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Intervallo (L')


Regia:Di Costanzo Leonardo

Cast e credits:
Soggetto: Maurizio Braucci, Leonardo Di Costanzo; sceneggiatura: Maurizio Braucci, Mariangela Barbanente, Leonardo Di Costanzo; fotografia: Luca Bigazzi; musiche: Marco Cappelli; montaggio: Carlotta Cristiani; scenografia: Luca Servino; costumi: Kay Devanthey; suono: Christophe Giovannoni; interpreti: Francesca Riso (Veronica) Alessio Gallo (Salvatore) Carmine Paternoster (Bernardino) Salvatore Ruocco (Mimmo) Antonio Buíl (padre di Salvatore) Jean-Yves Morard (slavo); produzione: Tempesta e Amka Films Productions in collaborazione con Rai Cinema, in coproduzione con Rsi Radiotelevisione Svizzera Srg Ssr-Zdf/Das Kleine Fernsehspiel, in Collaborazione con Arte; distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà; origine: Italia-Svizzera-Germania, 2012; durata: 90’.

Trama:Salvatore e Veronica: un ragazzo e una ragazza troppo cresciuti rinchiusi in un edificio abbandonato in veste, rispettivamente, di carceriere e prigioniera. Dapprima fanno fatica a relazionarsi l'uno all'altro, ma con il passare delle ore si ritrovano a parlare dei loro sogni e dei loro desideri di adolescenti, che per forza di cose hanno dovuto mettere da parte. Arrivano persino a pensare di organizzare una fuga prima che la banda da cui sono stati rinchiusi faccia ritorno...

Critica (1):La più bella sorpresa di questa Mostra è un film italiano, l'esordio nel cinema di finzione di Lorenzo Di Costanzo con L'intervallo, presentato nella sezione Orizzonti. II titolo, forse l'unico neo in un film per cui vorrei scomodare la parola «capolavoro», rimanda un po' cripticamente alla pausa, alla «sospensione» della vita quotidiana cui sono costretti due adolescenti napoletani. Lei, Veronica (Francesca Riso), deve aspettare in un edificio abbandonato cosa dovrà pagare per uno sgarbo che ancora non conosciamo; lui, Salvatore (Alessio Gallo), tolto dal suo mestiere quotidiano di venditore di granite, deve sorvegliare che non scappi. Due ragazzi, ognuno preoccupato di quello che potrebbe succedere, chiusi in una «prigione» senza sbarre né catene: due personaggi in un unico luogo (anche se labirintico e sorprendente come l'ex ospedale psichiatrico Severino) che all'inizio si studiano, si punzecchiano (più lei che lui), poi si confessano sogni e paure, desideri e voglie, mentre il tempo scorre e si avvicina la «sentenza».
Solo apparentemente semplice e spontanea ma in realtà puntigliosamente sceneggiata (...) e preparata con prove durate mesi, l'azione dei due protagonisti si snoda lungo due fondamentali direttive. Da una parte la forza della loro
fantasia e della loro vitalità, capace di trasformare un ambiente fatiscente e abbandonato in una specie di regno delle favole, dove una cantina allagata diventa il mare e un giardino incolto quasi una foresta, mentre ogni sussurro si trasforma nell'eco di un fantasma. Dall'altra c'è il peso della realtà, con la logica delle guerre di quartiere, del potere territoriale, degli sgarri e delle offese, dove quella del più forte è l'unica legge accettata. Tra questi mondi che così male si conciliano tra loro, i due ragazzi devono trovare la propria strada, che potrebbe essere fatta di ribellioni o di compromessi, di libertà o di sottomissioni.
Una storia «normale», quotidiana per Napoli, che Di Costanzo filma mettendo a frutto la sua esperienza nel documentario e sfruttando un direttore della fotografia come Luca Bigazzi, che sa muoversi tra le ombre senza ricorrere a invadenti illuminazioni. II risultato è un film straordinario, forte e teso come un colpo di fucile, vero ed emozionante, in perfetto equilibrio tra la precisione della messa in scena e la forza espressiva dei suoi interpreti (...), da cui si esce con la testa piena di suggestioni e domande, rappacificati con un cinema che sa sfruttare fino in fondo tutte le possibilità che ha a sua disposizione.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 5/9/2012

