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Napoléon visto da Abel Gance - Napolèon vu par Abel Gance


Regia:Gance Abel

Cast e credits:
Collaborazione alla regia
: Alexandre Volkoff, Henry Krauss; fotografia: Krüger, Burel; costumi: M. Chamy; musica: Arthur Honegger; organizzazione generale: A. Osmond; interpreti: Albert Dieudonné (Bonaparte), Alexandre Koubitzky (Danton), Harry Krimer (Rouget de Lisle), Vidalin (Camille Desmoulins), Francine Mussey (Lucille Desmoulins), Marise Damia (La Marsigliese), Emilien Richaud (Brissot), Léon Courtois (gen. Carteaux), Alex Bernard (gen. Dugommier), Georges Leclercq (Dutheil), Jean Demarçay (Suchet), Robert Guilbert (Lemarois), Robert de Ansorena (Desaix), Pierre de Lanolle (Marmont), Philippe Hèriat (Salicet­ti); produzione: Société Générale de Films; origine :Francia, 1927; durata: 100'.

Trama:Una biografia di Napoleone Bonaparte dall'adolescenza (1781 quando dodicenne frequenta il collegio militare, passando per il 1789 quando partecipa, da ragazzo, alla presa della Bastiglia), fino alla Campagna d'Italia del 1796 quando diventò generale. Doveva essere il primo di sei episodi.

Critica (1):Napoléon avrebbe dovuto essere la prima parte di una trilo­gia che non trovò mai finanziatori. Per questa “épopée cinégraphique”, Abel Gance (Parigi, 25 ottobre 1889) si era preparato seriamente. La realizzazione, dalla sceneggiatura al montaggio, occupò quattro anni e costò 17 milioni di franchi. Le riprese iniziarono il 4 giugno 1924. La “prima” ebbe luogo a Parigi, al Théâtre de l’Opéra, il 7 aprile 1927, con una copia di 5000 metri, mentre l’edizione originale ne comprendeva circa 12.000. L’innovazione cui Gance aveva prestato le cure maggiori (lo schermo triplo sul quale dovevano scorrere tre azioni distin­te oppure la medesima azione “dilatata”) non trovò spazio nelle sale cinematografiche e potè essere apprezzata soltanto nella versione (1955), sonorizzata come la seconda (1932).
Napoléon (vu par Abel Gance, precisa il titolo) è a suo modo un fatto unico nella storia del cinema. Gance aveva cominciato prestissimo (1909, come attore e sceneggiatore; 1911 come regi­sta). J’accuse (1919) e La roue (1921) erano stati, tra i molti film girati, i successi maggiori. Lo si era paragonato a Griffith e a Stroheim. Lo si era ammirato e vilipeso in egual misura, per il vigore espressivo che sovente sconfinava nella magniloquenza, per l’arditezza delle soluzioni visive che non di rado apparivano compiaciute e deliranti. “Napoleone” scrisse “è Prometeo. Non è questione di morale né di politica ma di arte. È un essere le cui braccia non sono abbastanza grandi per stringere una cosa più grande di lui: la rivoluzione. Napoleone è un parossismo nella sua epoca, la quale è un parossismo nella storia. E il cinema è , per me, il parossismo della vita.” Con queste idee, Gance ricostruì sei episodi della vita del còrso, inserendoli (tranne il primo) in una puntigliosa narrazione delle vicende della Rivoluzione: l’infanzia e la scuola a Brienne; la fuga dalla Corsica e la traversata nella tempesta per raggiungere la Francia; l’asse­dio di Tolone; il Terrore, gli incarichi ricevuti e rifiutati, la sommossa dei realisti a Parigi il 12 vendemmiale; il “ballo delle vittime” e le nozze con Giuseppina: l’inizio della campagna d’Italia. Napoléon ha realmente una sua grandezza. Gli eccessi sono compensati da una severa tensione morale. Quando Napoleone, nell’episodio còrso, fugge su una barca che ha per vela il trico­lore ed è sorpreso dalla tempesta, Gance non esita a istituire un parallelo con la “tempesta” che scoppia alla Convenzione, alter­nando (attraverso una serie di immagini di tumulti e di marosi) i due episodi e fondendoli nei punti di maggiore violenza con lunghe sovraimpressioni. L’ ingenuità della similitudine, e la stessa rozzezza del procedimento tecnico, trovano una giustificazione nel ritmo esagitato del montaggio. Così, nell’assedio di Tolone, quando il 17 dicembre del 1793 Napoleone trascina le truppe all’assalto del forte dell’Aiguillette, nel fango e sotto la pioggia sferzante: la prevalenza dei toni cupi, i neri tagliati da improvvise lame di luce, l’affanno disordinato dei carrelli sui soldati che avanzano, danno alla battaglia un aspetto di irreale frenesia, come si trattasse della materializzazione di astratte idee e non della descrizione di un evento bellico. Gance non ha occhi per la storia. Il suo Napoleone-Prometeo è un personaggio mitico, che vive nella dimensione “monumentale” dell’immagine cinematografica: la storia pubblica e l’esistenza privata sono entrambe trasfigurate in una allegoria eroico-patriottica che travolge e annulla anche il rischio del ridicolo (dopo una inquadratura del letto nunziale, immerso in una sfumata luce bianca, la didascalia informa: “Due notti di delirio. E sogni di gloria”). Sicché il grandioso sviluppo dell’episodio finale (le truppe dell’armata d’Italia ad Albenga, quegli straor­dinari campi lunghi dall’alto delle rocce, i movimenti corali della partenza, i carrelli che precedono i soldati in marcia fra la polvere, la sconfinata pianura che il condottiero osserva da Montezemolo) riassume con limpida coerenza – persino nelle enfa­tiche sovrimpressioni di Giuseppina, del mappamondo, delle battaglie e dell’aquila – l’intera concezione dell’opera. Gance ormai si e sostituito al suo personaggio. Nel film, “parossismo della vita”, campeggia il vero Prometeo, che è l’autore.
Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare

