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Mare dentro - Mar adentro


Regia:Amenábar Alejandro

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Alejandro Amenábar, Mateo Gil; fotografia: Javier Aguirresarobe; montaggio: Ivan Aledo; musica: Alejandro Amenábar; interpreti: Javier Bardem (Ramón Sampedro), Lola Dueñas (Rosa), Belén Rueda (Julia), Mabel Rivera (Manuela), Celso Bugallo (José), Clara Segura (Gené), Joan Dalmau (Joaquin), Alberto Jimenez (German), Tamar Novas (Javi), Francesc Garrido (Marc), Alberto Amarilla (Fratello Andrés), José María Pou (Padre Francisco); produzione: Alejandro Amenábar, Fernando Bovaira; origine: Spagna, 2004; durata: 125'.

Trama:Ramon è rimasto costretto a letto per trenta anni, accudito dalla sua famiglia. La finestra della sua stanza è la sua unica finestra sul mondo, la vista è su quel mare che ha solcato così spesso, quel mare nel quale ha avuto l'incidente che ha troncato la sua giovinezza. Da allora, il suo unico desiderio è quello di metter fine alla sua vita in maniera dignitosa.

Critica (1):Ramón vive da trent’anni prostrato in un letto e assistito dalla sua famiglia. La sua unica finestra sul mondo è quella della sua casa, vicino al mare sul quale ha tanto viaggiato e dove ha subito l’incidente che ha interrotto la sua gioventù. Da allora, il suo unico desiderio è morire con dignità. Ma il suo mondo viene cambiato dall’arrivo di due donne: Julia, l’avvocatessa che vuole sostenere la sua lotta e Rosa, una popolana che cercherà di convincerlo che vale la pena vivere. La luminosa personalità di Ramón finirà per catturare entrambe le donne, che saranno costrette a mettere in discussione, come mai era loro accaduto, i principi della loro esistenza. Ramón sa che solo la persona che lo ama veramente sarà quella che lo aiuterà a realizzare il suo ultimo desiderio. Diretto da Alejandro Amenàbar, il film è basato su una storia vera, sulla vita di Ramón Sampedro, un tetraplegico gallego che, a causa della proibizione dell’eutanasia in Spagna, lottò per 25 anni contro tutti i tribunali per il diritto ad una morte degna. Il suo caso, che si concluse con la morte ‘assistita” nel gennaio del 1998, scatenò un gran dibattito sociale ed ebbe una notevole risonanza sui mezzi di comunicazione di massa.
Alejandro Amenàbar e Mateo Gil firmano la sceneggiatura. (...) Sul suo lavoro e sulla foto scelta per il manifesto, Alejandro Amenábar dice che «l’immagine di Javier Bardem mostra immediatamente l’eccellente lavoro di trasformazione. Bardem si è sottoposto per più di cinque ore al giorno ad un intenso processo di trucco, avendo molta pazienza, come avrebbe fatto Ramón Sampedro. Però questo risultato, soprattutto se si guarda dettagliatamente, esprime l’essenza di Ramón: un uomo sereno, coraggioso, capace di affrontare le avversità senza perdere mai il sorriso. Come diceva Ramón Sampedro: «Quando non si può scappare, impari a piangere con il sorriso sulle labbra». Per questo film come per gli altri, Alejandro Amenábar, ha composto la musica che è stata eseguita dalla London Session Orchestra, con la collaborazione del musicista gallego Carlos Núñez.
«Mar adentro è uno dei film più sconvolgenti che ho visto da molto tempo. Amenabar riesce anche a farti ridere nel bel mezzo della tragedia di Ramón Sampedro. Tutto è magistrale in un film che nasce dall’anima. Javier Bardem è al di là di ogni elogio, ma anche Belén Rueda e gli altri attori».
Carlos Boyero, Diario El Mundo, in Cinemazero, 9/2004

Critica (2):Vivere è un diritto, non un obbligo. Questa frase detta nel film da Javier Bardem potrebbe essere la chiave di Mare dentro, il nuovo film di Alejandro Amenàbar, tornato a girare in Spagna dopo il successo “hollywoodiano” di The Others. Una storia vera, anzi ispirata alla realtà, perché Amenàbar non intende offrire possibilità per un eventuale coinvolgimento giudiziario di amici e familiari nella vicenda. Ma che tipo di storia potrà mai essere per poter scatenare le ire della giustizia a distanza di anni? Una storia che gli spagnoli conoscono bene, quella di Ramón Sampedro, marinaio di La Coruña che gira il mondo sino a quando un tuffo maldestro, forse perché distratto da una ragazza, gli provoca una lesione irreversibile: da quel momento rimane paralizzato dal collo in giù. Progressivamente per Ramón non esiste altro motivo di vita se non quello di farla finita. Ma non può da solo, ha bisogno degli altri. Impiegherà trent’anni a perseguire il suo obiettivo senza coinvolgere altre persone. Meglio, coinvolgendone molte, ma tutte senza responsabilità specifiche o decisive. E per mostrare la crudeltà di una morte aggressiva, perché non gli è stata consentita altra via, Ramón ha filmato tutto, proprio con l’intenzione di dare la cassetta a qualche emittente e mostrare la stupidità e l’ipocrisia della legge. Bisogna però subito sgomberare il campo: «Non volevo fare una storia sull’eutanasia», specifica Amenábar, «mi piaceva il personaggio che scriveva con la bocce, volevo parlare di lui, di un’individualità forte che si proponeva sempre di invitare a riflettere, il film vuole essere una riflessione». Perché a dispetto della sua condizione Ramón è un personaggio davvero unico, capace di essere brusco verso chi lo avvicina con pietà, poco condiscendente, quasi aspro, eppure sorridente, il suo intento è quello di superare i luoghi comuni per imitare a ragionare. Senza preconcetti. E fa la sua battaglia, non certo in nome dei tetraplegici ma di se stesso, rivendica la sua libertà, attraverso dichiarazioni, poesie, libri. Il secondo elemento che va rimosso è quello di un film statico. Amenàbar riesce infatti a coniugare senso, profondità e intrattenimento inteso nel senso migliore. Arrivando a fare letteralmente volare film e protagonista in una sequenza onirica, con Puccini come colonna sonora. Per il resto, oltre all’utilizzo di cornamuse galiziane, Amenàbar ha lui stesso composto la musica, come sempre, mentre quasi inconsapevolmente l’iconografia è cristiana, nonostante ci sia uno scontro aspro tra un sacerdote in sedia a rotelle e Ramón. Ma il valore aggiunto al film è dato da Javier Bardem, grande protagonista, inchiodato al letto, calvo, eppure magnifico nel comunicare emozioni e sentimenti. (...)
Antonello Catacchio, Ciak, 9/2004

Critica (3):

Critica (4):
Alejandro Amenábar
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