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Joe


Regia:Green David Gordon

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di Larry Brown; sceneggiatura: Gary Hawkins; fotografia: Tim Orr; musiche: David Wingo, Jeff McIlwain; montaggio: Colin Patton; scenografia: Chris Spellman; arredamento: Helen Britten; costumi: Jill Newell, Karen Malecki; interpreti: Nicolas Cage (Joe Ransom), Tye Sheridan (Gary Jones), Gary Poulter (Wade Jones), Ronnie Gene Blevins (Willie Russell), Heather Kafka (Lacy), Sue Rock (Merle), Adriene Mishler (Connie), Brenda Isaacs Booth (Madre Jones), Aaron Spivey-Sorrells (Sammy), Anna Niemtschk (Dorothy), Erin Elizabeth Reed (Cathy), Dana Freitag (Sue), John Daws (John Coleman), Lazaro Solares (Henry); produzione: Lisa Muskat, David Gordon Green, Christopher Woodrow, Derrick Tseng per Worldview Entertainment-Dreambridge Films-Muskat Filmed Properties-Rough House; distribuzione: Movies Inspired; origine: Usa, 2013; durata: 117’.

Trama:Un avvincente connubio di amicizia, violenza e redenzione esplode nei selvaggi boschi del sud. L'ex detenuto Joe Ransom è un uomo collerico con una vita dura alle spalle, che sta solo cercando di dominare il proprio istinto a cacciarsi nei guai. L'incontro con Gary Jones, un ragazzino sfortunato, risveglierà in lui il fiero protettore dal cuore tenero mettendolo, però, di fronte a una scelta che potrebbe essere motivo di riscatto o di rovina...

Critica (1):Il ponte usato come rappresentazione figurata del legame, e allo stesso tempo della distanza, tra due opposti (tra l'adolescenza e la maturità, tra il vecchio e il nuovo, tra il bene e il male e così via) e del loro eventuale superamento è uno dei più ricorrenti elementi del dizionario di simboli a cui il cinema (soprattutto americano) fa ricorso. E precisamente su un ponte si svolgono due scene chiave (tra cui il finale) di Joe, che
è esplicitamente centrato sul contrasto tra bene e male, sul crinale che li separa e sulla difficoltà di mantenersi dalla parte giusta. L’America profonda, dove case e baracche isolate sono separate da grandi distanze da percorrere su pick-up scassati, dove armi, bevute e scazzottate sono all'ordine del giorno, diventa, ancora una volta, in questo film dalla partenza lenta e apparentemente sfocata, ma dalla progressione inesorabile e coinvolgente, luogo in cui si svolgono conflitti fondamentali, nei quali può rispecchiarsi chiunque, anche se la sua vita scorre ben lontana da quel mondo, da quei personaggi e da quelle situazioni. Joe (Nicholas Cage) è un good man come una volta, una sorta di cowboy fuori dal tempo: un capo che dà la giusta paga a chi lavora e che guarda dritto negli occhi di chi gli parla. Ma è anche un uomo che non riesce ad adattarsi alla legge, a regole che gli vengano imposte da un'autorità esterna, impersonale (che è il modo in cui la modernità risolve il problema della giustizia). Un uomo che ha sempre una pistola a portata di mano e che tiene un cane killer come guardia della sua proprietà e che è pronto a far uscire la parte più violenta di sé ogni qual volta qualcuno si azzardi a provocarlo. A confrontarsi con il bene e il male non è solo Joe. Ci sono anche altri due personaggi, un ragazzo e il padre di quest'ultimo, un vecchio alcolizzato. I tre appaiono in realtà come diverse facce dell'essere umano di fronte al problema della scelta. Il vero protagonista è Joe – sfaccettato, complesso, tormentato – che sta in mezzo agli altri due personaggi – il giovane e la sua adamantina aspirazione al bene e il vecchio, che ormai ha perdutamente scelto il male – più unidimensionali. Fra di loro compare anche una specie di incarnazione luciferina che tenta il protagonista, stuzzicandolo con le sue gratuite provocazioni a far emergere la parte oscura di sé, e che tenta (senza riuscirvi) anche il ragazzo (sul ponte) e poi (con facilità) il vecchio.
David Gordon Green utilizza con abilità elementi di un paesaggio e di un campionario umano che il cinema ci ha mostrato tante volte e riesce a disegnare un protagonista (eroico e perdente allo stesso tempo, giusto ma irrimediabilmente asociale) di notevole forza. Lo spettatore che aspettasse questo film per quando uscirà in sala deve essere però avvertito che – con tutta probabilità – il doppiaggio farà perdere le sonorità originali, essenziali per la creazione del suo significato: quando si esprimeranno in un italiano medio i personaggi inevitabilmente appariranno più piatti di quel che in realtà sono.
Rinaldo Vignati, Cineforum n. 528, 10/2013

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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