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Shine a light - Shine a light


Regia:Scorsese Martin

Cast e credits:
Fotografia: Robert Richardson, John Toll, Andrew Lesnie, Stuart Dryburgh, Robert Elswit, Ellen Kuras, Emmanuel Lubezki, Declan Quinn, Tony C. Jannelli, Mitchell Amundsen, Anastas N. Michos, Albert Maysles; montaggio: David Tedeschi; scenografia: Mark Fischer (scenografie per il concerto); interpreti: Mick Jagger, Keith Richards, Ron Wood, Charlie Watts, Bill Clinton; produzione: Concert Productions International, Shangri-La Entertainment; origine: Usa, 2007; durata: 122'.

Trama:Un film concerto che ripercorre la storia degli Stones attraverso canzoni memorabili riproposte dal vivo con l'energia di sempre e con la voglia di darsi a un pubblico (e a un regista) adorante.

Critica (1):Ladies and gentleman rughe vere aprono il festival di Berlino numero 58. Autunno 2006 dal palco del Beacon Theater di New York primi piani per i solchi lungo il viso di Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts. Lo scorrere del tempo sta nelle facce dei Rolling Stones con una naturalezza e una grazia pari soltanto a quella che accompagna il volto di Jeanne Moreau. Keith, Mick e gli altri fanno assieme 250 anni (62,5 a testa) ma, ripetitivo dirlo, l'energia che sprigionano dal palco non ha paragoni. Shine a light del pluripremiato Martin Scorsese lo documenta con impietosa puntualità.
Fisicamente gli Stones sono guizzanti, hanno vitini da fotomodelle e semmai come Charlie Watts un filo di biologica gobbetta. Quest'ultimo taciturno, il meno trasgressivo della band, jazzista nell'animo, collante del gruppo, sbalordisce per come costruisce la trama ritmica con tenacia e vigore senza mai "sbattere" le bacchette sulle pelli e infastidire l'uditorio. Elogio delle retrovie: se gli Stones hanno un groove inconfondibile grande merito va a lui. Lo stesso Ronnie Wood indica a Scorsese, prima di iniziare l'immortalato concerto, che per lui la grancassa di Watts è il metronomo delle melodie eseguite dal vivo. Perché il problema, fittizio sia mai, di Scorsese sta proprio nel come stare dietro (o davanti) gli Stones.
Comicamente la documentazione del concerto da parte del grande regista hollywoodiano si apre e si chiude con due svolazzi fantasmagorici degni di nota. All'inizio cerca spasmodicamente di capire quale sarà la scaletta del gruppo quasi impazzendo per venirne a capo; nel finale apre un piano sequenza modello soggettiva di Mick Jagger come all'entrata del night in Quei bravi ragazzi mettendosi a dare, da inquadrato, le direzioni ("stagli dietro, vai su") al cameraman. Alla fine sul conto del cassiere della Paramount Pictures risultano 16 macchine da presa, una ventina di operatori tra cui una lista di direttori della fotografia da paura: Robert Richardson ( The Aviator , JFK ), John Toll ( L'ultimo samurai , Braveheart ), Andrew Lesnie ( Il signore degli anelli , King Kong ), Stuart Dryburgh ( Lezioni di piano, Il velo dipinto ), Robert Elswith ( Magnolia, Il mistero di Sleepy Hollow ) e Ellen Kuras ( Summer of Sam , Se mi lasci ti cancello ).
La differenza qualitativa la fanno e si vede. Perché circa due ore di concerto sembrano velluto per gli occhi e registrazione Deutsche Grammophone per le orecchie. Scorsese non registra semplicemente l'evento, ma lo culla, puntando ogni singolo obiettivo sui dettagli da cogliere in corsa: mai uno zoom, Jagger miracolosamente a figura intera anche quando si sposta velocemente in avanti. Le macchine da presa sfondano le quinte e si vedono in campo, ma dopo una decina di minuti i mirini scompaiono, tale è la simbiosi tra lo sguardo di Scorsese e la magia del suono dei Rolling Stones.
"La musica fa parte della mia vita ed è la base di ogni mio film - afferma Scorsese in una delle conferenze stampa più affollate degli ultimi anni berlinesi -. Ho tentato di avvicinarmi il più possibile e nel movimento della camera ho cercato quell'energia e quegli elementi coreografici da ricomporre al montaggio". Richards conferma la presenza/assenza del regista newyorchese: "Non ha avuto influenza sul nostro modo di suonare, non l'abbiamo sentito. Siamo andati in scena per fare uno spettacolo e Martin con me è stato esemplare: è riuscito a catturare i miei gesti senza farmelo pesare". I riff di chitarra, la riga di matita attorno a pupille saettanti, le improvvise pause con appoggio sulla spalla di Ronnie Wood, sono la caratteristiche di Richards che Scorsese non dimentica affatto. Anzi, quando tra gli ospiti sul palco (Jack White, emozionato e discreto; Cristina Aguilera, inutilmente grintosa) Buddy Guy chiude il suo pezzo, Richards gli regala la sua chitarra con un perentorio "è tua!". Noi lo sentiamo e vediamo in sincrono sulle labbra del chitarrista degli Stones con un nitore spaventoso, quasi fossimo da soli in sala e con le cuffie.
Il repertorio c'è quasi tutto ("Brown Sugar" e "Jumping Jack Flash" su tutti), la band è nutritissima oltre al quartetto base (Bobby Keys dirige la sezione fiati e Chuck Lewell riempie con l'hammond) e visto che De Niro, ex musa di Scorsese è salito sul palco elettorale di Obama, c'è perfino l'introduzione al concerto con Bill, Hillary e l'intera famiglia Clinton che vogliono conoscere Jagger e compagnia (...). Assolutamente da vedere. Ed ascoltare.
Davide Turrini, Liberazione, 8/2/2008

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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