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Diritto del piu forte (Il) - Faustrecht der Freiheit


Regia:Fassbinder Rainer Werner

Cast e credits:
Soggetto, sceneggiatura
: Rainer Werner Fassbinder, con Christian Hohoff; fotografia: Michael Ballhaus; musica: Peer Raben; montaggio: Thea Eymèsz; scenografia: Kurt Raab; interpreti : Rainer Werner Fassbinder (Franz Biberkopf), Peter Chatel (Eugen), Karlheinz Böhm (Max), Rudolf Lenz (avvocato), Karl Scheydt (Klaus), Hans Zander (Springer, barista), Kurt Raab (Wodka-Peter), Adrian Hoven (padre di Eugens), Ulla Jacobsen (madre di Eugens), Irm Hermann (Madame Chérie), Katharina Buchhammer (Madame Isabelle), Ursula Strätz (Madame Antoinette), Christiane Maybach (Hedwig, sorella di Franz), Harry Baer (Philip), Bruce Low (medico), Lilo Pempeit (vicina); produzione: Tango-Film / City Film; origine: Germania Occidentale,1974; durata :123'.

Trama:Storia d'amore e di sfruttamento tra Fox, giovane sottoproletario che vede cambiare il proprio destino in seguito alla vincita di mezzo milione di marchi, e Eugen, figlio di un piccolo industriale. L'incompatibilità sociale tra i due è molto forte. Eugen cerca di cambiare modi e mentalità di Fox per adeguarlo alla sua nuova condizione di "ricco", ma quest'ultimo, riluttante, non capisce il senso di quelle che ritiene delle complicazioni sociali e pubbliche. Il rapporto fra i due arriva fatalmente al punto di rottura con risvolti economici pesanti per Fox umiliato e disperato.

