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Ombre (1920) - Schatten - Eine Nachtliche Halluzination


Regia:Robison Arthur

Cast e credits:
Soggetto
: Albin Grau; sceneggiatura: Arthur Robison, Rudolf Schneider; fotografia: Fritz Arno Wagner; scenografia: Albin Grau; interpreti: Fritz Kortner, Ruth Weyher, Gustav von Wangenheim, Alexander Granach, Eugen Rex, Max Gölstorff, Ferdinand von Alten, Fritz Rasp, Karl Platen, Lilli Herder; produzione: Pan-Film; da: Cinémathèque Française, Cineteca del Comune di Bologna, Friedrich-Wilhelm-Murnau Stiftung; origine: Germania, 1923; lunghezza: 1920 m.; durata: 84’.

Trama:Un giocoliere ambulante si esibisce in un castello in uno spettacolo di ombre cinesi durante il quale ipnotizza i convitati e ne "rapisce" le ombre facendo compiere loro azioni violente...

Critica (1):Schatten è senza dubbio una delle opere più citate della storia del cinema muto tedesco, e ciò ha fatto sì che si potessero ritrovare numerose copie del film, in diversi archivi. Il lavoro di comparazione e ricostruzione è stato fatto analizzando tutte queste copie, ricostruendo la storia di precedenti operazioni di restauro e di conservazione e cercando di avvicinarsi il più possibile alla versione originale del film. Di Schatten sono stati ritrovati elementi provenienti da due differenti negativi originali. Il primo (in ordine temporale, dato che non ci sono prove che questo fosse effettivamente il negativo A) corrisponde a copie prodotte in Germania (copia ritrovata alla Cinémathèque Française, con didascalie francesi) e negli Stati Uniti (copia ritrovata al Museum of Modern Art); questo primo negativo era organizzato per stampare e colorare separatamente le diverse scene che venivano poi montate solo su positivo. Il secondo negativo, che differisce dal primo perché utilizza riprese (‘ciak’) e posizioni di macchina diverse per ogni inquadratura, risultando così completamente diverso dal precedente, fu montato (cioè ogni inquadratura giuntata alla successiva) in epoca successiva in modo da produrre delle copie colorate in maniera più semplice. In questa fase, il montaggio fu modificato rispetto al primo negativo, sia per motivi di continuità (diversa recitazione, diverso ritmo, diversi angoli di ripresa), sia – forse – per motivi narrativi e di alleggerimento. Da questo secondo negativo sono state tratte le copie conservate al National Film and TV Archive di Londra e a Milano (Fondazione Cineteca Italiana).
Nella ricostruzione, si è optato per il restauro del primo negativo, considerandolo il più vicino alla prima versione. Per quanto riguarda le didascalie, è noto che il film fu originariamente distribuito senza didascalie e che queste furono aggiunte successivamente dietro le proteste di distributori ed esercenti che si lamentavano che il pubblico non riusciva a seguire la narrazione. A riprova di questo fatto, il film fu distribuito in Inghilterra senza didascalie. Si è quindi optato, in questa versione, per una ricostruzione priva di didascalie, corrispondente alla prima distribuzione. Schattenè soprattutto opera di Albin Grau, produttore, ideatore e direttore artistico del film. Soltanto inserendo quest’opera nell’ottica del suo creatore potremo comprenderne realmente il significato. Schatten è un film didattico sulla filosofia esoterica. È un film esoterico, anche se a prima vista non sembra. Per accostarci alla sua lettura, dobbiamo addentrarci nel pensiero di Albin Grau. (…) Interessato al mondo del cinema, egli lo considera un mezzo per diffondere le proprie idee e convince diversi occultisti a fondare una società di produzione alla quale viene dato il nome teosofico di Prana. Dopo aver assunto Galeen come sceneggiatore e Murnau come regista, nell’estate del 1921 realizza Nosferatu, liberamente tratto dal romanzo Dracula di Bram Stoker, probabilmente un affiliato della Golden Dawn. Per non aver pagato i diritti di quest’opera, perde la causa intentatagli dalla vedova Stoker, portando al fallimento la società di produzione.
Grau non si dà per vinto e produce un nuovo film, Schatten, con la nuova società di produzione Pan; nonostante il film venga accolto molto favorevolmente dalla critica, non ottiene un successo di pubblico sufficiente a garantire continuità alla società di produzione. Grau parla di “quelle ombre dello schermo che affascinano tutti” e dice che “in futuro esisteranno due forme di cinema: il film sensazionalista che cerca il consenso delle masse e un nuovo tipo di film, con un nuovo stile, la cui natura profonda risiede nel mondo dell’occulto e del fantastico. Con il mondo spirituale del meraviglioso e del magico si apre un campo straordinario per il cinema. Oggi i poteri magici del cinema sono molto maggiori di dieci anni fa. Si può esprimere l’inquietante e il terrificante, ci si può abbandonare ad autentiche orge dell’immaginazione...”. Questo modello di film per intellettuali Grau lo mette in pratica con Schatten, definito dalla critica tedesca dell’epoca ‘un’opera d’arte’, ‘un’opera artistica’ o ‘un autentico Kammerspiel’ (teatro da camera), termine che allora aveva il significato di un elogio e che di fatto venne utilizzato per pubblicizzare il film. In un annuncio del 1923 sul n. 41 di Reichsfilmblaatt, Schatten viene pubblicizzato come Das Kammerspiel der Pan–Film e, com’è logico, il nome di Grau figura allo stesso livello di quello di Robison, lasciando capire che il film è anche opera sua. Dopo aver tentato senza successo di passare alla regia, Grau abbandonerà definitivamente il cinema proseguendo la sua opera di pittore e disegnatore unitamente alla sua sempre più intensa attività di occultista.
Luciano Berriatùa, “Schatten”, l’esoterismo delle ombre cinesi, Cinegrafie, n. 12, 1998

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Arthur Robison
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