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Terra senza pane - Hurdes (Las)


Regia:Buñuel Luis

Cast e credits:
Sceneggiatura e montaggio: Luis Buñuel; commento: Pierre Unik e Luis Buñuel; fotografia: Eli Lotar; assistenti alla regia: Rafael Sanchez Ventura e Piene Unlk; musica: Quarta sinfonia op. 98 in mi minore di Brahms; produzione: Ramon Acín (Spagna); origine: Spagna, 1937; durata: .

Trama:Documentario su una delle più misere regioni spagnole, las Hurdes. Il pane è quasi sconosciuto, gli abitanti lavorano la terra senza utensili, con grande sforzo, denutriti. Non hanno folklore, non hanno quadri alle pareti delle loro baracche, né musica da ascoltare. La miseria li istupidisce. I giovani emigrano e le donne invecchiano presto. Una vecchia percorre le strade di notte con una campana, ricordando a tutti che l'uomo è un essere mortale.

Critica (1):«In Estremadura, tra Caceres e Salamanca, esisteva una regione montagnosa e desolata dove trovavi solo rocce, brughiere e capre: Las Hurdes. Un tempo, quelle terre alte erano abitate da ebrei che fuggivano l'Inquisizione e da banditi. Avevo appena letto uno studio esauriente sulla regione, scritto dal direttore dell'Istituto francese di Madrid, Legendre. Lettura che m'interessò moltissimo. Un giorno, a Saragozza, parlavo della possibilità di fare un film documentario su Las Hurdes con l'amico Sanchez Ventura e un anarchico, Ramon Acin, il quale mi disse all'improvviso: "Senti, se prendo il primo premio, te lo finanzio io, il tuo film". Due mesi dopo vinse alla lotteria, se non il primo premio, una bella sommetta. E mantenne la parola. Per girare Las Hurdes, o Terra senza pane feci venire da Parigi Pierre Unik, come assistente, e l'operatore Elie Lotar. Yves Allégret ci prestò una macchina da presa.
Disponendo solo di ventimila pesetas, una ben piccola somma, mi diedi un mese di tempo. Quattromila pesetas andarono nell'acquisto, indispensabile, di una vecchia Fiat che all'occorrenza riparavo io stesso (ero un meccanico piuttosto bravo).
In un convento abbandonato dopo le misure anticlericali prese da Mendizabal nel XIX secolo, il convento di Las Batuecas, esisteva ancora un minimo di foresteria, basata su una decina di camere. Fatto notevole: l'acqua corrente (fredda).
Ogni mattina, durante le riprese, si partiva prima dell'alba. Dopo due ore di automobile dovevamo proseguire a piedi, col materiale in spalla. Quelle montagne diseredate mi hanno conquistato subito. La miseria degli abitanti mi affascinava, come pure la loro intelligenza e l'attaccamento al loro paese perduto, alla loro "terra senza pane". In almeno venti villaggi, il pane quotidiano era un oggetto misterioso. Ogni tanto qualcuno portava dall'Andalusia una pagnotta rafferma che serviva come moneta di scambio. Il film fu proiettato una prima volta al "Cine de la Prensa". Era muto e lo commentavo io stesso al microfono.»
Luis Buñuel, Dei miei sospiri estremi, Milano, Rizzoli.

Critica (2):«J. de la Colina - Nel testo di una scena si dice: "A volte una capra cade da un burrone", però in un angolo inferiore dell'immagine si vede del fumo di uno sparo. A come dire che la capra non cade da sola.
Buñuel - Siccome non potevamo aspettare che succedesse, ho provocato io la caduta sparando un colpo di pistola. Dopo vedemmo che il fumo era uscito nell'inquadratura, però non potevamo ripetere la scena perché gli urdani ci avevano aggredito indignati (loro non uccidono le capre. Macellano unicamente quelle che sono cadute dai burroni). Ho sparato con una pistola perché non trovai un fucile, a Las Hurdes non ci sono armi da fuoco.
J. de la Colina - Contraddizioni del cinema: lei, per mostrare la miseria degli urdani, la aumentava, uccidendogli una capra.
Buñuel - E vero, però si trattava di offrire un'immagine della vita degli urdani e bisognava mostrare tutto. C'è una certa differenza fra il dire: "A volte cade una capra", e mostrare il fatto come succede realmente. [...]
T.P. Turrent - Lei utilizzò una sceneggiatura per Las Hurdes?
Buñuel - No, visitai la regione dieci giorni prima e portavo un blocchetto per gli appunti. Annottavo: "capre", "bambina malata di malaria", "zanzare anofele", "non ci sono canzoni, non c'è pane" e dopo ho fatto le riprese seguendo questi appunti. Ho montato la pellicola senza moviola, sopra un tavolo di cucina, con una lente d'ingrandimento, e siccome mi intendevo ancora molto poco di cinema ho eliminato molte buone immagini di Lotar perché i fotogrammi si vedevano "flou". Non sapevo che il movimento poteva in un certo modo ricostruire le immagini. Così, per non avere avuto una moviola, ho buttato buone riprese. [...]
T.P. Turrent - Molta gente ha detto, e anche io lo credo, che Las Hurdes è una sorta di risposta a Un chien andalou e a L'age d'or.
Buñuel - Sta nella stessa linea. I primi due sono legati all'immaginazione, l'altro è preso dalla realtà, però io mi sentivo nella stessa disposizione d'animo. [...]
Sì, sì, sì, è vero. Si tratta di un film tendenzioso. In Las Hurdes Bajas non c'è tanta miseria. Dei cinquantadue villaggi ce ne sono trentadue e passa che non hanno pane, né camini, né canzoni. Io ho ripreso Las Hurdes Bajas solo di passaggio, quasi tutto il film si svolge in Las Hurdes Altas, che sono montagne come inferni, una serie di rocce aride, un po' come il paesaggio desertico di Chihuahua, però molto più in piccolo.»
in José de la Colina, Tomás Pérez Turrent, Buñuel por Buñuel

Critica (3):«A. Bazin - Non so dove ho sentito dire che Las Hurdes, in origine, era stato commissionato dal governo spagnolo per fini sociali e educativi.
Buñuel - Assolutamente! Al contrario: fu proibito dalla Repubblica spagnola come disonorevole per la Spagna e denigrante per gli spagnoli. Le autorità erano furiose e avevano chiesto alle ambasciate che il film non fosse proiettato all'estero perché era ingiurioso per la Spagna. Così non fu proiettato che in Francia nel 1937, in piena guerra di Spagna.»
in J. Francisco Aranda, Luis Bunuel: Biografia Critica

Critica (4):
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