Critica (1):[...] Il rapporto di sfruttamento capitalistico, i modi della sua riproduzione, si rivelano come il vero oggetto d'indagine con cui Fassbinder intende misurarsi. Il fatto che il regista tedesco abbia scelto di applicare questa sua analisi all'ambiente degli omosessuali mostrando come coloro che si autorappresentano quali vittime di una certa struttura sociale possano diventare a loro volta oppressori, e quindi strumenti del mantenimento della medesima struttura, rispecchia la sua scelta rigorosa di mostrare come la responsabilità della violenza non stia solo nelle mani di chi la porta ma anche in quelle di chi ne è fatto oggetto. Non è una novità che Fassbinder ha sviluppato questo discorso mettendo in scena non solo la minoranza omosessuale, ma anche altre, come quella ebrea nella società tedesca o la "minoranza" (ovviamente non intesa in senso numerico) della donna in un sistema strutturato secondo i valori riconosciuti dal potere maschile. Scelta scomoda, che lo ha condotto spesso ad essere frainteso, odiato, minacciato. Nel caso di Il diritto del più forte, la posizione assunta da Fassbinder è ancora più radicale: questa volta la sua accusa agli omosessuali non è di semplice passività di fronte alla violenza di cui sono fatti oggetto, ma, come già accennato, di partecipazione attiva alla conferma e al rafforzamento di una classe economica - culturale - sociale che ha determinato e determina, con la propria gestione del potere, la ghettizzazione dell'omosessuale medesimo. "Cercano, in modo ancora più cosciente della borghesia, di comportarsi come borghesi". (Cahiers du cinema, n. 322, intervista a Rainer W. Fassbinder))
Il piano di Eugen (ma, si tratta davvero di un piano? la vicenda assume, nei suoi momenti salienti, più l'ineluttabilità di un processo "naturale" che i tratti di una speculazione programmata freddamente) non rivela da parte sua alcuna crudeltà nei confronti di Fox, così come la partecipazione di quest'ultimo alla realizzazione della propria rovina è tutt'altro che il frutto di una costrizione. È lui stesso, anzi, che propone le principali operazioni, che alla fine gli si rivolgeranno contro: dall'acquisto della casa, al prestito, al proprio lavoro materiale nella stamperia. La logica dello sfruttamento della ricchezza altrui, che ha portato il capitale a dirigere le vicende della storia contemporanea trova in lui un inconsapevole ma diligente complice: Fox, in quanto persona, viene identificato con il proprio denaro, e insieme ad esso non può che essere oggetto d'investimento, polo negativo di un rapporto di dominio che si realizza congiungendo definitivamente economia e sentimenti.
La dinamica che presiede la realizzazione di questo rapporto è di una semplicità esemplare, quasi da manuale di economia politica, e si presta perfettamente ai modi del melodramma classico, in cui, come tutti ormai sanno, Fassbinder ha trovato il proprio riferimento cinematografico più consono al denudamento della tragicità dei rapporti umani governati dalla volontà di sopraffazione e dalla paura della verità. È proprio dall'accostamento tra questo genere narrativo e la materia del racconto che deriva una struttura scarna ed elementare, che non vuole lasciare concessioni ad ambiguità o raffinatezze psicologiche. Il diritto del più forte si presenta con la forza di un manifesto in cui l'autore prende posizione in modo definitivo, non a caso scegliendo se stesso come interprete del personaggio protagonista destinato a rimanere schiacciato da una violenza che pure per poco aveva creduto di poter dimenticare grazie alla realtà dei propri sentimenti.
R. W. Fassbinder è senza dubbio, tra quegli autori comunemente considerati i più importanti rappresentanti del nuovo cinema tedesco il più legato alla realtà sociale e culturale della Germania contemporanea. Lui stesso ha più volte affermato e confermato la sua intenzione di muoversi in questo ambito, e questa scelta è diventata una cifra stilistica tra le più importanti che contraddistinguono la sua produzione, almeno fino a oggi. Il diritto del più forte non tradisce questa scelta: è la Germania della prima metà degli anni Settanta ad esservi rappresentata in modo impietoso, la sua ricchezza ostentata e generatrice di privilegi e di conflitti, la sua povertà culturale nascosta dietro un consumo superficiale di mode culturali e di estetizzanti richiami rétro, e comunque dietro un cattivo gusto che vorrebbe presentarsi come raffinatezza di modi e di pensiero. In questo senso l'identificazione tra omosessuali e la borghesia che promuove questa forma di consumo culturale è veramente totale: i vestiti, le automobili, gli oggetti di cui si circondano sono le spie di una volontà di mimetizzazione con l'ostentazione borghese della ricchezza, che li possa rendere accetti a un sistema che richiede complicità in cambio del riconoscimento. Lo stesso Fox, che alla fine provocherà con la propria presenza la rottura definitiva destinata a ritorcersi contro di lui, accetta in precedenza di vivere tra le forme dell'agiatezza borghese: l'appartamento d'alto rango, i mobili antichi, l'auto sportiva di lusso, la prevedibile vacanza in Marocco. Gli oggetti, in questo processo di assimilazione, acquistano un'importanza di primo piano. Già