrison Bill

Cast e credits:
Sceneggiatura: Bill Morrison; musiche: Alex Somers; montaggio: Bill Morrison; produzione: Bill Morrison, Madeleine Molyneaux, Hypnotic Pictures, Picture Palace Pictures, in associazione con Arte-La Lucarne-The Museum Of Modern Art; origine: Usa, 2016; durata: 120'.

Trama:La bizzarra storia vera della collezione di circa 500 film risalenti agli anni 10 e 20 del Novecento, ritenuti persi per oltre cinquant'anni, fino al loro ritrovamento sepolti in una piscina subartica nel territorio dello Yukon. L'unione di materiale d'archivio, interviste e servizi giornalistici, accompagnati dall'enigmatica colonna sonora originale di Alex Somers, ritrae con destrezza la singolare storia di una città canadese negli anni della corsa all'oro, documentando il ciclo vitale di una singolare collezione di film con il suo esilio, la sepoltura, la riscoperta e il salvataggio. Raccontando allo stesso tempo come il territorio di caccia della First Nation fu trasformato e rimosso.

Critica (1):Ci sono almeno tre film diversi dentro Dawson City: Frozen Time. Tre storie che hanno tutte a che fare con il cinema e che del cinema sono a loro modo declinazioni, espressioni, riflessi. Il documentario di Morrison – che potrebbe essere riscritto e ricostruito in innumerevoli modi, perfino come una trilogia o come un film dell'orrore – è una storia di fantasmi, di morti che tornano in vita ed è un viaggio nella memoria di un tempo perduto di cui il cinema è vero e proprio medium. Inteso nel senso esoterico di qualcosa che è in grado di resuscitare i defunti.
Lo spunto da cui parte Dawson City è il ritrovamento, avvenuto sul finire degli anni Settanta, di una innumerevole quantità di pellicole cinematografiche sepolte in una vecchia piscina (interrata) nella città di Dawson, regione dello Yukon, estremo nord del Canada. Queste pellicole, risalenti agli anni Dieci e Venti, erano state inviate dai distributori per essere proiettate al cinema della città. La norma prevedeva che una volta esaurite le repliche, i rulli dovessero essere rispediti al mittente, ma data la difficoltà dei collegamenti con lo sperduto Yukon, era molto più economico disfarsi in loco di tutte le pellicole che via via si accumulavano. Il grosso del materiale fu gettato nei fiumi Yukon e Klondike, che proprio a Dawson confluiscono, ma una certa quantità, appunto, fu interrata nella vecchia piscina comunale. Recuperati e restaurati questi film – quasi cinquecento – sono raccolti oggi nell'Archivio cinematografico canadese e nella Biblioteca del congresso degli USA.
E il motivo per cui tante pellicole furono spedite, nei primi del Novecento, fino al cinema di un luogo così isolato, è che Dawson City fu il centro geografico della grande Corsa all'oro del Klondike. Fra il 1897e il 1905 un villaggio di poco più di quattro case si trasformò in una città di oltre quarantamila abitanti (il maggior agglomerato urbano di tutto il Canada nordoccidentale) calamitando attività di ogni genere e specie, comprese quelle illegali. Il film si sofferma a lungo sull'esplosione demografica della città e sulla Gold Rush, inserendo numerose didascalie e utilizzando spezzoni delle pellicole recuperate nella piscina (che portano i segni del tempo e sono offuscate da una sorta di fumo bianco) e decine di splendide fotografie d'epoca. Come detto questa parte potrebbe essere un film a sé stante, la storia di una città che è anche la storia di un secolo nuovo fatto di sconvolgimenti e rivoluzioni che proprio da lì hanno in qualche modo origine. Ma il terzo film che sta dentro Dawson City è certamente il più suggestivo. Le pellicole sotterrate infatti, per via del nitrato di cellulosa del quale erano fatte, erano estremamente infiammabili e diedero origine, durante gli anni in cui furono stipate nei magazzini della città, a numerosi e dannosissimi incendi che contribuirono a semidistruggere Dawson. Questa natura esiziale della pellicola, generatrice di una vera e propria "cinefobia", è messa in risalto nel film come una sorta di potere medianico, capace di sopravvivere alla morte e di dare vita ai fantasmi. Dentro le immagini dei film recuperati a Dawson stanno non solo la memoria e la traccia del cinema muto, ma la vera essenza magica e spirituale della settima arte. Che è nata nello stesso anno della corsa all'oro e in fondo un po' nello stesso modo: come una scommessa, un gioco, un'ossessione della quale ci sia ammala.
Lorenzo Rossi, Cineforum n. 558, 10/2016

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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