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Testimone d'accusa - Witness for the Prosecution


Regia:Wilder Billy

Cast e credits:
Soggetto: dal testo teatrale di Agatha Christie; sceneggiatura: Billy Wilder, Harry Kurnitz; fotografia: Russell Harlan; musiche: Matty Malneck; montaggio: Daniel Mandell; scenografia: Alexandre Trauner; arredamento: Howard Bristol; costumi: Edith Head, Joe King; interpreti: Tyrone Power (Leonard Steven Vole), Marlene Dietrich (Christine Vole), Charles Laughton (Avvocato Robarts), Elsa Lanchester (Miss Plimsoll), John Williams (Brogan-Moore), Henry Daniell (Mayhew), Ian Wolfe (Carter), Torin Thatcher (Myers), Norma Varden (Emily Jane French), Una O'Connor (Janet McKenzie), Francis Compton (il giudice), Philip Tonge (Ispettore Hearne), Ruta Lee (Diana); produzione: Arthur Hornblow Jr., Edward Small per Edward Small Productions; distribuzione: Lab80; origine: Usa, 1957; durata: 114'.

Trama:Vole, un gentiluomo inglese, è accusato di aver assassinato una ricca vedova. Il testamento dell'uccisa, steso pochi giorni prima della sua morte, nomina erede di una notevole fetta di patrimonio proprio il presunto assassino. Il caso di Vole interessa vivamente un celebre avvocato, sir Wilfred Roberts, che, convinto dell'innocenza dell'imputato, malgrado la sua età non più giovane e le sue precarle condizioni di salute, ne assume la difesa..

Critica (1):Leonard Vole (Tyrone Power), accusato di aver ucciso una donna, si rivolge per la propria difesa all'avvocato Robarts (Charles Laughton ), famoso, ma oramai piuttosto malandato di salute (è appena scampato da un serio attacco cardiaco). Nonostante che i medici gli abbiano tassativamente proibito di affaticarsi, emozionarsi, e comunque di lavorare (tanto da avergli costruito un incredibile trabiccolo per gli spostamenti su e giú per la scala all'interno dell'appartamento), Robarts accetta l'incarico. Perché? La spiegazione ufficiale è che Leonard "è simpatico", Robarts vuole aiutarlo: in realtà, ciò da cui Robarts vuole difendere Leonard non è tanto l'accusa di omicidio, quanto l'insidia della donna, che l'avvocato crede di scorgere nel comportamento ancora ambiguo della moglie di
Leonard, Christine (Marlene Dietrich ), colei che dovrebbe essere chiamata a confermare con la sua testimonianza l'alibi del marito. Alla corrente di simpatia Robarts-Leonard corrisponde dunque il simultaneo stabilirsi d'una corrente d'antipatia Robarts-Christine. Christine è una straniera, una bella donna, è piú anziana di Leonard, ha modi cortesi ma freddi e riservati: Leonard l'ha sposata mentre era militare a Berlino, durante la guerra, ed è chiaro (alcuni flash-back berlinesi si danno carico di informarcene) che la donna " ha un passato ". Ambigua, fredda, calcolatrice, Christine si contrappone dunque, nella simpatia di Robarts, all'ingenuo e sincero Leonard (cui Tyrone Power presta la sua faccia piú indifesa). Robarts diffida dunque di questa testimone a discarico, teme già, intuisce, il suo voltafaccia, il suo trasformarsi in testimone d'accu.sa, e comincia subito a predisporre contromisure: certo, ciò di cui nel fondo veramente diffida, è il suo essere donna, nello stesso movimento con il quale insolentisce e martirizza la povera infermiera, miss Plimsoll (Elsa Lanchester), ingannandola con un altro di quei tipici contenitori-trappola wilderiani: il thermos per il cioccolato caldo, riempito, invece, di proibitissimo whisky.
L'"istinto" di Robarts non sbaglia (e come potrebbe, in fondo, sbagliare un istinto?): Christine, al processo, si trasformerà in testimone d'accusa, non confermerà l'alibi del marito, tra la costernazione di questi; ma l'intelligenza dell'avvocato trionfa, mette alle strette Christine, la costringe a confessare di aver mentito. Alla fine, Leonard è assolto, pienamente scagionato.
Qual è stato il ruolo giocato proprio dall'intelligenza di Robarts? Un avvocato meno bravo, meno acuto, non avrebbe fatto al caso di quella che ora, paradossalmente, si rivela una macchinazione ideata dalla coppia Leonard-Christine: Christine voleva salvare Leonard, dato che l'ama, ma chi crede alla testimonianza favorevole d'una moglie innamorata? Come non credere, invece, alla verità faticosamente strappata dall'abilità d'un bravo avvocato alle labbra ostinate d'una donna che mostra addirittura di odiare suo marito? La menzogna di Christine, che non sarebbe stata
creduta se presentata come verità, diventa credibile nel momento in cui si presenta come menzogna smascherata: una menzogna si traveste da verità travestita da menzogna, il gesto dello smascheramento è il gesto stesso dell'occultamento, e Robarts ne è l'inconsapevole tramite, fallendo proprio perché riesce. Allo stesso modo, Sherlock Holmes, indagando brillantemente sugli enigmi che circondano la bella Gabrielle Valladon, non sa di svolgere il lavoro di spionaggio cui lei stessa l'ha spinto: la sua riuscita è la sua sconfitta, tanto peggiore se anche la donna, alla fine, non godrà la vittoria, finendo comunque fucilata. Holmes si ritirerà di nuovo nel mondo della droga, dal quale era provvisoriamente uscito grazie a Gabrielle; l'avvocato Robarts, personaggio di stampo meno decadente, e piú corposo, reagisce allo sbalordimento della rivelazione. Con un'ultima piroetta finale, Leonard si toglie la seconda maschera: non solo ha ucciso davvero, ma ora che è stato assolto grazie alla moglie, intende lasciarla per mettersi con una ragazza più giovane; Christine lo uccide, nell'aula stessa del tribunale, e Robarts assumerà ora la sua difesa: non può non farlo, dopo quanto è successo, e al diavolo gli attacchi cardiaci. Preso nella trappola del suo stesso spirito, il cervello raziocinante è dunque lo zimbello del gioco di maschere che costituisce il reale: " La maschera fa credere a una profondità, ma ciò che nasconde è se stessa: simula la dissimulazione per dissimulare che non è altro che simulazione " (J.-L. Baudry, Scrittura, finzione, ideologia...).
Alessandro Cappabianca, Billy Wilder, Il Castoro Cinema, 6/1976

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Billy Wilder
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