l'approccio iniziale, ('"aggancio" che fa conoscere a Max la "testa parlate" è tutto ritmato dall'espressività dei congegni di una grossa automobile: l'ammiccamento dei fari e dei vetri a regolazione elettrica. A partire da questo momento, agli occhi dello spettatore si svela progressivamente un ambiente sociale in cui più delle persone importano gli oggetti che le qualificano e il rapporto rigidamente codificato che queste persone devono intrattenere con essi. Un'appartamento allora non è altro che l'insieme delle regole di comportamento da osservare per viverci; i mobili sono in realtà status symbol il cui accostamento è solo apparentemente prova di creatività arredatrice, ma in realtà strumento di repressione di ogni spontaneità; un pranzo, da momento di confidenza e di familiarità, si trasforma in percorso di guerra dove innumerevoli trabocchetti scattano e umiliano chi non è capace di intrattenersi in modo "adeguato" con gli oggetti (menù, posate, stoviglie) che ne scandiscono lo svolgimento. L'istintività di Fox esce sconfitta e mutilata dallo scontro con questo culto dell'esteriorità e del formalismo: nonostante il suo impegno, le difficoltà che continuamente gli si parano davanti finiscono con l'avere regolarmente ragione di lui. Gli stessi vecchi amici del bar gli sembrano superiori, nella capacità di intrattenere rapporti proficui e comunque non conflittuali con l'ambiente da cui lui risulta continuamente ferito. A costoro mancano forse i mezzi economici, ma non la mentalità: sono molto più borghesi di quanto la loro condizione contingente possa permettere loro. Anche ad essi Fox tragicamente si contrappone, identificandosi così tout court con Fassbinder stesso, e confessando così la propria doppia natura di personaggio interno al racconto e di presenza inquieta dell'autore, che dall'esterno si pone in gioco provocatoriamente, esponendosi.
"Nei divorzi le persone non sono più capaci di separarsi dicendo: non andiamo più d'accordo; sono attaccati al denaro: tu mi devi ancora dei soldi, ecc. Molte cose che potrebbero essere dette dal punto di vista degli affetti non lo sono perchè questo spaventerebbe le persone, e allora sono dette in termini di denaro".
Come una qualsiasi coppia, Fox e Eugen arrivano alla rottura del loro rapporto logo ato dal fatto di essere stato fin dall'inizio fondato sulla ipolarità contradditoria dell'attrazione e del rifiuto; e ance in questa occasione è in termini di denaro che la faccenda viene liquidata. E col denaro di Fox che Eugen si ripaga della delusione "intellettuale" che è stato per lui questo rapporto, ed è preferendo lasciargli tutto che Fox sfugge al chiarimento decisivo sul suo ruolo di non accettato. La presenza di Max in questo "regolamento di conti" è veramente simbolica: questo personaggio, che per tutto il film è stato testimone della vicenda, coglien-
done, lui solo, i nodi determinanti e facendo da tramite esplicativo tra gli altri con le sue analisi e le sue previsioni, anche ora assume la posizione di una coscienza esterna ai due amanti, che sorveglia la loro rottura senza poter loro dire ormai nulla.
Eugen e Fox, come tutti, preferiscono eludere i motivi profondi della paura e dell'incomprensione che ha fatto naufragare la loro storia d'amore, e in fin dei conti si servono del denaro come di un complice che possa occultare la coscienza della loro rinuncia a una vera spiegazione. Ma naturalmente questa scelta di aggirare e di rimuovere i veri problemi non può non lasciare residui. Al di là delle illusioni individuali, è chi si è ritrovato nella posizione di sfruttato per tutta la vicenda che, anche dopo lo scioglimento del legame, non può che vivere in modo lacerante la consapevolezza, d'ora in poi sempre meno larvata, della propria oppressione. E Fox la vive, la sente crescere dentro di sè come una rabbia violenta che, invece di estrinsecarsi e di dirigersi sulle cause esterne della propria situazione, finisce col tramutarsi in angoscia e col rivolgersi autopunitivamente contro lui stesso. Fox alla fine paga davvero per tutti. per tutti quelli che nel corso della vicenda si sono serviti di lui, della sua ricchezza, dei suoi affetti, della sua disponibilità, non perchè coscientemente malvagi ma solo in quanto complici inevitabili di un sistema di oppressione e di potere. Poco importa che si suicidi o che la sua morte sia un incidente, la conseguenza di un ingerimento eccessivo e non voluto di Valium: l'importante è che l'unico personaggio che raggiunge una forma di consapevolezza partecipe (non quella distaccata e tutta intellettuale di Max) sia costretto a morire, esibendo in questa tragicità del destino l'urgenza di un rifiuto e di un'utopia, che porti al superamento di questa situazione in cui i rapporti interpersonali e sentimentali sono in realtà fondati sulla ferocia reciproca. La scena finale del corpo abbandonato nella luce livida, di una stazione della metropolitana, depredato da due ragazzini e rifiutato definitivamente anche da coloro che un tempo sembravano essere gli unici a portargli un'amicizia fedele e realmente disinteressata, è veramente uno dei momenti in cui Fassbinder riesce meglio a concentrare tutto il senso della sua produzione e del suo fare cinema.
Adriano Piccardi, Cineforum n. 205, 1981

