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Identificazione di una donna


Regia:Antonioni Michelangelo

Cast e credits:
Soggetto: Michelangelo Antonioni; sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Gerard Brach, Tonino Guerra; fotografia: Carlo Di Palma; musiche: John Foxx, Christopher Franke; montaggio: Michelangelo Antonioni; scenografia: Andrea Crisanti; interpreti: Tomas Milian (Niccolo' Farra), Daniela Silverio (Mavi) Christine Boisson (Ida), Sandra Monteleoni (Sorella di Mavi), Enrica Fico (Nadia), Veronica Lazar (Carla Farra), Italico Nardulli (Lucio), Marcel Bozzuffi (Mario), Paola Dominguin (Ragazza alla finestra), Lara Wendel (Ragazza della piscina), Arianna De Rosa (Amica di Mavi), Pierfrancesco Aiello (Uomo giovane alla festa), Luisa Della Noce (Madre di Mavi), Sergio Tardioli, Carlos Alberto Valles; produzione: Giorgio Nocella, Antonio Magri; origine: Italia, 1982; durata: 155'

Trama:Un regista cinematografico, due donne, l’impossibilità pratica di penetrare la psicologia delle due donne perchè sia lui, Niccolò, sia le due donne, Mavi e Ida sono mondi distanti o universi paralleli e contigui con i quali sono possibili solo teorici scambi ma non contatti profondi.

