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Estate violenta


Regia:Zurlini Valerio

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Suso Cecchi D'Amico, Giorgio Prosperi, V. Zurlini; fotografia: Tino Santoni; scenografia: Dario Cecchi, Massimiliano Capriccioli; musica: Mario Nascimbene; aiuto-regista: Florestano Vancini; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Eleonora Rossi Drago (Roberta Parmesan), Jean-Louis Trintignant (Carlo Romanazzi), Cathia Caro Gemma Jacqueline Sassard (Rossana), Enrico Maria Salerno (il padre di Carlo), Lilla Brignone (la madre di Roberta), Raf Mattioli (Giorgio), Federica Ranchi (Maddalena), Nadia Gray, Bruno Carotenuto, Giampiero Littera, Tina Gloriani, Sergio Paolini; produzione: Silvio Clementelli per Titanus; origine: Italia, 1959; durata: 100'.

Trama:Storia della passione che travolge Roberta, una vedova borghese e Carlo, un ventenn figlio di un gerarca fascista in una cittadina balneare dell'Adriatico nella tragica estate del 1943, 25 luglio, 8 settembre.

Critica (1):Forte della costante lettura tolstoiana (la presunzione è involontaria, è come citare degli esempi), per cui una storia privata acquista molto più rilievo, una prospettiva e una profondità, e diventa anche molto più sfaccettata, se ha alle spalle un grande avvenimento storico, io cercai di ricordarmi un'ultima stagione della guerra, prima che scoppiasse la guerra civile, l'ultima estate, nel '43, così come l'avevo vissuta io, a Riccione, dov'ero in vacanza. (Valerio Zurlini)
Cercavo di ritrovare il vuoto che circondava la gioventù di allora, un vuoto intellettuale, culturale, un vuoto di fiducia, di assenza di attesa verso il futuro. (Valerio Zurlini)

Critica (2):"(...) A guardare il cielo, il mare questa estate non ha nulla di violento. (...) La guerra è qualcosa di esterno e di lontano. (...) Zurlini ha fissato il colore sospeso di quel tempo assurdo, e lo stato d'animo dei suoi personaggi con una rara semplicità e precisione di tocco. Pensate a quel momento in cui, mentre alla fine della serata i ragazzi ballano al suono di un lento slow, con le porte spalancate sul terrazzo e dentro il buio per l'oscuramento, laggiù sul mare due razzi si accendono, e per un momento essi si fermano a guardare in silenzio quelle luce che come malinconici fuochi d'artificio rigano il cielo, e ricordano che c'è la guerra. Di nuovo si ritrova quella stupefacente facoltà di rendere la vita dei giovani, con tutte le naturali movenze della giovinezza, che era il dono delle Ragazze di Sanfrediano. Pare niente, ma se la sapete leggere è una storia di una straordinaria forza di penetrazione, e insieme di una disperata amarezza. Il significato drammatico del film è proprio nella apparente assenza di dramma con cui questi avvenimenti si presentano ai personaggi e li coinvolgono senza che se ne rendano conto, nella sciagura collettiva. (...). Ed ecco di colpo la tragedia: di colpo, su quel popolo gentile, rassegnato, smemorato, su quei poveri ragazzi che non sanno niente e non capiscono niente, piomba con tutti i suoi orrori la guerra, la dispersione, la fuga, la caccia all'uomo. Tale il senso di quel superbo pezzo finale del bombardamento, quei cinque minuti di inferno che dopo un'ora e mezzo di calmo, casalingo racconto borghese, sconvolgendo tutte le norme del cinema convenzionale, arrivano sullo spettatore come una mazzata in testa. E sullo scenario di devastazione e di morte, come immagine dell'inutile sacrificio di una generazione, il volto di quel povero ragazzo che resta sbandato e solo al suo destino.(Fabrizio Sacchi)