Critica (2):Napoleon aveva richiesto 4 anni di lavoro, tre dei quali di riprese. Prima di scrivere la sceneggiatura Abel Gance aveva letto quasi più di 100 libri su Bonaparte [...] Furono impiegati duecento tecnici di tutti i tipi [...] per certe scene furono impiegate fino a 6.000 comparse [...] Durante gli inseguimenti a cavallo girati in Corsica si lamentarono due morti per cadute da cavallo [...] La fine delle riprese in Corsica coincise con le elezioni e l'entusiasmo di tutti era tale che il partito bonapartista trionfò a svantaggio di quello repubblicano [...] Per la scena della tempesta si dovette ricostruire il Mediterraneo in studio. L'avvio delle riprese anzichè essere ordinato con il classico ordine ("Motore") veniva dato di volta in volta con un colpo di pistola, muggiti di sirena o segnali luminosi.
[...] Il regista agiva sui loro nervi come un direttore d'orchestra su quelli dei suoi orchestrali... Quando salì per un momento in cattedra per dare molto semplicemente con la voce dolce e velata alcune spiegazioni tecniche fu salutato da un grido di ammirazione col quale questi esseri domati si davano interamente ad un capo. E' guardando la messa in scena di questa piccola rivoluzione che si capisce quella grande. Se Abel Gance avesse avuto ai suoi ordini diecimila comparse, inebriate di storia e con l'animo stordito dall'ebrezza di obbedire, avrebbe potuto a sua volta lanciarle all'assalto di qualsiasi ostacolo, far loro invadere Palazzo Bourbon o l'Eliseo e farsi proclamare dittatore.
[...] Non c'è in Napoleon scena che non ci dia l'impressione di essere il clou del film, non c'è inquadratura che sia carica di emozione, non c'è attore che non dia il meglio di sè. Abel Gance, a dispetto degli anni, rimane il più giovane dei nostri autori.
François Truffaut

Critica (3):

Critica (4):
Abel Gance
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