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Conoscenza carnale - Carnal Knowledge


Regia:Nichols Mike

Cast e credits:
Soggetto: Jules Feiffer; sceneggiatura: Jules Feiffer; fotografia: Giuseppe Rotunno; montaggio: Sam Osteen; scenografia: Richard Sylbert; costumi: Anthea Sylbert; interpreti: Jack Nicholson (Jonathan Fuerst), Candice Bergen (Susan), Arthur Garfunkel (Sandy), Ann Margret (Bobbie), Rita Moreno (Louise), Carol Kane (Jennifer), Cynthia O'Neal (Cindy); produzione: Avco Embassy Pictures - Cosmos Films; distribuzione: Collettivo dell'Immagine - Cineteca dell'Aquila - Cineteca Griffith; origine: Usa, 1971; durata: 96'.

Trama:Sandy e Jonathan sono studenti universitari nel periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale. Condividono la stessa stanza e conducono una giovinezza dedita a divertimento, sesso, baldorie, scambi di confidenze e di compagne di letto. Sandy è succubo e “spalla” del più spregiudicato Jonathan, entrambi sono attratti dalla bella Susan. Arrivano ai quarant'anni svuotati e con l'amaro in bocca...

Critica (1):La tristezza della carne, la solitudine del gaudente brizzolato, l'insicurezza della donna, divisa fra il richiamo dei sensi e le voci del cuore, e sullo sfondo una generazione che si scopre, a quarant'anni, frustrata e quasi impotente, è il tema agro in confezione brillante del nuovo film di Mike Nichols, Conoscenza carnale, un'opera in uguale misura da raccomandarsi al pubblico adulto, consapevole della necessità artistica di rappresentare la realtà con i colori del vero, e da sconsigliarsi alle anime timorate che (è un loro diritto) non vogliono vincere il pudore con la lucidità del pensiero e dello sguardo. Gronde di parolacce, infatti, il film di Nichols, e questo, sulle prime insieme a qualche allusione scabrosa, senza dubbio sconcerta quanti fingono di non vedere i vocaboli osceni scritti sui muri. Chi sappia superare l'imbarazzo non tarderà tuttavia a convenire che altra via non si offriva a chi volesse dare l'immagine autentica di un ambiente in cui la crudezza del linguaggio esprime la spregiudicata confidenza dei giovani per i quali i reciproci successi si misurano sul numero delle alcove espugnate, e cui corrisponde la fragilità, camuffata da volontà possessiva, di donne che ancora chiedono di arrendersi alla potenza del maschio: condizione psicologica ed esempio di comportamento in cui è racchiuso il senso d'una crisi morale che coinvolge tutta la nostra epoca.
Su questo doppio binario di analisi introspettiva e sociologica si muove appunto il film: ritratto di due amici, il timido Sandy e l'intraprendente Jonatha, che riassumendo nel corso d'una ventina d'anni, divenuti l'uno medico l'altro commercialista, i propri effimeri trionfi, gli inganni e le sconfitte, simbolizzano le svolte di una mentalità, non soltanto americana, combattuta fra il sogno dell'Amore e l'obbligo del Piacere, e dunque destinata, trascorsa la giovinezza, a rivelarsi incapace di cogliere la pienezza della vita. Fra i due amici corrono per la verità delle differenze. Sandy è più gentile d'animo di Jonatha, ha modi più garbati, è più vulnerabile e sentimentale (e anche per questo l'amico, che a sua insaputa se ne è goduto per primo la ragazza, ha per lui una sorta d'ammirazione segreta). Quando però, dopo essersi l'uno e l'altro concesse molte avventure, si trovano a tirare le somme, ambedue hanno la bocca amara e il cuore secco: e quasi più Sandy, il quale per continuare a credere nell'amore deve fingere di non avere scoperto l'offesa fattagli dall'amico, che non Jonatha, il quale deve ricorrere a chi esalta per mercede la sua prestanza virile. Sicché il film, partendo dalla fresca e maliziosa commedia recitata dai goliardi per acquistare le grazie di qualche compagna di studi e sboccando nel dramma della menzogna verso se stessi, dichiara senza ambagi come la conoscenza carnale né appaga i sensi né è sufficiente a possedere il prossimo e se medesimi.
Morale controcorrente, nel cinema degli erotomani, ma qui sostenuta senza cipiglio, anzi con un mesto sorriso (e la coscienza di tutte le implicazioni esistenziali e anche politiche che comporta quel modo di vivere), in un film soltanto all'apparenza libertino e scandalistico; in realtà molto serio dietro il pretesto di un confronto tra un amico carogna e un'anima bella, e critico molto nei riguardi dell'uomo e della donna di mezza età di oggi, vivi specchi del malessere d'una società in cui tutti i rapporti hanno il segno della sfida, l'amore ha smarrito la gioia, e l'alternativa è fra il cinismo e le lacrime.
In quale misura possa contribuire all'esito di un film così ricco di prospettive la regia di Mike Nichols s'immagina ripensando alle sue prove precedenti, soprattutto al Laureato e a Comma 22. (...) Perduto l'odore di palcoscenico che viziava Chi ha paura di Virginia Woolf?, il suo realismo ha un'immediatezza e una verità cui fa costante riscontro la commozione sepolta e l'autocommiserazione di chi, parlando degli altri, ripensa alla propria esperienza. Ne deriva, anche per merito della fotografia del nostro Giuseppe Rotunno, un racconto fluido e insieme vibrante, che è analisi e invenzione, e nella sicurezza del taglio e del ritmo, nella padronanza dell'ellissi, rivela un'ormai piena maturità.
D'alta scuola è a sua volta l'interpretazione: dell'ex cantante pop Arthur Garfunkel nei panni sfumati di Sandy, di Jack Nicholson (passato recentemente alla regia con Drive, he said) che dà a Jonatha un forte rilievo, della svedese Ann Margret nella parte d'una disperata che rischia il suicidio pur di farsi sposare, di Candice Bergen in quella della ragazza in cui convivono spregiudicatezza, perfidia, innocenza e rimorso: le quattro tastiere dalle quali il film trae un toccante concerto di voci e di colori, tragico nell'allegria, spigliato e giocondo nel dramma.
Giovanni Grazzini, Il Corriere della Sera, 22 /1/1972

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Mike Nichols
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