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Radio Sahar


Regia:Monti Valentina

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Valentina Monti; musiche: Moreno Gileno, Margareth Kammerer; fotografia: AlessioValori; montaggio: Ilaria Fraioli, Matteo Spigariol; interprete: Humaira Habib; produttore: Paolo Trombetti, Heidi Gronauer, Simone Morandi, Lorenzo Paccagnella; distribuzione: Fice; origine: Italia, 2009; durata: 59'.

Trama:Humaira è una giornalista di 25 anni nata e cresciuta in Afghanistan. In un paese in guerra, nel 2003, alla caduta del regime talebano Humaira decide di fondare Radio Sahar, una radio FM comunitaria con l’obiettivo di portare informazione in un paese schiacciato dall’analfabetismo e dalla povertà. Le giornaliste di Radio Sahar con i chador mossi dal vento si avventurano nelle zone più rischiose dei tribunali della corte di giustizia, con i microfoni e le cuffie nei villaggi di fango arsi dal sole, nelle crepe profonde di un paese inedito in bilico tra modernità e tradizione, aspirazione al cambiamento e paradosso. Lo sguardo di Humaira racconta i contrasti di un paese segnato dalla violenza sulle donne e dagli attacchi dei kamikaze dove è ancora possibile trovare nell’umorismo, nella poesia e nel sogno armi interiori di sopravvivenza...

Critica (1):Volti di donne lontane, immagini ocra in cui terra e muri si confondono. L'Afghanistan come tante altre volte è stato raccontato? Questa volta è diverso: il film-documentario Girls on the air, della cineasta italiana Valentina Monti (prodotto e distribuito da Fourlab) racconta una storia del tutto eccezionale. Perché quei volti di giovani donne, oltre ad essere incastonati dai tradizionali "hijab" (mai burqa, però) sono anche sormontati da grandi cuffie acustiche e perché queste donne sono riprese (straordinaria la fotografia di Alessio Valori) mentre si aggirano per le strade polverose di Herat con in mano un microfono e perché, infine, le loro voci risuonano nell'etere, via radio. Le voci di radio Sahar, un'emittente comunitaria tutta al femminile che trasmette nel profondo Afghanistan e nella quale lavorano una dozzina di giornaliste e tecniche (nello staff c'è un solo uomo) e in cui la direttrice è una donna Humaira Habib, 25 anni, fondatrice di questa sfida.
Valentina Monti racconta con delicatezza, speranza e un pezzetto di giustificatissima rabbia la loro storia: "Vorrei – dice – che Girls on the air provocasse una riflessione, stimolasse domande sul significato di libertà di espressione, libertà d'informazione e democrazia". Di sicuro, le immagini e le voci suscitano gli stessi sentimenti: speranza perché è davvero straordinario che questo possa succedere a Herat e perché in qualche modo, Humaira e le altre, con le loro voci, hanno davvero rotto un muro. Ma anche rabbia, perché le storie che il loro coraggio riesce a far uscire allo scoperto sono molto spesso davvero terribili: "Radio Sahar... Radio Sahar... Fm 88,7..." recita la voce lievemente e volutamente distorta della sigla e sembra la voce accattivante di tante altre sigle, di tante altre radio in tutto il mondo... "Mio marito mi picchia, sua madre mi picchia, i suoi figli mi picchiano, le altre sue mogli mi picchiano... Ma io ho deciso che chiederò il divorzio..." racconta concitata la voce di una giovane intervistata dalle giornaliste. E il contrasto è forte ed evidente perché Humaira e le altre, con il loro coraggio, stanno facendo emergere realtà che mai prima una donna afgana avrebbe potuto gridare in pubblico e, men che meno, far correre nell'aria per mezzo di una radio. Ed è pure vero che, paradossalmente, finché, magari, i talebani non si accorgeranno, di questa dirompente potenza, la radio è un mezzo in cui una voce di donna si può fare sentire e toccare temi altrimenti impensabili: "Sentire la parola divorzio detta in pubblico da una donna sarebbe impossibile per altra via".
Radio Sahar e Humaria sono davvero una scoperta. E lo sono state anche per Valentina Monti: "Humaria, un giorno mi ha detto che democrazia non è una parola della lingua afgana, ma è un parola straniera... E mi ha fatto riflettere che forse anche il nostro modello occidentale di democrazia, se non compreso, diventa immediatamente un'imposizione...". E ancora: "... Humaria e le sue colleghe , che lottano ogni giorno per i loro diritti e per i diritti delle donne e degli uomini dell'Afghanistan, mi hanno lasciato generosamente entrare nel loro mondo, dove ho scoperto un forte senso dell'ironia, il loro impegno, i loro dubbi e il loro modo di vivere un Paese in bilico tra modernità e tradizione, paradosso e aspirazioni, lotta per i sogni e libertà".
Massimo Razzi, repubblica.it, 22/11/2010

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