Critica (1):(…) Per il lancio pubblicitario del film, a Cannes, fu inventato un mini-puzzle: cinquantotto cartoncini che combinati a dovere formano l'immagine di due volti femminili dietro la grata di un labirinto. Già dicemmo che il gioco ci sembra azzeccato. Il film simbolizza infatti assai bene il carcere tortuoso in cui siamo costretti ad aggirarci, murato in un'enigmatica galassia. Forse come non mai Antonioni alza bandiera bianca di fronte al mistero dell'uomo e della natura. In attesa del giorno in cui capiremo la struttura dell'universo, dobbiamo rassegnarci a vivere in uno stato di conflittualità permanente con noi stessi e con gli altri, o se no arrenderci alla solitudine e lavorare di fantasia.
Si direbbe che altro non resti a Niccolò Farra, regista di cinema nella Roma di oggi. Vagamente intenzionato a fare un film di cui sia protagonista una donna, separatosi dalla moglie per ora amoreggia con Mavi, un'aristocratica che a letto ha qualche complesso ma dice di volergli bene. Il loro rapporto non è affatto facile, e sgradito a qualcuno che con velate minacce cerca di persuadere Niccolò a lasciar perdere la ragazza. Invece Mavi gli presenta i suoi amici di sangue blu, si fa portare in una casa di campagna, e per un paio di mesi sta con lui, sebbene alternando tenerezze a litigi. Uscita di scena Mavi (intanto Niccolò ha saputo che la donna ha avuto anche esperienze saffiche), le subentra Ida, una giovane attrice di origini modeste. Le cose non vanno meglio: i due si incontrano qua e là, sembrano amarsi, ma l'uomo continua a essere inquieto. Sa di essere ancora pedinato da uno sconosciuto, sospetta di tutti, e torna in cerca di Mavi. Vi rinuncia quando scopre che Mavi ormai vive con un'altra donna, e parte con Ida per Venezia. Anziché una vacanza d'amore è un viaggio nell'inferno. Ida infatti gli confessa che aspetta un bambino da un altro. Sicché l'uomo la abbandona, e se ne torna tutto solo nella sua casa di Roma. Al contrario di quanto forse sperava, questi due incontri con Mavi e con Ida non gli hanno chiarito le idee sul film che vorrebbe fare. L'una e l'altra gli sono sembrate troppo lucide per potersi confondere in un unico personaggio femminile che esprima la sua necessità di vivere in sintonia con i propri sentimenti confusi. Perciò chiude gli occhi e pensa a un film di fantascienza, con un'astronave che vada verso il sole a carpire al fuoco la ragione ultima del cosmo, il meccanismo delle cose e degli affetti.
Nato da un soggetto dello stesso Antonioni (che lo ha anche montato, e sceneggiato insieme a Gérard Brach e a Tonino Guerra), Identificazione di una donna è prima di tutto la fotografia del dedalo di idee e stati d'animo in cui si trova, per interposto Niccolò Farra, il nostro Antonioni. Convinto di vivere in un'epoca corrotta e violenta, egli ce ne propone a ciglio asciutto non un cifrario ma una registrazione. Noi non sappiamo che cosa rimugini il suo Niccolò, sempre di malumore e sulla difensiva, né quali siano le motivazioni remote delle sue donne. Ne vediamo però i comportamenti, conosciamo gli ambienti in cui le figure soffrono il proprio disagio: siano i saloni d'una villa nobiliare, un'autostrada inghiottita dalla nebbia, un vecchio casolare abbandonato, le spoglie pareti delle case moderne o la triste laguna invernale. E indoviniamo le contraddizioni, le tensioni segrete fra i personaggi. Antonioni non giudica né recrimina. Alternando i rintocchi funebri agli scatti di rabbia, sottoscrive il verbale di un impotente che non ha più gli strumenti per penetrare i risucchi della storia né per osservare in fertile silenzio la natura, ma è ancora affamato di calore. E dunque, deluso nella speranza di far coppia con una donna che condivida la sua passione (è per questo che invidia due noti terroristi), s'inventa un viaggio cinematografico nelle galassie: un'astronave in cui può identificarsi il reale e l'ideale.
A suo modo, un film d'amore, benché Antonioni dica di non saper più cosa amore significhi, semmai sostituito dal volersi bene. Realizzato con uno stile che non gli procura il consenso degli spettatori avvezzi agli sceneggiati televisivi, tuttavia è aderente alla storia tinta di giallo e grigio (ma la fotografia di Carlo di Palma ha luci bellissime), sempre inteso all'essenziale anche quando i personaggi si contraggono in puri spazi fisici e dicono battute non proprio felici, o sono il controcanto d'un'impalpabile ricerca di valori figurativi. Le giova una seconda lettura a distanza di vari mesi. Suppone d'averne potuto cogliere meglio pregi e difetti: né pochi né lievi.
Le emozioni offerte dal film sono ancora una volta d'ordine subliminale, riepilogate in uno stato apprensivo e nevrotico, espresso in scene di forte valenza simbolica: l'autostrada sommersa nella nebbia, le scale a chiocciola, la casa costruita sul vuoto. ldentificazione di una donna porge anche altri spunti, persino autoironici e naturalmente psicanalitici (due o tre luoghi scabrosi sono inchini alla moda dell'erotico), ma la sua piena sostanza resta radicata nella poetica antonioniana dell'alienazione, quale espressero al meglio L'avventura, La notte, L'eclisse. Tornato a girare una storia italiana dopo l'esperimento elettronico compiuto col Mistero di Oberwald, Antonioni continua ad avere il coraggio delle proprie debolezze, a rappresentare a suo modo una verità razionalmente indecifrabile. È vibratile come una sensitiva e tenace come una quercia. La domanda che ci poniamo è se qui il contenuto non sia ormai la forma, se l'eleganza delle immagini, la secchezza del montaggio, l'uso delle ottime musiche di John Fox, il sobrio tessuto di sguardi e di parole, e queste atmosfere sospese nel freddo, insomma i meriti grandi di un Antonioni per niente invecchiato come maestro di cinema, non siano le prove di un virtuoso che ripete il suo verso d'intellettuale e si distacca dalle emozioni proprio per un eccesso di rarefatto nitore visivo.
Ci chiediamo alla fine se l'esito dubbioso del film non sia dovuto alla scelta degli interpreti: un Tomas Milian costretto a contrarre il suo temperamento in una maschera poco congeniale, una Daniela Silverio molto sgradevole, nella parte di Mavi, una Christine Boisson volenterosa ma gracile. Nei panni della ragazza della piscina è invece buona l'apparizione di Lara Wendel: un tocco di improntitudine in un mazzo di personaggi che sfuggono d'ogni parte, metafora d'un cinema vivo perché insoddisfatto.
Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera, 22/10/1982

