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Ragazzi della via Paal (I)


Regia:Mondadori Alberto, Monicelli Mario

Cast e credits:
Soggetto
: dall'omonimo romanzo di Ferenc Molnàr; sceneggiatura: Mario Monicelli, Alberto Mondadori; fotografia: Cesare Civita; interpreti: Guido Macchi; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Italia, 1935; durata: 45'.

Trama:La vicenda, ambientata a Budapest, ha una trama abbastanza semplice e racconta della lotta tra due gruppi di ragazzi per la conquista di uno spazio libero per i giochi, nel deposito di una vecchia segheria a vapore. Il contrasto culmina con una battaglia vera e propria che vedrà vincitori i ragazzi della via Paal sulle Camicie Rosse.

Critica (1):Il colpo grosso nella mia carriera (e lo sarebbe stato anche per Alberto se avesse fatto il cineasta) avvenne quando decidemmo di fare un film di lunghezza normale, di un'ora e mezza, ma a 16mm e muto (allora non esisteva il 16mm sonoro) senza didascalie, ma in modo che tutto fosse ugualmente comprensibile. Scegliemmo di fare I ragazzi della via Paal. Lo girammo tutto a Milano, in interni ed esterni; l'operatore era un nostro amico, si chiamava Civita, un ebreo un po' più anziano di noi che si occupava di editoria; poi dovette emigrare in America ed è diventato un grossissimo personaggio dell'editoria americana, collegato con Mondadori. Era molto appassionato di fotografia, possedeva una modernissima cinepresa a 16mm, e aveva realizzato un documentario che si chiamava Udor, cioè "Acqua", molto bello, che mostrava l'acqua sotto varie forme.
Fra i protagonisti del nostro film prendemmo un giovinetto che faceva gli ultimi anni del ginnasio, era Giulio Macchi, divenuto poi regista cinematografico e televisivo.
Lo stile de I ragazzi della via Paal era realistico anche per forza di cose; perché prendemmo quei ragazzini dove li trovammo; perché lo ambientammo in una segheria dove i ragazzi si davano battaglia; perché giravamo in esterni e in appartamenti dal vivo. Cuore Rivelatore fu invece costruito con una scenografia di cartone fatta da Lattuada: una finestra, un albero ischeletrito, un letto in un ambiente nudo; ci rifacevamo molto agli espressionisti tedeschi.
Il romanzo de I ragazzi della via Paal aveva avuto un grosso successo in tutto il mondo; tanto è vero che lo adattò anche Frank Borzage negli Stati Uniti, uno dei miei registi preferiti di allora perché possedeva un tono intimista, romantico e piccolo-borghese. Inoltre, scegliemmo quel romanzo perché allora si potevano fare solo delle storie ambientate in Ungheria: le storie italiane o erano agiografiche o erano strappalacrime. Soprattutto non potevano esserci adulteri, suicidi, amori più che candidi. Per fare delle storie un po' più movimentate l'escamotage consisteva nell'ambientarle o in Ungheria o in Francia.
Io, poi, ero affascinato dai film francesi, da Duvivier, da La bella brigata, da René Clair, Carné, Renoir, Feyder: i nostri dei. Non ero mai andato in Francia, ero di un provincialismo chiuso, sia io che gli altri amici che mi circondavano.
I ragazzi della via Paal era un film drammatico, finiva con la morte del ragazzino; col senno di poi, credo che allora fossi molto indeciso se trattare temi di grande impegno drammatico, psicologico, direi anche truculenti, oppure invece temi ironici e satirici. Era a seconda dei film che vedevo: se vedevo un film di Renoir avrei voluto fare quello lì, se vedevo un film di René Clair cambiavo idea! Certamente questi miei primi due tentativi non avevano niente di umoristico né di divertente. La verità è che credo siano pochissimi quelli che cominciano una loro carriera espressiva facendo dei film comici. È difficile che un ragazzo applichi questo tipo di filtro. (...)
Mario Monicelli, L'arte della commedia, Edizioni Dedalo, 1986

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Mario Monicelli
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