Critica (3):(...) C'è la lezione di Rossellini, presente in talune aperture documentaristiche di una asciuttezza folgorante nel cogliere la rivelazione improvvisa di un aspetto teso e drammatico della realtà (il volo dell'aereo, la presenza repentina della guerra, che getta lo scompiglio sulla spiaggia; e, nel finale, il bombardamento della stazione di Bologna, una sequenza di splendide immagini violente e commosse). C'è la lezione di Antonioni, non solo per il senso vivo e l'amore dello stile, ma anche nell'accostarsi a un ambiente borghese nel tentare il ritratto di un personaggio femminile, sottratto alla convenzione "sentimentale" e contrapposto, nella sua coraggiosa fermezza di sentimenti, alla debolezza e alle incertezze dell'uomo. Ma c'è soprattutto il richiamo a Visconti, il Visconti del "cinema antropomorfico" e del romanzo, È questo il riferimento essenziale che è all'origine del lavoro di Zurlini, il quale muove infatti intorno al tema, all'idea assai bella e suggestiva di cogliere il nascere e lo sviluppo di una storia d'amore, che è anche una storia di crisi e di maturazione, sullo sfondo di una esperienza storica ricca di eccezionale tensione, di acuti contrasti, di scelte individuali e collettive essenziali.
La "cronaca" di quell'amore, evocata con una tenera e malinconica sensibilità di toni e di linguaggio, viene senza dubbio ad acquistare un posto e un rilievo essenziali quasi esclusivi, nell'economia del racconto. Essa tuttavia non si riduce a un episodio strettamente individuale, privato: per Roberta (la figura più bella e persuasiva del film) l'incontro con Carlo significa anche una rottura, sia pure frenata da dubbi e reticenze, con un'educazione, un costume, una pratica di vita angusti e mortificanti; per Carlo, una ragion d'essere e un punto fermo nella fluida provvisorietà della sua situazione. Sullo sfondo e nell'animo dei protagonisti agiscono poi la presenza della guerra e della crisi, ora in forma indiretta, di fuggevoli e di inquietanti richiami alla realtà, ora attraverso riverberi più immediati e dolorosi (...).
Adelio Ferrero

Critica (4):L'intreccio di Estate violenta risulta fortemente strutturato; si orga­nizza secondo una logica in quattro movimenti, a due a due simmetri­ci, e ciascuno di tre fasi, per una dialettica che dividendo le armi dagli amori trova una soluzione provvisoria alla dignità del vivere nella volontà d'essere «come tutti gli altri». A una simile macchina drammatica corrisponde una messa in scena geometricamente controllata. La dislocazione dei personaggi nel quadro è il principio di articolazione idealistica (cartesiana) degli spazi. Contemplando Carlo la propria vita, la camera lo posiziona sullo spigolo dello schermo, e ne segue la direzione dello sguardo che traccia i percorsi risaputi, provoca le pre­viste situazioni di mare, mette sotto guardia l'inatteso, chiama la donna eletta a dividere con lui la superficie dello schermo. Lo struggimento di un'epoca e di un luogo che Zurlini ha vissuti, si decanta così in un processo astrattivo qual corrispettivo dell'irresolutezza del personaggio. E a parte, ancora, i costumi degl'interpreti che sono degli anni '50 e non '40, e costituiscono un indice d'allarme, l'intenzione del regi­sta meglio si coglie nel suo voler trasfigurare le scene come in quadri di compostezza pittorica, talora aulica e anche sacra. (…).
Estate violenta è un testo del '59, assai distante dagli esiti coevi del cinema italiano di tendenza; qui la nozione di presa di coscienza non s'identifica con l'impegno antifascista che comunque non è in discus­sione, essa trae il suo spessore dalla letteratura esistenzialista francese. E se gl'interpreti del film vestono e si comportano come i ragazzi dei tardi anni '50 per confermare, con uno sguardo in avanti, il perdurare del tempo vuoto di valori e la desolazione dell'ordine sociale, il paradigma dell'azione di Zurlini si riconosce nell'azione del disincanto, in cui tutti i progetti risultano nulli. Di qui la comprensione di Carlo che sceglie la comune umanità intravista nei segni della sofferenza. Che è un'adeguazione laica al tema della compassione religiosa.
Valerio ZurlinI, a cura di S. Toffetti, Lindau, 1993
Valerio Zurlini
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