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Faust - Faust


Regia:Sokurov Aleksandr

Cast e credits:
Soggetto: Yuri Arabov, dalla tragedia omonima di Johann Wolfgang Goethe; sceneggiatura: Aleksandr Sokurov, Marina Koreneva; fotografia: Bruno Delbonnel; musiche: Andrey Sigle; montaggio: Jörg Hauschild; scenografia: Yelena Zhukova; costumi: Lidia Krukova; effetti: Algous Studio; interpreti: Johannes Zeiler (Faust), Anton Adasinsky (strozzino), Isolda Dychauk (Margarete), Georg Friedrich (Wagner), Hanna Schygulla (moglie dello strozzino), Antje Lewald (madre di Gretchen), Florian Brückner (Valentin), Sigurður Skúlason (padre di Faust), Joel Kirby (padre Philippe), Eva-Maria Kurz (Iduberga), Antoine Monot Jr. (frate); produzione: Andrey Sigle per Proline Film; distribuzione: Archibald Films; origine: Russia, 2011; durata: 134’.

Trama:Faust è un pensatore, un trasmettitore di parole, un cospiratore, un sognatore. Un uomo anonimo guidato da istinti semplici: fame, avidità, lussuria. Una creatura infelice e perseguitata che lancia una sfida al Faust di Goethe. Perché rimanere nel presente se si può andare oltre? Spingersi sempre più in là, senza notare che il tempo si è fermato. E passeremo anche noi.

Critica (1):In questi lunghi giorni di festival, anche quando abbiamo incontrato film convincenti o importanti, mai abbiamo avuto la sensazione di «essere vivi», di fare della visione un'esperienza tale da mutare la nostra percezione, mai abbiamo avuto la sensazione di esser stati testimoni e attori di un evento che ci riguardava nel momento stesso che si compiva. Con il Faust questo è accaduto.
Per capire il percorso di Sokurov ci vorrà del tempo e molte visioni, ma quello che possiamo fare adesso è restituirvi una sensazione: essere stati catapultati dentro un universo altro, quasi fosse l'inferno, appunto, e anche se non lo abbiamo capito (!), lo abbiamo vissuto, e ne siamo usciti «vivi».
Nelle scarne note di regia Sokurov scrive che la sua non è una trasposizione cinematografica dal Faust di Goethe, ma è una lettura di quello che rimane tra le righe: «di che colore è il mondo che dà origine alle idee di rilievo? Che odore ha?». Sokurov entra dentro la viscere del mito letterario (tant'è che una delle prime scene è la vivisezione di un corpo umano, laddove il dottor Faust affonda le mani cercando nella fisicità delle interiora una risposta alle sua fame di sapere) e attraverso questo passaggio ci conduce in un altro mondo, fino alle spiagge dell'Ade. Ma è lunga arrivarci e non tutti sono disposti.
Infatti, prima di arrivare all'essenza del film, lo spettatore deve sottoscrivere un patto con il diavolo, deve perdere gli occhi e i sensi, rimanere disorientato. Per arrivare a ciò Sokurov ricorre a tutto il suo mefistofelico armamentario: lenti deformanti, grandangolari, piani obliqui, immagini virate....
Ed è come entrare in un quadro di Brueghel, scivolando nei pori della tela per condividerne l'essenza fino a soffrire una sensazione di soffocamento per la prossimità dei corpi, per l'accavallarsi di voci e suoni in un'orgia fiamminga su di un set tedesco. Faust tenta malamente la sua strada, ma è lui stesso ad essere vanesio, distratto dai morsi della fame, dalle voluttà. Mentre il demonio, cialtrone e sgrammaticato, orribile nel corpo a forma di pera che crea continue flautolenze, non sa che farsene della pietra filosofale.
Sokurov ha inteso il Faust come l'ultima parte della tetralogia sulla natura del potere iniziata con Adolf Hitler in Moloch, proseguita con Lenin in Taurus e terminata con Hiroito in Il sole, tre figure storiche che confluiscono in quella mitica del Faust. Ma cosa ha in comune Faust con questi epigoni del potere? «L'amore per le parole a cui si crede con tanta facilità e una patologica infelicità nell'esistenza quotidiana», è scritto. Ma non è solo questo perché in gioco c'è l'anima fatta a pezzi, venduta da questo novello Ulisse della conoscenza che, in un finale epico, dopo aver lapidato il demonio e stracciato il contratto, pensandosi libero ha inneggiato il suo spirito perso ad andare sempre più al di là. Ma quale anima ha venduto? Quale diavolo oggi si prenderebbe l'animo dell'uomo? Esiste ancora una? Queste sono le domande che si pone oggi Sokurov in questo capolavoro difficile, spietato e meraviglioso che termina tra i geiser islandesi (una scelta di set che non è solo estetica, ma anche politica e geografica... la fine del mondo) e che inizia non a caso con una immagine dall'alto della città tedesca dove il dottor Faust inizia il suo viaggio, immagine equivalente all'omonimo film di Murnau, una delle tante rivisitazioni del mito letterario. Ma ancor prima dell'inizio, uno specchio cala dal cielo tenuto da tenui fili in un'immagine ermetica tra Dalì e Magritte, forse l'occhio eterno di Dio che scruta il mondo in uno specchio. Ma questo è solo l'inizio!
Dario Zonta, L’Unità, 9/9/2011

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