Critica (2):[...] Identificazione di una donna, primo film (su pellicola) girato in Itali dopo Deserto rosso. Antonioni riprende volutamente una situazione decantata rapporti di coppia) e alcune emergenze tematiche già attraversate; aggiunge però naturalmente alcuni elementi nuovi. Investe ancor più il personaggio maschile (Niccolò) di significati emblematici, perché ne fa un regista che cerca di costruire un film: la crisi, dunque, investe la sfera esistenziale e quella professionale, che sempre più tendono a interferire, a sovrapporsi e quasi a confondersi. Di fronte, o accanto, ci sono due personaggi femminili che articolano la problematica della difficoltà: Mavi, mobilmente irrequieta, la cui scomparsa lascia interrogativi e ferite, e Ida, che propone un rapporto più "piano", e che per questo provoca le punte più drammatiche del film (il distacco finale). Sullo sfondo si muovono due figure complementari, la sorella di Niccolò e l'amica di Mavi incontrata in piscina, due generazioni e due modi di porsi di fronte ai sentimenti.
Su questo traliccio di racconto Antonioni sembra voler riandare al già conosciuto, con l'intento di riproporre ma forse anche di liberarsi. Nella storia c'è infatti qualcosa che pesa (sovrabbondanze e didascalismi), e l'autore stesso sembra aver percepito la difficoltà, alla fine del film ha infatti dichiarato: «Vorrei liberarmi dalla cappa dei sentimenti per stare più sui fatti. Vorrei sentirmi sollevato dal grande peso di dover esprimere dei sentimenti, avere meno preoccupazioni per quello che è lo snodarsi delle vicende, lasciare insomma che siano i fatti a parlare».
Il vero centro di interesse di quest'ultima opera andava già chiarendosi in questa direzione; i ritorni tematici cercavano di avere il senso della ridiscussione, e avevano proposto uno spostamento: il personaggio femminile infatti perno di altri film e anche di questo, è qui però anche il perno del film da fare «Non conosco ancora la storia - dice Niccolò - ma so che il personaggio principale è una donna, un sentimento che ha forme femminili». Nella vita, parimenti, è alla ricerca di una donna. Raccontare, e raccontare per immagini, pone il problema del rapporto tra il fatto e il suo riflesso, e - per mediazioni successive - tra finzione e realtà. L'interrogativo che resta al fondo di Identificazione di una donna sembra questo. Per avviare a questa domanda complessa e "antica" occorreva proprio partire dal riflesso, cioè dallo stile. Dilatare indicazioni di film precedenti voleva dire allora praticare la variazione. Mostrare e raccontare sono ancora le due categorie con cui cimentarsi, con cui confrontare il proprio cinema. Gli elementi della narrazione già conosciuti (il "giallo") vengono forniti quasi subito, così come il taglio dello spazio, prima e sopra il personaggio fin dai titoli di testa. La cifra iniziale proietta in seguito i suoi connotati: i luoghi ("cercare un personaggio significa cercare dei luoghi, dei fatti", dirà poi Niccolò), i comportamenti, i tempi lunghi della descrizione. Antonioni ripropone nuclei narrativi in parte già percorsi (la "scomparsa" di Mavi ricorda naturalmente L'avventura), si inoltra in ambienti conosciuti al suo cinema (il ricevimento), si affida a spie indicative (l'erotismo, qui affrontato con alcune "arditezze"); su questa via si pongono alcune citazioni (il dialogo con Ida al galoppatoio), o suggestioni figurative, come la duplicazione degli specchi in alcune sequenze (si pensi, ad esempio, alla conclusione della prima lunga scena d'amore). Ci sono in particolare delle presenze significative, soprattutto la pregnante insistenza sulla fotografia come fattore "da cui partire": la foto su «Time» provoca la ricerca di Mavi, e più ancora l'attenzione viene portata sull'immagine (le foto appese, il ritratto di Louise Brooks attaccato alla finestra) concepita come grumo iniziale della storia progettata da Niccolò. Più volte Antonioni ha ribadito come alcune immagini siano state il momento originario di un film; paradossalmente, ma non tanto, ha detto che il soggetto del Grido gli venne in mente guardando un muro. Il regista non disdegna poi le punte «forti» del racconto, come la rivelazione della paternità; d'altro canto già Professione: reporter partiva da un fatto eccezionale. Accanto a queste articolazioni si vanno ponendo, e progressivamente rivelando come prioritarie, le spinte allo stemperamento: spazi che si aprono e si prolungano, o si chiudono (vetri, finestre), azioni osservate a lungo fino a ridursi a gesti, rumori, sguardi, come nella citatissima sequenza nella nebbia.
Giorgio Tinazzi, Michelangelo Antonioni, Il Castoro cinema, 1995

Critica (3):

Critica (4):
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