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Goya - Goya en Burdeos


Regia:Saura Carlos

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Carlos Saura;fotografia: Vittorio Storaro; costumi: Pedro Moreno; interpreti: Francisco Rabal (Goya), José Coronado (Goya giovane), Dafne Fernàndez (Rosario), Eulalia Ramon (Leocadia), ;produzione: Lif, Rai, Television Espanola (Tve), Via Digital, Lola Films, S.A.; distribuzione: LIF;origine: Italia, Spagna, 1999; durata: 105'.

Trama:L' 82enne pittore spagnolo Francisco Goya, in esilio nella cittadina francese di Bordeaux con l'ultima delle sue amanti, Leocadia Zorrilla De Weiss, ripercorre gli eventi più significativi della sua vita e che lo hanno consegnato alla storia come l'artista capace di influenzare la storia e le vicende del suo paese.

Critica (1):Il vecchio Francisco Goya, sordo e malato, racconta alla giovanissima figlia episodi della sua vita, mentre si interroga sul senso della propria arte e ripensa al suo unico amore, la duchessa d'Alba. In una messinscena che risente forse dei film biografici di Jarman (Caravaggio, Wittgenstein), rivivono sullo schermo i quadri di Goya, dai ritratti di corte agli estremi capolavori della Quinta del Sordo. Il didascalismo del biopic è così bilanciato da un kitsch genuino e visionario (i disastri della guerra tridimensionali e a colori interpretati dai Fura dels Baus). Centrale il lavoro sulle luci di Vittorio Storaro (che chissà per quale esibizionismo non risulta autore della fotografia ma della "cinematografia"). Carlos Saura evita col l'accademismo dei suoi ultimi lavori e ritrova una ingenuità da cinema delle origini. Il bunueliano Francisco Rabal è un Goya impressionante.
Emiliano Morreale, Film TV, 15/6/2000

Critica (2):Goya anziano e malato, un vecchio sordo, capriccioso che esce in strada in camicia da notte, perso nei ricordi del tempo passato. Il pittore a quarantacinque anni, privo d'udito, ma in pieno vigore creativo e amante appassionato della Duchessa d'Alba. Fra questi poli, interpretati da due attori diversi (Francisco Rabal è l'artista morente, Jose Coronado è il pittore in età matura) Carlos Saura ha costruito Goya en Burdeos (Goya a Bordeaux), che ha chiuso, in anteprima europea, la 2a edizione del Festival del Cinema Mediterraneo di Montpellier.
Il punto di partenza lo offrono gli ultimi giorni di vita del grande ritrattista, morto, in esilio volontario, a Bordeaux il 16 aprile del 1828. L'agonia di Goya è utilizzata per visualizzare alcuni momenti della sua esistenza. Nel farlo il regista ricorre ad un modulo stilistico che ha già sperimentato in passato: l'inserimento del teatro nel cinema. Qui, tuttavia, il riferimento al palcoscenico non è diretto, come avveniva in Sevillanas (1992), Flamenco (1995) e Tango (1998), bensì mediato da scenografie di netto stampo teatrale o che sorreggono sequenze in cui latita ogni pretesa di realismo. Un esempio di questo tipo d'approccio lo offre il brano con i due attori che interpretano la figura dell'artista, che si confrontano e dialogano separati da grandi riproduzioni trasparenti dei «Caprichos» (Capricci, 1799).
È un modulo vicino a certi stili usati dalla televisione "colta", quando affronta personaggi o epoche particolarmente complesse. È il medesimo approccio sperimentato da Ansano Giannarelli in un vecchio film sulla vita del matematico francese Evariste Galois (Non ho tempo, 1972). Carlos Saura s'incammina su questa strada, ma abbandona quasi del tutto qualsiasi ambizione politica. Il suo Goya è un vecchio solo alle prese con i fantasmi del passato, persino il ricordo della ferocia del suo tempo, le delusioni per l'imperialismo bonapartista salutato, in un primo momento, come portatore di libertà rientra in questo bilancio esistenziale. È più un momento di melanconia privata che non oggetto di riflessione storica. L'appunto non è di poco conto, visto che gran parte dell'opera del pittore è passata alla storia proprio quale denuncia violenta, quasi insopportabile, della guerra. In particolare di quella condotta, nel 1808, dalle truppe napoleoniche contro i liberali e il popolo spagnolo.
Non a caso la sequenza più bella del film, che compare in prefinale, si situa su questa lunghezza d'onda. È il brano in cui il gruppo teatrale catalano La Fura dels Baus ricostruisce il dramma di quel massacro. Sono immagini che rimandano apertamente a grandi opere come «I disastri della guerra» (1810) e «Fucilazioni del 3 maggio 1808» (1811), un quadro di forte impatto drammatico già utilizzato da Luis Buñuel in apertura de Il fantasma della libertà (1974). (…)
Umberto Rossi, Cineforumn. 390, 12/1999

Critica (3):

Critica (4):
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