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76 Minutes and 15 Seconds with Abbas Kiarostami


Regia:Samadiam Seifollah

Cast e credits:
Origine: Iran, 2016; durata: 76’.

Trama:Film di montaggio appositamente realizzato da Seyfolah Samadiam, fedele amico e storico collaboratore del regista che, per oltre venticinque anni ne aveva filmato l'attività e raccolto le riflessioni sul cinema, la fotografia, l'arte e la vita.

Critica (1):This Is My Film: 76 Minutes and 15 Seconds with Kiarostami, e i corti 24 Frames e Take Me Home sono i tre titoli che hanno rappresentato l’omaggio ad Abbas Kiarostami della Mostra di Venezia. Nel primo caso si tratta di un vero e proprio ritratto del regista iraniano colto in diversi momenti del suo lavoro, sul set o alla ricerca di immagini da trasformare in fotografie. Un film di montaggio realizzato da Seifollah Samadiam, amico e storico collaboratore di Kiarostami, in cui il maestro iraniano appare nella sua più intima essenza, cercatore di immagini, appunto, osservatore attento del paesaggio dove ambientare i suoi film, i dettagli della luce, i particolari delle nuvole, l’ombra di un albero o la linea curva disegnata da una collina. Un percorso fluido che attraversa molti anni e restituisce un’idea di cinema lieve e profonda, capace di riassumere in poco tempo i tratti distintivi di un cineasta e dei suoi film. L’obiettivo centrale di questo documentario atipico era, nelle intenzioni dell’autore, di condividere con lo spettatore 76 minuti e 15 secondi di momenti sconosciuti della vita e dell’opera di Kiarostami in memoria dei suoi 76 anni e 15 giorni di viaggio creativo attraverso la vita. Seifollah Samadian ha fatto una scelta difficile a partire dalle centinaia di ore filmate accanto all’amico nei 25 anni della loro amicizia e collaborazione, dentro e fuori dai confini dell’Iran, nelle occasioni più diverse, festival, mostre fotografiche, eventi, workshops e istanti irripetibili di vita quotidiana. Da queste immagini traspare la passione di Kiarostami per il suo lavoro e la continua, instancabile ricerca formale, che ne faceva uno dei più grandi registi e fotografi di sempre. (…)
duels.it, 1/9/2016

Critica (2):(…) 76 minutes and 15 seconds rimandano all’età ultima del maestro: sono sequenze di un documentario in cui lo vediamo dall’altra parte della macchina da presa come il protagonista che ci accompagna durante i suoi sopralluoghi fotografici nei paesaggi iraniani che abbiamo conosciuto nei suoi film. La campagna d’inverno: due strisce lasciate da una macchina nella neve risalgono la collina per essere catturate dalla Leica. Kiarostami lo vediamo poi sdraiarsi sulla spiaggia, in mezzo alle oche che sfilano lungo la riva, lo circondano per afferrare il pezzo di melone che tende loro. I suoni ricostruiti in seguito insieme ai collaboratori, in studio: il riso pestato con le dita “sembra più vero” dei piedi sulla sabbia. Le ore scandite tra la darkroom e il montaggio video. Le soluzioni trovate per caso, nelle ombre lasciate dalle sigarette in fila sul tavolo per ricostruire un’ idea di foresta con tubi rivestiti di verde. I workshop nei prati veri con i consigli del maestro ai giovani studenti di Cinema: sul come togliere parole superflue per non far perdere il significato di ciò che si scrive. La musica classica che accompagna i readings di Kiarostami delle sue poesie (in Italia raccolte da Einaudi nel libro Un lupo in agguato) che sembrano degli Haiku giapponesi: nelle parole di due amanti, nel senso dell’assenza tra lo scorrere eterno delle stagioni. Le gocce di pioggia sul cruscotto della macchina negli gli scatti/acquerelli alle luci della strada e la lettura (in iraniano) del giornale da parte di Juliette Binoche sul lato del passeggero.
Nell’ultimo frammento di quattro minuti, il numero 16 dei 24 frames before and after lumiere siamo dentro una stanza, seduti per terra con “l’Ave Maria” di Schubert ad osservare la silhouette di un piccione fuori, sospeso tra il verde dell’erba è una tenda alzata a metà.
Kiarostami ferma in uno scatto il mondo che lo circonda e quando esclama “Guarda e gioisci” avvertiamo anche noi la luce che avvolge l’ albero in mezzo ai ruderi e che ha attirato la sua attenzione. Il suo vedere e’ oltre la “luce di Ashen”: non è la tenue luminosità del dark-side del pianeta Venere o la mera illusione di un effetto ottico ma il punto fermo che sa di eternità.
M. Martelli, verocinema.com, 1/9/2016

Critica (3):

Critica (4):
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