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Evviva Giuseppe


Regia:Consiglio Stefano

Cast e credits:
Fotografia: Cesare Accetta, Enzo Carpineta, Luca De Marinis; musiche: Nicola Piovani; montaggio: Silvia Di Domenico; suono: Ignazio Vellucci; interpreti: Giuseppe Bertolucci, Attilio Bertolucci, Bernardo Bertolucci, Fabrizio Gifuni, Lidia Ravera, Mimmo Rafele, Marco Tullio Giordana, Laura Morante, Gianluca Farinelli, Aldo Nove, Nanni Moretti, Stefania Sandrelli, Sonia Bergamasco, Emanuele Trevi, Roberto Benigni; produzione: Samanta Gandolfi Branca, Alessandro Lo Monaco, Andrea Gambetta, Massimiliano Di Liberto per Célestes Images, Verdiana, Fondazione Cineteca Di Bologna; origine: Italia-Francia, 2017; durata: 90'.

Trama:Un film sulla vita e i tanti talenti preziosi di Giuseppe Bertolucci: regista di cinema, teatro e televisione; scrittore, poeta, talent scout, organizzatore culturale. Raccontato attraverso la voce del padre Attilio (che evoca il "doloroso privilegio" del suo essere fratello minore); quella del fratello maggiore Bernardo (che racconta con struggente dolcezza la sua nascita, e poi i giochi di quand'erano adolescenti... fino al desiderio di contagiarlo con la malattia del cinema); le testimonianze di amici e colleghi; i ricordi di alcune tra le sue attrici predilette. Con il contributo di Gian Luca Farinelli (direttore della Cineteca di Bologna, di cui Giuseppe è stato Presidente per oltre dieci anni); la partecipazione di Fabrizio Gifuni (che interpreta testi di Giuseppe), di Emanuele Trevi (che legge un suo racconto sugli ultimi giorni di Giuseppe), di Aldo Nove (in certi suoi testi sembra di sentire il riverbero di alcune riflessioni di Giuseppe); e con un inedito monologo scritto e interpretato da Roberto Benigni in omaggio all'amico di sempre. Ci sono poi il corpo e la voce di Giuseppe in tante interviste, backstage, dibattiti... e soprattutto nella sua ultima e commovente performance teatrale, "A mio padre - Una vita in versi", in cui racconta in prima persona l'ansia e la gioia del rapporto con un padre poeta che di lui aveva fatto materia di canto.

Critica (1):(…) A ricordare Giuseppe Bertolucci, scomparso nel 2012, nel bel documentario di Stefano Consiglio Evviva Giuseppe (il titolo da un’esclamazione di Cesare Zavattini, amico della famiglia Bertolucci), sono Bernardo e tanti amici: Nanni Moretti elenca le tante cose che ha conosciuto grazie a Giuseppe, Roberto Benigni gli dedica una poesia, Fabrizio Gifuni ne interpreta i testi. E ancora, accanto allo stesso Giuseppe in interviste di repertorio, anche Marco Tullio Giordana, Lidia Ravera, Laura Morante, Stefania Sandrelli e molti altri.

Bernardo, quando è nato Giuseppe lei aveva sei anni.
«Sì. Vidi la mamma, bellissima, con un altro bambino: Giuseppe. Mi pareva che lei non mi guardasse più. Usciti dall’ospedale a Parma, iniziò a cadere la neve, mio padre guardava in alto: iniziò a saltare, e io con lui, gridando 'è nato Giuseppe!'. Quello è stato il nostro incontro».

Nel documentario ci sono anche le riflessioni che Giuseppe ha fatto sui versi di vostro padre Attilio, da cui si sentiva “definito”.
«Ci sentivamo proprio come i due rami di un albero, del suo albero ».

Sentirvi figli vi ha condizionato nel non diventare padri?
«Sì, eravamo talmente figli, lo eravamo stati tanto a lungo, che è stato impossibile, per tutti e due, riuscire ad accettare di diventare padri. Mio padre ci ha fatto sentire fin troppo sotto la cupola paterna».

Quando vi siete liberati di quella cupola?
«In effetti mai. Fino alla sua morte. È chiaro che ne siamo usciti nella quotidianità, ma quella sensazione di infinito Eden è rimasta sempre».

L’amore di Giuseppe per il cinema nacque quando le fece da aiuto regista per “La strategia del ragno”.
«Aveva avuto una grande delusione d’amore. Era depresso e allora l’ho portato con me e questo trasformò la sua delusione d’amore in innamoramento per il cinema. E ha cominciato a fare i suoi film, e non ha mai cercato la totale comunicazione con il pubblico, come è successo a me con qualche volta. Giuseppe voleva essere in un universo a parte».

Benigni racconta che una volta, insieme a casa sua, lei disse “che meraviglia è mio fratello”. Ha sempre sentito la straordinarietà di suo fratello.
«Lui per un certo periodo, fino ai quindici anni, dipingeva molto bene. Anzi una volta Roberto Longhi, il grande professore, storico dell’arte amico di mio padre, ha visto una cosa di Giuseppe e ha detto “Eh però, come macchia bene Giuseppe”. Dopo i quindici anni non ha più macchiato e ha iniziato a scrivere poesie, e le ha scritte bene. E poi dopo ha iniziato a fare cinema, e ha fatto le cose perbene. Aveva tante sfaccettature. Era talentuoso in tutte le cose che faceva. E questa è una qualità molto rara».

Quale talento gli invidiava?
«La capacità di navigare sulla superficie della storia che stava vivendo malgrado il suo peso fisico. La sua grande leggerezza».

Che effetto le ha fatto vedere il documentario?
«Rivedendo il film ho sentito un grande senso di colpa per non avergli dato abbastanza spazio».

Quanto il suo ricordo di “Novecento” è legato a lui?
«È un ricordo fresco, ancora oggi. Lui era lì perché avevamo scritto il film insieme. E a un certo punto gli è venuta voglia di fare anche il suo piccolo Novecento e allora ha fatto questo, non so come chiamarlo, making of, ABCinema.
Ma l’ha fatto senza pensare a cosa stava facendo, come una sua cosa».

A vedervi insieme quando immaginavate “Novecento” lei e Giuseppe sembravate molto amici, oltre che fratelli.
«Infatti, eravamo amici, diventò un triangolo perfetto con il grande Kim Arcalli. Un’amicizia a tre, un rapporto che si basava su un lavoro comune. È per questo che ci abbiamo messo poco a scrivere il film. Perché eravamo in uno stato, tutti e tre, di grande ispirazione».

Giuseppe era anche la sua guida nel rapporto con il partito.
«Sì, spesso lo chiamavo il mio commissario politico, in certi momenti in cui trovavamo i punti di polemica con il nostro partito di riferimento, ci incontravamo e lui era molto bravo a spiegarmi la politica, come io non ero capace di capirla. E chiamavano sempre lui ad aiutarmi a capire certi snodi delle questioni politiche che non riuscivo a interpretare. Pensa te».

Giuseppe aveva anche una grande passione della tecnica del cinema.
«Sì. È riuscito per anni e anni a essere presidente della Cineteca, lavorando alla conservazione dei film, regalando spessore e garanzia di grande qualità: la prova è che la famiglia Chaplin ha affidato alla Cineteca la conservazione di materiali preziosissimi».(…)
Arianna Finos, parma.repubblica.it, 6/9/2017

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