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Borghese piccolo piccolo (Un)


Regia:Monicelli Mario

Cast e credits:
Soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami; sceneggiatura: Sergio Amidei, Vincenzo Cerami, Mario Monicelli; fotografia: Mario Vulpiani; musiche: Giancarlo Chiaramello; montaggio: Ruggero Mastroianni; interpreti: Renzo Carboni (il rapinatore), Vincenzo Crocitti (Mario Vivaldi), Ettore Garofano (un borgataro), Renato Malavasi (direttore cimitero), Renato Scarpa (il prete), Alberto Sordi (Giovanni Vivaldi), Romolo Valli (il dottor Spaziani), Shelley Winters (Amalia, sua moglie); produzione: Luigi e Aurelio De Laurentiis per la Auro Cinematografica; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Italia, 1977; durata: 122'.

Trama:Giovanni Vivaldi, modesto impiegato ministeriale vicino alla pensione, con fatica ha tirato su il figlio Mario e ora, con orgoglio, vorrebbe che il suo diploma di ragioniere gli spalancasse le porte del ministero in cui lui lavora. Conoscendo la difficoltà di essere uno dei 600 vincitori tra i 30.000 concorrenti, il Vivaldi, in disappunto con la scandalizzata moglie Amalia, si iscrive alla loggia massonica cui appartiene il dottor Spaziani, amico e superiore. L'accorgimento gli fa conoscere e superare l'esame scritto; ma il giorno in cui dovrà superare agevolmente il formale esame orale, Mario viene ucciso da un giovane rapinatore di banca sotto gli occhi del padre. La signora Amalia rimane paralizzata dal colpo; Giovanni giunge alla pensione covando una disperata voglia di vendetta. Individuato il giovane assassino, anziché denunciarlo all'inquirente, il Vivaldi lo fa prigioniero; lo sevizia e lo uccide.

Critica (1):Un borghese piccolo piccolo ha un preciso referente cinematografico nel successo che il genere cosiddetto "poliziottesco" ottiene in quegli anni in Italia, con una serie di film diretti da Stelvio Massi, Sergio Martino, Umberto Lenzi, Marino Girolami, Bruno Corbucci, Alfonso Brescia e interpretati da Thomas Milian, Franco Gasparri, Maurizio Merli (si citano solo alcuni tra i nomi chiave del genere). Erano film che avevano due matrici. Da un lato, si avvertiva l'influenza del poliziesco americano, fatto di azione e di agenti non disposti ad assoggettarsi alle mille pastoie della legge: gli anni '70 sono quelli di The French Connection (Il braccio violento della legge), Death Wish (Il giustiziere della notte), Dirty Harry (Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo). Dall'altro, il "poliziottesco" è contiguo, sia pure con un parziale rovesciamento ideologico, al cosiddetto filone dell'impegno civile (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica), risposta della sinistra moderata alle tensioni sessantottine: del resto, in quegli anni Lizzani e il suo Banditi a Milano mostrano quanto sia labile il nesso tra progressismo e reazione in quel tipo di film.
Monicelli lavora su tutto questo materiale, come rivela la sequenza della tragica rapina (zoom e montaggio tecnico, come insegna la grammatica del genere) e nella scelta del personaggio e dei tic. Innesta questi elementi sul canovaccio della commedia, costruito su misura per un Sordi che sembra voler dimostrare che si può invecchiare sia rifacendo se stessi (lo abbiamo visto lo stesso anno in I nuovi mostri, sempre sotto la guida di Monicelli) sia seguendo la normale evoluzione psicologica di un personaggio da sempre abituato a ritagliare la propria esistenza nei meandri di un potere abbastanza inefficiente da consentire al piccolo italiano di "colorare" un'esistenza per altri versi grigia e priva di interesse. La capacità di cogliere in ogni aspetto come può invecchiare il personaggio Sordi (la volontà di promozione sociale per il figlio, che pure farà lo stesso suo lavoro; il maschilismo con la moglie; il servilismo con i superiori spinto fino all'ingresso nella massoneria - e non è il solo elemento che stride col cristianesimo di facciata e perbenista che lo anima) e come la vita quotidiana accumuli tensioni che attendono solo un'occasione per sfogarsi: queste sono le intuizioni che da sole potrebbero reggere un film per altro ottimamente sceneggiato, con quella struttura circolare che rende importante qualsiasi dettaglio e che fa intrecciare personaggi e posti con ruoli e funzioni sempre diversi.
Da notare che Un borghese piccolo piccolo rappresenta l'unico esempio riuscito di commistione tra la commedia all'italiana ed il "poliziottesco": il resto o si risolve in un fallimento (il caso più vistoso è Il giocattolo di Montaldo) o implica la farsa (che Bruno Corbucci sa fare meglio degli altri). Il film suscita innumerevoli polemiche perché proporrebbe un'ideologia reazionaria. In realtà, le critiche molto spesso nascono da un partito preso, e non tengono conto che Monicelli introduce il finale con Sordi trasformato in mostro sanguinario: una scena non prevista dal romanzo da cui il film è ricavato (opera prima di Cerami) e che sottolinea la disumanità di un comportamento pur così "normale" come quello dell'impiegato sconvolto dall'ira. Operazione tutta di recitazione e di sceneggiatura, ennesimo azzardo nella scelta dell'attore (Sordi drammatico equivale un po' al Gassman comico di I soliti ignoti), Un borghese piccolo piccolo riscuote nell'Italia attraversata dalle tensioni del '77 un vasto successo di pubblico.
Stefano Della Casa, Mario Monicelli, Il Castoro Cinema, 7-8/1986

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Mario Monicelli
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