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Abbraccio del serpente (L') - Abrazo de la Serpiente (El)


Regia:Guerra Ciro

Cast e credits:
Soggetto: Theodor Koch-Grunberg e Richard Evans Schultes; sceneggiatura: Ciro Guerra e Jacques Toulemonde Vidal; fotografia: David Gallego; montaggio: Etienne Boussac; musiche: Nascuy Linares; scenografia: Ramses Benjumea, Angélica Perea e Alejandro Franco; interpreti: Nilbio Torres (Karamakate giovane), Jan Bijvoet (Theodor Koch-Grunberg), Antonio Bolivar (Karamakate aziano); Brionne Davis (Richard Evans Schultes), Yauenkü Migue (Manduca), Nicolás Cancino (Anizetto), Luigi Sciamanna (il prete Gaspar); produzione: Ciudad Lunar, in coproduzione con Nortesur Producciones-Mc Producciones-Buffalo Films; distribuzione: Movies Inspired; origine: Colombia-Venezuela-Argentina, 2015; durata: 125'.

Trama:In un magnifico bianco e nero L’abbraccio del serpente lascia intravedere, senza mai stracciarne il velo, la cosmogonia delle società ancestrali dal punto di vista di un indiano d’Amazzonia e questo nessun film lo aveva proposto.
L’incontro di questi due mondi, il mondo indiano e quello occidentale, incontro fatale per il primo, ci obbliga a interrogarci sui nostri destini collettivi o individuali.
È il maggiore insegnamento de “L’abbraccio del serpente” che ha avuto una nomination agli Oscar nella categoria miglior film in lingua straniera.

Critica (1):Il serpente amazzonico di strada ne ha percorsa molta, arrivando alle porte di Hollywood. Giovedì si saprà se El abrazo de la serpiente del regista colombiano Ciro Guerra porterà in Colombia l’Oscar per il migliore film straniero. “Un film sulla conoscenza, sulla sua ricerca, sulla portata, sui limiti, sul caos che prende piede quando la conoscenza scompare” ha dichiarato il trentaquattrenne regista colombiano alla vigilia della cerimonia del 17. (...)
El abrazo de la serpiente è un film che colpisce immediatamente per la sua originalità. L’idea vincente, quella buona, per cui intraprendere l’odissea nello sconosciuto che ha significato la realizzazione per tutta la troupe di Ciro Guerra è arrivata nel 2010 quando l’amico antropologo del regista, Ignacio Prieto, gli ha messo in mano le copie dei diari degli esploratori Koch-Grunberg e Richard Evans Schultes, che dettagliano le loro andanze per l’Amazzonia agli inizi del XX secolo. Da questo momento Ciro Guerra si è messo al lavoro con l’intenzione di dare forma ad un progetto.
La sceneggiatura ha richiesto tre anni di lavoro, le riprese sette settimane nelle località amazzoniche di Vaupés e Guainía. Il risultato ha cominciato a circolare nel 2015. Il film ha ricevuto l’ovazione del pubblico di Cannes, ha vinto i festival di India, Lima, Mar del Plata e Ereván (Armenia). Due mesi fa l’annuncio che era in lizza per gli Spirit Awards, che premieranno il meglio del cinema indipendente il 27 febbraio prossimo. Come se non bastasse giovedì 17 dicembre “El abrazo de la serpiente” è stato selezionato tra i nove che aspirano all’Oscar per il miglior film straniero.
Richiesto di dare ragione del perché di tanta attenzione Ciro Guerra ha fornito questo argomento alla rivista Semana: El abrazo de la serpiente “Ha toccato una fibra, perché avvicina lo spettatore alla conoscenza del tradizionale e ad un altro modo di vedere la vita”. Ed è questo “altro modo di vedere la vita” che vedremo presto sul grande schermo, una volta celebrato il rito più ambito da registi e produttori del pianeta.
Terradamerica.com