Critica (2):Meglio L'intervallo che il primo e il secondo tempo del cinema italiano, meglio il detour del format. Il film d'esordio del documentarista Leonardo Di Costanzo è il titolo da spedire ai grandi festival internazionali, opera che si divincola dai tic formali e di genere e vola via come i pettirossi che «hanno paura della notte» e cantano nell'edificio diroccato di Napoli, un ex ospedale psichiatrico meraviglioso, un labirinto emozionale dove Salvatore (Alessio Gallo) e Veronica (Francesca Riso) si incontrano. Non sarà una promessa, L'intervallo è già oltre gli 'Orizzonti', destinazione e sezione scelta dalla Mostra, con il suo incanto da fiaba di periferia, i dialoghi rock di un napoletano sincopato e di due ragazzini vagabondi in uno spazio misterioso, attraversato da creature degne di Miyazaki, presenze di altri mondi, apparizioni improvvise affondate nella melma dei sotterranei e nel giardino fatato, un gufo uscito dalle pagine di Poe, una nidiata di cuccioli rifugiati, il fantasma di una bambina suicida... (...) Variazione sul tema 'io e te' di Bertolucci, il film abita in un luogo chiuso, nel film un collegio dismesso, ring per i due adolescenti che non vogliono stare «né da una parte e dall'altra», ma volar via come l'aereo in transito su Napoli, costante richiamo alla fuga per Veronica, insofferente al suo secondino per caso. (...) Il regista 54enne di Ischia ha osato il passaggio alla narrazione, e dato agli abitanti del suo cinema una partitura libera nella bellissima fotografia di Luca Bigazzi e nel montaggio jazz di Carlotta Cristiani. Un film che si posa sul viso di chi è sempre fuori quadro, e si confonde con le foglie e le pietre, e che sprigiona qualcosa di gioioso anche nel profondo dark, Veronica con i fiori in dono davanti al ritratto della sua coetanea morta per non restare sola, proprio come lei. Dolcemente comico nei dialoghi dell'assurdo, L'intervallo segue da vicino i suoi «eroi» abbandonati per un giorno, prigionieri finalmente liberi.
Mariuccia Ciotta, Il Manifesto, 5 /9/2012

Critica (3):“La scommessa era proprio questo gioco alterno con tutti i suoi rischi Il personaggio di Salvatore l'ho misurato sui miei ricordi di ragazzo, quello di Veronica somiglia a tanti personaggi femminili che ho filmato, donne che cercano di ribellarsi. Mi piacciono tutti e due, entrambi raccolgono quello che siamo noi. C'è chi vive in certi quartieri dove si conoscono tutti. e il peso del gruppo è molto forte. Quando ho traslocato dove abito adesso, in Via dei Tribunali, è stato difficile, venivo percepito come un elemento esterno. E in questi contesti si è obbligati continuamente con un atteggiamento mafiosetto, con le piccole ingiustizie a cui si puà rispondere con una rivolta, come Veronica, o in silenzio come Salvatore. La camorra è soprattutto la zona grigia di una mentalità in cui si viene sballottati da una cosa all'altra. (...)
Ho incrociato tante volte la camorra filmando a Napoli, e spesso appunto più sotto forma di una mentalità, che è la cosa peggiore. Se si trattasse solo di una banda criminale, una volta arrestati i suoi componenti sarebbe tutto finito. Invece sono le condizioni economiche, il sostrato culturale che la determinano, e una certa condivisione di valori, l'appartenenza a quel mondo che la rendono forte.”
(dall’intervista al regista di Cristina Piccino, il manifesto, 29/8/2012)

Critica (4):
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