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Je vous salue Marie - Je vous salue Marie


Regia:Godard Jean-Luc

Cast e credits:
Soggetto: Jean-Luc Godard; sceneggiatura: Jean-Luc Godard; fotografia: Jacques Firmann, Jean Bernard Menoud; musiche: da Johan Sebastian Bach, Antonin Dvorak, John Coltrane; montaggio: Jean-Luc Godard; interpreti: Manon Anderson (la bambina), Juliette Binoche (Giulietta), Anne Gauthier (Eva), Philippe Lacoste (Gabriele), Johan Leysen (il professore), Jara Kohan Malachi (Gesu'), Thierry Rode (Giuseppe), Myriem Roussel (Maria); produzione: Pegase - J.L.G. - Sara Film - S.S.R. Film - Channel 4; distribuzione: Cineteca Lucana - Ventana; origine: Francia - Gran Bretagna - Svizzera, 1984; durata: 72'.

Trama:Alla vergine Marie, figlia di benzinaio e fidanzata schiva di Joseph, Gabriel annuncia che avrà un figlio. Joseph smania e si dispera, ma grazie all'amore finisce per capire e accettare il figlio non suo.

Critica (1):(...) In Je Vous salue, Marie tutto è trasfigurazione. In un bar, il luogo prediletto dell'incontro urbano, una giovane donna difende la propria castità. Una stazione di servizio, immagine rituale dell'oggi, è la casa di Maria. Tra una partita di pallacanestro appare la luna piena; musica sacra irrompe su situazioni ordinarie. In una boutique Giuseppe viene processato da Gabriele. Un messia bambino già riproduce i gesti della propria missione. Può sembrare un gioco, un divertissement su una favola fatta passare per vera, una volontà di demistificazione. In realtà il film di Godard trascende il pericoloso obbligo del riferimento e si offre come "introspezione" dialettica, come riflessione (grandiosa in senso speculativo) sulla sostanza della riproducibilità cinematografica. (...) Le immagini di Je Vous salue, Marie hanno una costante visiva: sono del tutto prive di profondità di campo. Esse sono internamente spezzate; i piani a fuoco sono ora ravvicinati, ora intermedi, ora lontani. La ripetitività del fenomeno induce a cercare significati, che vanno al di là del semplice rilievo, o privilegio di alcune figure rispetto al contorno. Qui viene investita la natura stessa dell'immagine cinematografica; l'analogia viene disdetta, la "fedeltà" fotografica contraddetta. Un montaggio interno, di origine meccanica, denuncia la variabilità, la precarietà della costruzione, l'arbitrio linguistico. L'immagine mostra una leggerezza, una debolezza che sospendono il senso di appropriazione, la "fiducia" del trasferimento. Esse sembrano sempre sul punto di svanire, di cambiare composizione e disposizione. (...)
Maria non è un soggetto erotico; il suo corpo esprime un desiderio che ella intende contenere dentro di sé, in modo esclusivo. Il rifiuto fisico verso Giuseppe, verso tutti, è la volontà di vivere pienamente un evento eccezionale, che comunque non la allontana dalla sua condizione di donna. Il concepimento del bambino la rende sola, poiché l'essere che porta non appartiene a nessuno. Maria prova la sofferenza di chi non può trovare vicino a sé la corrispondenza dei sentimenti; la sua paura viene da lontano, l'annunciazione dell'angelo è stata violenta, crudele. Maria è un essere unico al mondo; la sua vita è sconvolta e lei non può cercare attorno a sé le ragioni dell'evento. Ella è costretta a rientrare nella propria interiorità e a dialogare con l'eventualità di un dio. Nell'impossibilità di comprendere il mistero, si affida allo sguardo di un essere superiore, alla gioia dell'offerta di sé, alla mistica della sensazione. II corpo sembra perdersi, annullarsi nella imposizione del verbo, nel riparo dell'atto di fede. Ma Maria vuole che l'anima sia corpo; è spaventata dall'essere per forza in rapporto col trascendente; è doloroso conoscere il vero sorriso dell'anima. Un grande peso sul cuore: il mondo è un'ombra, ma anche Dio è un'ombra; è atroce per Maria pensare che in lei non c'è più sessualità. È soffocata dal proprio sacrificio; rifiuta la conoscenza, ma anche il piacere che le darebbe una felicità momentanea. (...)
Godard guarda l'esistenza di Maria con il pudore di un'immagine che ne svela l'intimità e scopre l'emozione "naturale" della femminilità e della disposizione materna. L'essere di Maria non si nasconde, non ha paura dell'incomprensione; la bellezza può essere usata contro la stupidità del mondo, è una giusta violenza. Maria è materia, pulsione, ventre; è soggettività che esige amore, tenerezza, comprensione, sensibilità. La sua figura si proietta in piani che sono sensazioni, affettività; il cinema è l'unico modo per accostare Maria, per avvicinarsi senza toccarla, è l'unico sguardo che può violarla, poiché è fatto di rappresentazione e quindi è portatore di una distanza necessaria. Quello che Maria nega ad un altro corpo, viene percepito dalla macchina da presa, che a sua volta nega l'esistente nella raffigurazione. In questo modo all'oggetto vien meno la prestazione erotica; il cinema spiritualizza Maria e prende atto della disperazione del corpo, destinato sempre ad una esposizione fraintesa. La "violenza" dell'occhio meccanico trapassa così nella tenera insistenza di un atto d'amore. Splendide sono le immagini conclusive; quel primissimo piano di Maria che si mette il rossetto, così concreto nell'amplificazione di un gesto che, per la prima volta, manifesta la donna. E religioso, per la discrezione con cui rivela il mutamento. Una visione dell'interiorità di Maria, che forse ha avvicinato l'assoluto e che ora, nella serena solitudine del ritorno a sé, gioca con la propria immagine e con l'esigenza umana della propria bellezza. (...)
La natura è una categoria, un riferimento ideale per l'intemperanza del pensiero. Essa esiste indipendentemente dall'uomo; rimane come modello di oggettività, anche se è impossibile per l'uomo riprodurne il "punto di vista". Il cinema stesso è talmente impregnato di soggettività. Ancora una volta esso può solo interpretare la natura, guardarne l'imperturbabilità. Ma in Je vous salue, Marie essa è sempre là, come un dio tranquillo che osserva la storia di Maria; come un limite all'artificio, come un giudizio morale.
Angelo Signorelli, Cineforum n. 245, 6-7/1985

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Jean-Luc Godard
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