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Muro di gomma (Il) - Muro di gomma (Il)


Regia:Risi Marco

Cast e credits:
Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Andrea Purgatori, Stefano Rulli; fotografia. Mauro Marchetta; montaggio: Claudio Di Mauro; musica: Francesco De Gregori; scenografia: Massimo Spano; costumi: Roberta Guidi Di Bagno; interpreti: Corso Salani (Rocco F.), Angela Finocchiaro (Giannina), Eliana Miglio (Anna), Bruno Vetti (Matteo Girdani), Gianfranco Barra (il Ministro della Difesa), Ivo Garrani (il Capo di Stato Maggiore), Luigi Montini (il Generale portavoce), David Zard (l'agente segreto); produzione: Maurizio Tedesco, Mario e Vittorio Cecchi Gori per Trio Cinema e Televisione; distribuzione: Penta; origine: Italia, 1991; durata: 120'.

Trama:Risi racconta la storia di Rocco, un giornalista del Corriere della Sera che seguì per dieci anni l'evoluzione delle indagini sull'incidente che vide coinvolto il volo civile IH870 della compagnia Itavia, nel quale morirono 81 persone

Critica (1):Marco Risi del sentimento di realtà che impregna il suo cinema, dopo Mary per sempre e Ragazzi fuori con Il muro di gomma ne ha fatto un problema teorico. Ma per l'istinto naturale che ha, la franchezza di artigiano che lo guida nel lavoro, quel sapere curare gli ambienti con fiuto sicuro quel mettere i personaggi ciascuno al suo posto senza sbavature, del suo problema non ha fatto esibizione, non ce l'ha sbattuto in faccia con tanto di esclamativi. Ma qual e questo problema? Il cinema puo testimoniare la realtà, mi sembra pensi Risi, a patto di raggiungere un equilibrio giusto fra rappresentazione degli eventi una rappresentazione fedele e persino elencatoria, e la rappresentazione per nulla invadente di una psicologia che di quegli eventi è il filtro drammatico.
Ormai i lettori sapranno che ne Il muro di gomma Risi non fa sulla tragedia di Ustica ipotesi che oltrepassino il già noto. Anzi, la forza del film e di ribadire il già noto, e mostrare quanto per lo meno mortificante per la collettività, senza aggiungere una virgola, sia stato, sia, il comportamento dei politici e degli alti gradi militari sulla questione. Il problema, dunque, era quello per il film di riuscire a spostare più in là l'asse d'attenzione, di suggerire senza strafare un ulteriore interrogativo che da tutto il contesto della tragedia di Ustica può emergere.
A Risi questo spostamento, chiamiamolo così, è riuscito. Nel raccontarci di Ustica, il regista si chiede, per sé, per la generazione cui appartiene, ed ha ragione, e se lo chiede per tutti noi, si chiede dicevo: insomma, che paese ci mette fra le mani la classe dirigente che lo governa, che paese ha voluto disegnare la generazione che ci ha preceduto? Questa generazione, questa classe dirigente, che vediamo all'improvviso tutta raccolta nella immagine tv del giuramento di Francesco Cossiga presidente, perché vuole che questo sia un paese di programmate menzogne, di avvelenate e velenose omertà, di misteri che incidono a sangue il corpo di un intero popolo? Il muro di gomma si Ferma alla domanda, ed è giustamente tutto. Devo confessare che ho fatto una qualche fatica ad accettare Corso Salari protagonista del film. Pensavo fosse necessario in quella parte, la parte del giornalista testardo, puntiglioso analista dei fatti, pensavo fosse necessario un attore del carisma collaudato. Ho capito poi che avevo torto. Nella faccia segnata, qualsiasi e no, di Salani, nella sua magrezza spolpata, che talvolta pare solo una stampella appendivestiti, c'è una comune verità che parla assai più di qualsiasi carisma.
Ma, ancora di più che il fisico è la voce di Salani a sbaragliare ogni dubbio, il suo accento toscano che parcellizza le sillabe, e rende palpabile la sofferenza d'analisi di cui il personaggio si fa portavoce, un accento caparbio ironico e doloroso, insidiato dall'astio etico e dalla voglia di capire. Proprio in Salani prende corpo l'interrogativo di cui parlavo sopra, nel senso di stordimento da cui il personaggio e pervaso, nell'ansia anche vendicativa che lo sostiene. Bene: tutto questo non si assomma in questa o quella scena, ma si distende per tutto il film, e gli dà la tinta di onestà accorata che a me è piaciuta molto. Si potrà dire che poco importa la storia sentimentale che lo stesso personaggio patisce (non gli aggiunge niente). Ancora: si potrebbe notare che in alcuni momenti (la sequenza a Parigi, nella piazzetta del Beaubourg, con l'uomo dei Servizi) Risi sembra tentato dal marcare di simbolicità la sua narrazione. Il suo vero stile sta invece altrove: nell'apertura del film, l'aeroporto di Palermo, il mancato arrivo dell'aereo, la lettura dei nomi delle vittime, e poi l'avvio dell'indagine, la scansione di un tempo lugubre e mesto.
Enzo Siciliano, Espresso, 13/10/91

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