Critica (2):Uno dei temi principali, almeno per ciò che possiamo conoscere della produzione di Fassbinder, è rappresentato dalla riflessione sugli emarginati e sui personaggi appartenenti a minoranze (si pensi al discorso sulla donna o sul sottoproletariato). L'emarginato, quando il rapporto con la società non sia così schiacciante e repressivo da impedire o occultarne l'esistenza medesima, vive quotidianamente le difficoltà di inserimento dovute alla sua posizione subordinata: la diversità è relegata in uno spazio-ghetto che lascia invariato l'equilibrio omeostatico del sistema e nonne modifica le strutture profonde. concedendo una libertà di parola relativa a determinati ambiti, in ultima istanza illusoria e fasulla il potere si preserva ed elimina la possibilità stessa della parola come potenzialità sovversiva (esprime la propria diversità per ribaltare le regole del discorso). Il caso delle minoranze sessuali de Il diritto del più forte è paradigmatico: percepire la propria "anormalità" - (s'intende che la terminologia usata in questo caso è strumentale e non implica giudizi di valore) con un senso di colpa risulta tutt'uno col subire e riprodurre determinate contraddizioni da cui non si è esenti per il solo fatto di essere membri di una minoranza. Fassbinder si dimostra consapevole di ciò e racconta una storia d'amore omosessuale tra uomini "come se" trattasse di un rapporto eterosessuale, in un certo senso "normalizzando" il dato della diversità. Questo espediente narrativo da un lato subisce l'effetto analogo allo straniamento brechtiano in quanto evita una identificazione dello spettatore con la vicenda identificazione quasi inevitabile nel caso di una normale "love-story"; d'altra parte mostra come pure in un ambiente differente dal consueto esista una costante tendenza alla reificazione dei rapporti interpersonali. Anche tra questi omosessuali vi sono infatti distinzioni di classe che non si appianano in nome di un diverso concetto della solidarietà umana: gli individui e le loro relazioni discriminati in base a una valutazione economica e vengono perciò "mediati" dal danaro, "prostituta universale". Così Fox, omosessuale proletario ex testaparlante in un baraccone viene accettato, con tutte le riserve del caso, in un ambiente borghese perchè ha vinto una considerevole somma di marchi al lotto e, in concomitanza di ciò, ha inizio il suo rapporto con Eugen, il quale intravede nella sopravvenuta ricchezza dell'amico la possibilità di ristrutturare la fabbrica paterna sull'orlo del fallimento. Perciò Fox diventa oggetto di attenzione e di interesse, viene accolto dalla famiglia di Eugen e sottoposto ad un trattamento pedagogico che elimini in lui modi e comportamenti sconvenienti secondo il galateo: "lei ormai si può considerare uno di famiglia" dice la madre di Eugen. Ma quando il protagonista afferma le sue esigenze, rifiutando l'opera di colonizzazione culturale impostagli, allora viene espulso quale corpo estraneo, refrattario all'integrazione. pur mettendo in discussione un'istituzione cardine della borghesia, cioè la famiglia mononucleare, l'omosessualità viene considerata, in tale ambito, una questione "privata", un vizio concesso a patto che non si faccia troppo rumore intorno ad essa, che nulla vari nell'etica e nelle abitudini di questa classe. Infatti la coppia Eugen-Fox riceve lo sfratto perchè offensiva del comune senso del pudore, ma nel momento in cui i due acquistano un appartamento, la loro unione non è più bersaglio di critiche. Il diritto del più forte si potrebbe leggere come un trattatello sul "Kitsch" della nuova borghesia composta in gran parte da arricchiti che tradiscono nel loro "modus vivendi" tipiche ambizioni piccolo borghesi. Su costoro è incentrata la critica di Fassbinder, che individua il processo di decadenza e di dissoluzione all'interno di quell'ambiente. A esempio del personaggio del padre, la crisi economica - la fabbrica sul punto di fallire - fa sentire le ripercussioni in ambito privato e sintomi evidenti sono il suo alcolismo e, seppure con qualche differenza, l'omosessualità del figlio (il tema dell'omosessualità come perdita del "decoro" è caratteristico della letteratura mitteleuropea: basti il celebre esempio de La morte a Venezia di Mann). All'insuccesso nel campo del lavoro consegue il crollo dei valori consolidati e della loro gerarchia: dissoltasi l'integrità dell'immagine pubblica del borghese, ne risulta irrimediabilmente intaccata la dignità personale. Fassbinder compie un'operazione di disvelamento degli elementi sottolineati attraverso un sottile e intelligente lavoro sul piano scenografico. Non dimentico della lezione di Visconti, riserva una attenzione assoluta alla ricostruzione degli interni, elevando il "décor" a significante privilegiato, particolare questo che notammo già a proposito di Selvaggina di passo. Gli ambienti e gli oggetti in essi contenuti sono rivelatori di ciò che sta accadendo e di quanto accadrà: nella scena della "boutique" uno specchio riflette il bacio simbolico della prossima riconciliazione tra Eugen e Philip. Tutto è segnato in ciò che si vede: lo squallido paesaggio metropolitano, dipinto a fosche tinte blu, teatro del gesto estremo di Fox, altro non è che il riflesso speculare della fatiscente opulenza degli ambienti borghesi.
I.F. Cinema Nuovo, Ottobre 1981

Critica (3):

Critica (4):
Rainer Werner Fassbinder
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