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Girl Walks Home Alone At Night (A)


Regia:Amirpour Ana Lily

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Ana Lily Amirpour; sceneggiatura: Ana Lily Amirpour; fotografia: Lyle Vincent; montaggio: Alex O'Flinn; scenografia: Sergio De La Vega; costumi: Natalie O'Brien; interpreti: Sheila Vand (La ragazza), Arash Marandi (Il James Dean persiano), Marshall Manesh (Il giocatore d'azzardo), Mozhan Marnò (La prostituta), Dominic Rains (Il protettore della prostituta), Milad Eghbali (Il bambino), Rome Shandaloo (La ragazza ricca), Reza Sixo Safai (Il rockabilly); produzione: Say Ahh Productions, SpectreVision, Logan Pictures; distribuzione: Academy Two In Collaborazione con Paco Cinematografica; origine: Iran-Usa, 2014; durata: 97'. VM 14

Trama:Bad City, in Iran, è una città fantasma abitata da tossici, prostitute e vari individui poco raccomandabili. È qui che si aggira un vampiro che si ciba del sangue dei reietti, fino a quando incontra una ragazza solitaria e tra i due nasce l'amore...

Critica (1):Una ragazza si trucca nella sua stanza, svelando al nostro sguardo la sua bellezza, all’esterno coperta dal chador. Solitaria, la ragazza di notte va in giro in skateboard per le vie di una città iraniana immaginaria – o meglio, costruita sull’immaginario: un immaginario occidentale e molto cinematografico. È una ragazza dal morso letale, una vampira. L’intuizione che da sola basta a rendere interessante A Girl Walks Home Alone at Night è quella di fare del chador nero un mantello da vampiro, trasformando in strumento di rivalsa un elemento emblematico, in tutta la sua ambiguità, della dimensione femminile nel mondo islamico. Il chador, visto qui evidentemente come strumento di subordinazione, è trasformato nel corredo di un potere occulto e inaspettato, sia per lo spettatore, sia per le malcapitate vittime della ragazza. Che, s’intende, son tutte, chi più chi meno, meritevoli della sorte che le attende. Perché la città per la quale la ragazza si aggira di notte è Bad City, popolata di reietti, spacciatori e sfruttatori di prostitute: quanto basta per renderla prossima più a una Sin City o a una Gotham City, che non a Teheran o Esfahan.
A Girl Walks Home Alone at Night, esordio nel lungometraggio della regista di origine persiana Ana Lily Amirpour, è in realtà un film americano. In Italia arriva solo ora, a due anni dalla sua realizzazione, dopo essere circolato all’interno di una rassegna intitolata Nuovo Cinema Teheran. Amirpour (classe 1980), nata in Inghilterra, è cresciuta negli Stati Uniti e ha studiato da regista in California. Gli interpreti – a partire dalla protagonista Sheila Vand – sono di nazionalità americana pur essendo anche loro di origine persiana. Ma il film, che è girato in California in un conturbante bianco e nero, è parlato in farsi: tanto è accurata la mimesi necessaria a spaesare lo spettatore calandolo in un contesto che sia quanto più possibile iraniano.
Figlio però di un immaginario cinematografico occidentale, ben temprato in tono indie, ammantato di un’aura autoriale sin dalla scelta del bianco e nero e della lingua, A Girl Walks Home Alone at Night va ad aggiungersi alla schiera di film che negli ultimi anni rilanciano lo statuto qualitativo del filone vampiresco, sfruttandone le potenzialità e la grande duttilità, capace di adattarsi ad ogni stile e contesto. E dal momento che si basa su un precedente e omonimo corto della stessa regista del 2011, è solo una coincidenza se il film ricorda parecchio – per la modalità con cui si approccia al soggetto, per le atmosfere e i ritmi narrativi – Solo gli amanti sopravvivono di Jarmusch (2013).
Amirpour ha voluto definire il film “the first iranian vampire spaghetti western”, e al di là della trovata autopromozionale, l’etichetta coglie nel segno: ammette l’origine cinefila del film e chiama giustamente in causa il western, le cui coordinate, al pari del noir urbano, sono uno dei riferimenti del film. Semmai, suona un po’ strano il riferimento agli spaghetti western, dal momento che le caratteristiche dilatazioni temporali del genere non dovrebbero essere più sufficienti per scomodare Sergio Leone.
Di fronte a un film come A Girl Walks Home Alone at Night il rischio è quello di farsi troppo severi per “smascherare” un “finto” film persiano come un mero prodotto da Sundance. Non si tratta, infatti, di un film iraniano che parla della condizione femminile nel mondo islamico utilizzando codici occidentali in un’era in cui questi ultimi sono (o si pensano) globalizzati, quanto di un film americano che guarda all’Iran partorito con sensibilità femminile da una regista di origine persiana che non può non guardare all’Iran con una particolare sensibilità.
Al di là del fascino innegabile del film, occorre perciò riconoscerne la sincerità di fondo, che si accompagna alla bella intuizione di partenza e la sorregge grazie a uno stile di regia maturo. Non siamo, insomma, di fronte a qualcosa di epocale, ma nemmeno a uno specchietto per le allodole o a un falso mito che non dovrebbe meritare il culto di cui, in realtà, è già stato fatto oggetto anche qui in Italia, prima di essere finalmente distribuito in sala.
Stefano Santoli, cineforum.it, 30/6/2016

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