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Italy: Love It, or Leave It


Regia:Hofer Gustav, Ragazzi Luca

Cast e credits:
Sceneggiatura: Gustav Hofer, Luca Ragazzi; fotografia: Michele Paradisi; musiche: Salvi Pulvirenti; montaggio: Desideria Rayner; interpreti: Gustav Hofer, Luca Ragazzi, Giuseppe Pugliese, Mary Epifania, Carlo Petrini, Loredana Zanzardo, Claudia D'Aita, Carla Girasole, Nichi Vendola, Padre Fedele, Ignazio Cutrò, Loredana Simioli, Andrea Camilleri, Francesco Pascale; produzione: Hiq Productions, Ndr-Arte, Wdr, Raitre; distribuzione: Zalab; origine: Italia-Germania, 2011; durata: 75’.

Trama:Luca e Gustav sono due ragazzi italiani che hanno assistito all'esodo di molti amici, decisi a lasciare l'Italia perché stanchi di non vedere un futuro in questo Paese per il costo della vita, il precariato, l'atteggiamento reazionario, il baronato nel mondo accademico, la mancanza di attenzione per i diritti umani, l'abbrutimento e la mancanza di meritocrazia. Anche Gustav è convinto che andarsene sia la soluzione migliore. Luca, però, cerca di convincerlo che esistono ancora tanti buoni motivi per restare. Insieme, i due amici si danno sei mesi di tempo per prendere una decisione e partono a bordo di una vecchia Fiat 500 per affrontare un viaggio attraverso tutta l'Italia alla ricerca di storie, aneddoti e personaggi, alla scoperta di ciò che è rimasto dell'Italia che all'estero fa ancora tanto sognare...

Critica (1):Parte dalle strade del Pigneto il viaggio di Gustav e Luca alla scoperta dell'Italia e delle ragioni per rimanere. Oppure per andarsene a gambe levate il più lontano possibile e cominciare una nuova vita proprio come hanno fatto tanti coetanei. È uscito mercoledì scorso al Politecnico Fandango «Italy: Love it or leave it», il docu-trip di Gustav Hofer e Luca Ragazzi già presentato – e premiato – in numerosi festival, da Rio de Janeiro ad Helsinki, da Cape Town ad Annecy.
Con questo film i giovani registi (un altoatesino pragmatico, animato da una forte coscienza politica, e un romano indolente e pigro) hanno deciso di dare voce a «un'Italia nascosta, che non viene raccontata né dalla tv né dai telegiornali e che, però, è la parte migliore». E così per sei mesi vanno alla ricerca dei motivi per emigrare o delle buone ragioni per restare: un viaggio di riconciliazione con il Paese reale e i suoi protagonisti, persone appassionate che ogni giorno conducono una battaglia silenziosa perché le cose possano cambiare.
Quella che le loro cineprese documentano è una fase cruciale: gli ultimi turbolenti giorni dell'epoca berlusconiana e le prime avvisaglie di crisi economica. Pochi mesi fa, eppure le immagini appaiono lontane nel tempo. E rivederle ora serve a ricomporre il puzzle della nostra storia più recente con uno sguardo più distaccato e, si spera, più obiettivo.
In quest'ottica, quindi, è ancora più importante seguire il percorso dei due registi che a bordo di una cinquecento attraversano l'intera Penisola per parlare con gli operai torinesi della Fiat in cassa integrazione, oppure quelli appena licenziati dalla Bialetti, la storica fabbrica che ha delocalizzato la produzione di caffettiere in Romania. E poi gli incontri con i tanti italiani che testimoniano con l'agire quotidiano il proprio impegno civile: l'imprenditore Ignazio Cutrò, che si batte contro il racket in Sicilia; il sindaco di Isola Capo Rizzato, Carla Girasole, in prima linea nella lotta alla'ndrangheta; Claudia D'Alta, ideatrice del «Festival dell'incompiuto siciliano» che ha fatto degli ecomostri di Giarre, a pochi chilometri da Catania, un'attrazione turistica. Non mancano poi i volti noti come lo scrittore Andrea Camilleri, l'inventore di Slow Food Carlo Petrini, il governatore della Puglia Nichi Vendola e Lorella Zanardo, autrice del documentario «Il corpo delle donne».
Carlotta De Leo, Corriere della Sera Roma, 9/1/2012

Critica (2):Luca Ragazzi e Gustav Hofer sono due giovani documentaristi che già con il loro primo film, Improvvisamente l'inverno scorso, avevano ottenuto un inaspettato successo (almeno il tipo di successo che può aspettarsi, in Italia, un documentario). Ma sono molto di più. Sono probabilmente i cineasti italiani più visti nel mondo, perché Improvvisamente è stato proiettato, dal 2008 in poi, in 206 festival internazionali! E sono una coppia non solo sul lavoro ma anche nella vita, come è chiaro fin dal primo film, che era un'ironica riflessione sui «Dico» e in generale sulla situazione delle coppie omosessuali nell'Italia governata dalla destra. Nel film, Luca e Gustav si mettevano in scena in prima persona, ricreando davanti alla macchina da presa i propri battibecchi ideologici ed esistenziali e la propria dinamica di coppia: con una verità, e una simpatia, davvero sorprendenti.
La formula ritorna in Italy. Love It or Leave It: stavolta è Gustav – italiano sì, ma altoatesino e di madre lingua tedesca, quindi più «europeo»... – che vorrebbe lasciare questo paese ormai insopportabile; ed è Luca che vorrebbe convincerlo a rimanere, trascinandolo in un giro d'Italia a bordo di una 500 (che ad ogni tappa cambia colore...) alla ricerca di motivi per amarla comunque. Viene in mente la mitica battuta del «Leopardo», il mercenario belga di Riusciranno i nostri eroi...: «noi siamo sempre sul punto di amare Italia, ma Italia fa sempre qualcosa per farsi odiare... e quando siamo sul punto di odiare Italia, Italia fa qualcosa per farsi amare». L'avevano capito Alberto Sordi ed Ettore Scola e ora Hofer e Ragazzi fanno la medesima scoperta, contribuendo però a sfatare un po’ di miti, dalla Loren alla 500, appunto. «Girando il mondo al seguito di Improvvisamente – raccontano i due – ci siamo resi conto che molti stranieri conoscono, dell'Italia, solo i luoghi comuni. E siccome tutti ci chiedevano come potessimo resistere nel paese del bunga-bunga, il film è la nostra risposta». Risposta che non può che essere sanamente ambigua: massimo rispetto per chi ha deciso di andarsene («esiste una nuova emigrazione molto diversa dal passato – aggiungono Luca e Gustav – fatta di gente che ha scommesso sul proprio futuro») e per chi, rimasto qui, continua a lottare. (...)
Alberto Crespi, L’Unità, 6/1/2012

Critica (3):

Critica (4):
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