Critica (2):(…) Presentato alla scorsa Quinzaine di Cannes, il film di Guerra è ora uno dei cinque che si contenderanno l'Oscar come miglior film straniero domenica prossima. Una scelta meritata per una storia magnifica e fantastica che trascina in piena foresta amazzonica, a Vaupes, versante colombiano, ispirandosi ai diari di due figure singolari di studiosi e avventurieri. Il primo un etnologo tedesco, Theodor KochGrtinberg, che nel 1907 con grande rispetto si
inoltrò nella foresta incontrando gruppi di indigeni che si credevano ormai sterminati dall'uomo bianco e dalle malattie da lui portate. L'altro un biologo statunitense, Richard Evans Schultes, che 40 anni dopo ripercorse le tracce del tedesco alla ricerca di una pianta magica e allucinogena (è stato tra l'altro autore con Albert Hofmann, sintetizzatore dell'acido lisergico, del lavoro intitolato The Botany and Chemistry of Hallucinogens).
Sulla scorta dei loro diari, corredati anche da disegni, Guerra intraprende il suo percorso nella foresta, ma ribalta il punto di vista. Protagonisti sono questa volta gli indigeni, perché il viaggio dei due bianchi è accompagnato dall'occhio e dalla sensibilità di Karamakate, potente sciamano dei cohivano che vive completamente isolato ancorato alla propria cultura e alle proprie tradizioni. L'isolamento non è una scelta, è convinto che l'intero suo popolo sia stato sterminato dagli sfruttatori del caucciù che hanno compiuto scempi inenarrabili con la complicità del governo colombiano Quando l'esploratore tedesco, malato, accompagnato da
Manduca lo scudiero indigeno strappato alla schiavitù del caucciù, incontrano Karamakate, questi è un giovane e dal fisico possente e dal carattere ruvido, che accetta di accompagnarli alla ricerca della Yakruna, la pianta allucinogena che potrebbe guarire Theodor, solo ponendorigide condizioni e perché l'uomo bianco parla la sua lingua e gli ha prospettato la possibilità di incontrare qualche sopravvissuto del suo popolo. Nel secondo incontro Karamakate vive sempre isolato, ma ormai non ricorda più granché della sua cultura, si considera un chullachaqui, un simulacro vuoto di essere umano, per questo accetta l'invito a seguire Richard che ha studiato le tradizioni degli indigeni e per esempio sa come preparare un caapi. Sulla loro strada in entrambi i viaggi incontrano una missione cattolica. La prima volta è gestita da un cappuccino spaventoso che governa i bimbi come fossero piosseduti, anni dopo invece la missione si è trasformata in uno stravagante luogo di culto di un novello messia. Tribù indigene trattate con rispetto nonostante momenti di incomprensioni e soprattutto foresta, foresta a perdita d'occhio. Allo spettatore cinematografico affiorano echi di Aguirre e Fitzcarraldo, Mission e Apocalypse Now (a tratti il racconto sembra davvero ricalcare Cuore di tenebra di Conrad).
Ma Guerra ha un approccio suo personale e singolare, a partire dalla prima apparente bestemmia: un film ambientato in un paesaggio dalle mille suggestioni girato però in bianco e nero (solo qualche momento di grafica allucinogena è colorato). Perché protagonista è la foresta, ma prima ancora i suoi abitanti originari. Per questo quando appaiono sono folgoranti. Karamakate giovane è interpretato da Nilbio Torres, etnia Cubeo, coperto da un semplice perizoma è una magnifica scultura. Da anziano il personaggio è affidato a Ta'fuiyama (ultimo rappresentante della sua etnia, un misto tra Ocaina e Huitoto), mentre Manduca è Yauenk Migue, questi ultimi hanno preferito il loro nome originale a quello rispettivamente di Antonio Bolivar e Miguel Dionisio dato loro da un prete cattolico. Il belga Jan Bijovet e lo statunitense Brionne Davis completano il cast.
Antonello Catacchio, il manifesto, 26/2/2016

Critica (3):

Critica (4):
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