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Amiche (Le)


Regia:Antonioni Michelangelo

Cast e credits:
Soggetto: Michelangelo Antonioni, dal racconto di Cesare Pavese "Tra donne sole"; sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Suso Cecchi D'Amico, Alba De Cespedes; fotografia: Gianni Di Venanzo; montaggio: Eraldo Da Roma; scenografia: Gianni Polidori; musica: Giovanni Fusco; interpreti: Valentina Cortese (Nene), Eleonora Rossi Drago (Clelia), Madeleine Fischer (Rosetta), Yvonne Fourneaux (Momina), Gabriele Ferzetti (Lorenzo), Franco Fabrizi (Cesare), Ettore Manni (Carlo), Anna Maria Pancani (Mariella); produzione: Pietro Notarianni per la Trionfalcine; origine: Italia, 1955; durata: 90'.

Trama:Clelia è appena arrivata a Torino per dirigere un atelier di alta moda. Nella stanza d’albergo accanto alla sua, una ragazza di nome Rosetta tenta il suicidio dopo una delusione d’amore; e mentre Rosetta viene ricoverata, Clelia entra a far parte del piccolo gruppo di amiche della giovane, che comprende l’elegante e cinica Momina e la ceramista Nene, compagna del pittore Lorenzo, l’amante di Rosetta.

Critica (1):Le amiche è un film di cui potendo rigirerei almeno un terzo. È stato realizzato nelle condizioni peggiori. Incominciato da una casa di produzione, è stato ripreso da un'altra dopo due mesi e mezzo di interruzione. Due mesi e mezzo di interruzione sono molti. Ma quello che è peggio è che tutto questo tempo é stato speso in trattative finanziarie, colloqui, discussioni, a tu per tu cioè con la faccia prosaica del cinema, quella che un regista, almeno girando, dovrebbe ignorare. È triste constatare "de visu" che una storia di personaggi, un conflitto di sentimenti e di psicologie, uno svolgersi di stati d'animo e di atmosfere diventano un affare; che sentimenti, stati d'animo, atmosfere pesano sulla bilancia della speculazione. È avvilente dover raccontare la vicenda decine e decine di volte a facce sconosciute (non so perché, ma a certe facce non riesco a raccontare certe storie); trovarsi di fronte alle reazioni, alle espressioni più impensate; sentirsi fare i rilievi più strani, come il seguente: "Perché non facciamo che Momina ha un cane che poi muore nel Po? È più commovente". Portare sullo schermo il racconto così com'è sarebbe stato non solo impossibile, ma forse dannoso a Pavese stesso. Il cambiamento di linguaggio porta inevitabilmente a modifiche sostanziali. Non voglio affermare l'esistenza di uno "specifico cinematografico", ma se non altro una portata pratica l'affermazione ce l'ha. Si sarebbe forse potuto seguire un'altra strada, quella della sottomissione completa del cinema alla letteratura, per esempio adottando uno "speaker" che leggesse le parole di Pavese, e illustrare queste parole con delle immagini. Tutto é possibile. Ma io non credo a simili ibridismi e non credendoci non sarei mai riuscito a essere sincero adottandoli. Le illustrazioni di un'opera letteraria hanno valore artistico nella misura i cui non sono illustrazioni. Così è per il cinema. La fedeltà a Pavese non poteva essere un fatto aprioristico e letterale. Se ho scelto questa vicenda piuttosto che un'altra evidentemente una ragione c'era. "Ragione" è forse la parola meno propria. Si trattava piuttosto di qualcosa che sfuggiva alla ragione, ed era quindi impossibile ragionarci su. Qualche critica ha scritto che Le amiche è un film intelligente. Posso dire di averlo fatto sotto la spinta di facoltà diverse dall'intelligenza, nei limiti naturalmente in cui ciò è possibile. Se il film, per usare le parole, dà di Pavese "un'interpretazione fondamentalmente giusta", vuoi dire che la scelta stessa è una garanzia di fedeltà, la sola che potessi dare in buona fede. E che era giusto non farne un problema, il problema essendo un altro: quello dell'autonomia del film, della sua validità.
Michelangelo Antonioni, in F. Faldini, G. Fofi, L'avventurosa storia del cinema italiano, Feltrinelli, 1979

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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