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Ballata dell'odio e dell'amore - Balada triste de trompeta


Regia:De la Iglesia Álex

Cast e credits:
Soggetto: Álex de la Iglesia; sceneggiatura: Álex de la Iglesia; fotografia: Kiko de la Rica; musiche: Roque Baños; montaggio: Alejandro Lázaro; scenografia: Eduardo Hidalgo; arredamento: Federico del Cerro; costumi: Paco Delgado; effetti: Reyes Abades, Ferrán Piquer; interpreti: Carlos Areces (Javier), Antonio de la Torre (Sergio), Carolina Bang (Natalia), Sancho Gracia (Colonnello Salcedo), Juan Luís Galiardo (Ring Master), Enrique Villén (Andrés), Manuel Tallafé (Ramiro) Manuel Tejada (Maestro di cerimonie), Gracia Olayo (Sonsoles), Santiago Segura (padre del Pagliaccio Tonto), Roberto Álamo (Capitano della milizia), Fofito (Pagliaccio furbo), Sasha Di Benedetto (Javier bambino), Jorge Clemente (Javier giovane), Juana Cordero (madre del bambino), Luis Varela (Manuel), Terele Pávez (Dolores), Fran Perea (Soldato franchista), Fernando Guillén Cuervo (Capitano), Juan Viadas (Franco), Raúl Arévalo (Carlos), Joxean Bengoetxea, Carmen Maura,Javier Botet; produzione: Tornasol Films-Castafiore Films-La Fabrique 2, in associazione con Mikado Film-U Fund Y U Film-Backup Films-Sofica Coficup con la partecipazione di Tve, Canal +-Estudios Ciudad De La Luz-Generalitat Valenciana con la collaborazione di Icaa-Ico; distribuzione: Lucky Red; origine: Spagna-Francia, 2010; durata: 108’. Vietato 14

Trama:Spagna, 1937. Nel Paese infuria la Guerra Civile. Il pagliaccio Tonto si sta esibendo nel circo ma viene prelevato di forza da un gruppo di repubblicani che lo coinvolge in una battaglia all'ultimo sangue contro i soldati franchisti.
Spagna, 1973. Sono gli ultimi giorni del regime franchista e Javier, il figlio del Pagliaccio Tonto, sogna di seguire le orme del padre. Tuttavia, le tragedie di cui è stato testimone lo hanno fatto diventare un Pagliaccio Triste. Trovato lavoro in un circo, Javier entra in contatto con una serie di bizzarri personaggi, ma si trova anche costretto a subire le angherie di Sergio, il brutale Pagliaccio Tonto che lo umilia per dare più effetto al loro spettacolo. Quando Javier si innamora di Natalia, la bella acrobata moglie e vittima di Sergio, scatena la gelosia del marito e, poiché nessuno dei due uomini vuole cedere, si viene così a formare un triangolo amoroso che ben presto si trasformerà in una feroce battaglia.

Critica (1):Premiato per la regia a Venezia 2010, un film inclassificabile: una ballata atrocemente poetica che si può o amare o detestare. (...) Álex de la Iglesia, che in tema di masochismo non deve prendere lezioni da nessuno, realizza il film più masochista della sua carriera. Figli degeneri e impazziti dei circensi di Federico Fellini, i tre personaggi sono al centro di una danza macabra - sulle note della celebre canzone di Ninì Rosso - sempre più frenetica e disturbante col procedere verso l'epilogo. Deturpato come il Joker nemico di Batman, il Pagliaccio Triste è un mix di orrore e patetismo che stenti a levarti dalla testa.
Roberto Nepoti, La Repubblica, 8/11/2012

Critica (2):Il film è un fiammeggiante melodramma di ambientazione circense, che inizia nel 1937 (in piena guerra civile) e arriva ai giorni della morte di Franco. Le tragicomiche avventure di un clown (con risvolti splatter qua e là eccessivi), il suo amore per la bella acrobata e la sua lotta senza quartiere contro il clown «fascista» diventano un apologo grottesco sui modi, non tutti sereni, in cui la Spagna fa i conti con il proprio passato. De la lglesia è un cinefilo scatenato: qui mescola Fellini, Roger Corman, Goya e gli horror ipercolorati della Hammer. Molto tarantiniano, come si diceva, ma con uno spessore storico alle spalle che Tarantino si sogna.
Alberto Crespi, L’Unità, 8/11/2012

Critica (3):Con un film del genere vale la regola "prendere o lasciare": o si è incantati dalla sua follia stravagante o lo si disprezza. Noi siamo nella prima categoria, fra gli estimatori divertiti: confermiamo un giudizio già maturato di fronte ad altri eccessi espressivi dello stesso autore, come El Día de la Bestia, La comunidad, Crimen perfecto. Qui l'obiettivo è più ambizioso: narrare, attraverso una vicenda emblematica (la formazione e quindi la degenerazione di un clown triste, innamorato e vendicativo), i quarant'anni della dittatura franchista (il buio tetro e l'atmosfera di morte di quel periodo), e soprattutto i suoi esordi e il suo epilogo.
Ma, come di consueto nel cinema di De la Iglesia, alto e basso si fondono, la riflessione socio-politica (il peso tragico della Storia che incombe sugli esseri umani) si ribalta nell'animalità corporale, mentre l'intreccio impazzisce (volgendo a precipizio, fra il sublime e la parodia) e le iperboli si moltiplicano (si pensi al protagonista che, usato come cane da caccia da un gerarca franchista, morde la mano al Generalissimo, o al fantasmagorico finale).
Il registro prediletto è quello del grottesco, di una satira grassa condotta con furia sgangherata, fumettistica. Vi trovano spazio la massima bellezza possibile (incarnata dalla trapezista Natalia) e la goffaggine estrema, patetica del nostro clown, la crudeltà e il (ben più deleterio ed esplosivo) candore, le ragioni dell'odio, il sadomasochismo dispiegato al massimo, deformazioni, automutilazioni, travestimenti, volti sfigurati e schiene spezzate. Il tutto combinato in un parossistico, dissacrante squilibrio (che regge come per sortilegio un film dotato di una originalità visiva unica e di un ritmo furioso), fra cultura pop e gusto trash, riferimenti al modello melodrammatico e toni riflessivi (sembra riecheggiare l'amara considerazione di Nietzsche: «Il fine dell'amore è l'odio, il mezzo è la guerra»), sulfureo humour nero, omaggi cinefili (da Fellini a Tim Burton) e consapevolezza postmoderna.
Pierpaolo Loffreda, Cineforum n. 498, 10/2010

Critica (4):
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