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Another Year - Another Year


Regia:Leigh Mike

Cast e credits:
Sceneggiatura: Mike Leigh; fotografia: Dick Pope; musiche: Gary Yershon; montaggio: Jon Gregory; scenografia: Simon Beresford; arredamento: Sophia Chowdhury; costumi: Jacqueline Durran; interpreti: Jim Broadbent (Tom), Ruth Sheen (Gerri), Oliver Maltman (Joe), Lesley Manville (Mary), Peter Wight (Ken), David Bradley (Ronnie), Martin Savage (Carl), Karina Fernandez (Katie), Michele Austin (Tanya), Philip Davis (Jack), Imelda Staunton (Janet); produzione: Thin Man Films-Simon Channing Williams Production-Film4-Untitled 09 Limited-Uk Film Council's Premiere Fund; distribuzione: BIM; origine: Gran Bretagna, 2010; durata: 129’.

Trama:La vita di coppia di Gerri e Tom, del loro figlio Joe e dei loro amici si sviluppa nell'arco di un ciclo che passa per le quattro stagioni. Un anno che trascorre tra amori non corrisposti e amori che nascono, speranza e disperazione, gioia e tristezza, gelosia e solitudine... intanto il tempo passa.

Critica (1):Un altro anno, dalla primavera all'inverno, attraverso il susseguirsi delle stagioni, delle fioriture, dei raccolti, della messa a riposo di un orto del Council, curato amorevolmente, ogni domenica, dai due protagonisti: Tom, un geologo, e Gerri, consulente medica in un consultorio. Insieme da più di trent'anni, con pochi litigi che non hanno incrinato la serenità del loro rapporto e di quello con il figlio Joe, un trentenne che non ha ancora trovato la ragazza giusta. Intorno a loro, amici, conoscenti e parenti molto più infelici, soprattutto Mary, la collega di Gerri che continua a cercare affannosamente e nevroticamente un compagno, Ken, l'amico d'infanzia di Tom, che beve troppo e mangia troppo, Ronnie, il fratello di Tom che incontriamo nell'ultimo capitolo, al momento della morte di sua moglie, disseccato dal dolore e, percepiamo, da una grigia, costante freddezza.
Diviso in capitoli (Primavera, Estate, Autunno, Inverno), costruito su otto personaggi principali (oltre ai sei già citati, ci sono Katie, la fidanzata che Joe presenta ai genitori nel terzo capitolo, e Carl, il figlio violento di Ronnie), intorno ai loro volti, alle loro parole, alle loro pause, ai loro gesti, ai loro corpi, ai loro abiti, Another Year è l'ennesimo tour de force di Mike Leigh sull'universo piccolo-borghese, sull'incomunicabilità e sulla possibilità di conciliare diverse solitudini, sulle speranze della giovinezza e le delusioni della mezza età, sull'afasia che può rivelarsi anche attraverso un torrente di parole scoordinate e sbagliate, su sguardi e minimi gesti che costruiscono barriere, sui silenzi improvvisi, disarmati o accigliati, sulla vita che abbiamo alle spalle e che non è quella che avevamo immaginata. La coppia al centro, Tom e Gerri, brave persone serene, che sembrano il riflesso di quello che nel frattempo saranno diventati i protagonisti di Belle speranze (non solo perché l'interprete è la stessa, Ruth Sheen, ma soprattutto per la loro placidità di fondo e per la solidarietà che li lega), non è altro che il catalizzatore delle ansie, delle frustrazioni, delle delusioni degli altri che, rispecchiandosi nei loro riti quieti, nel calore di una cena improvvisata in cucina o nella luce di un barbecue estivo in giardino, nella sicurezza immutabile della loro complicità, più che pace trovano una conferma della propria inadeguatezza. Perché, dietro i consigli affettuosi a un'amica sfortunata e sbalestrata, può anche balenare la riprovazione, dietro la disponibilità verso le disgrazie altrui si può anche intravedere un incrollabile autocompiacimento. Niente mette in gioco Tom e Gerri; eccessi, dubbi, disperazioni non incrinano il loro ovattato equilibrio. Perciò, un film che all'apparenza parla della possibilità di essere felici (e Tom e Gerri lo sono davvero, e sono persino onesti con se stessi), finisce per parlare anche di quanto rara e "impermeabile" sia questa condizione umana. Nessuno riesce a condividerla (forse Joe, ma chissà, deve ancora attraversare tutta la sua vita coniugale); Tom e Gerri restano un'isola impenetrabile. La chiave di Another Year (oltre che nel lavorio minuzioso della macchina da presa sui personaggi, nella puntualità dei dialoghi e nella luce, che cambia in interni e in esterni con le stagioni) è nelle scene di apertura e di chiusura: nell'incipit, una straordinaria Imelda Staunton parla nel consultorio della sua depressione, chiede dei sonniferi e, alla domanda di Gerri «Da uno a dieci, quanto sei felice?», risponde «Uno», e poi, a «Cosa migliorerebbe la tua vita?», «Un'altra vita». Nel finale, durante una cena domenicale in famiglia, Mary, spaesata e maldestra, mentre i discorsi degli altri s'intrecciano, resta finalmente muta, isolata in una bolla di solitudine alla quale non c'è speranza.
Emanuela Martini, Cineforum n. 495, 6/2010

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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