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Se l'inconscio si ribella


Regia:Leonardi Alfredo

Cast e credits:
Fotografia, montaggio:
Alfredo Leonardi; musica: Peter Hartman, con la partecipazione di: Cathy Berberian, in una sua composizione; interpreti: Cathy Berberian, Paolo e Poupée Brunatto, Sandra Cardini, Carlo Cecchi, Peter Hartman, Silvana e Francesco Leonardi, Living Theatre; anno: 1968; durata: 21'.

Trama:L’inizio del film è muto, quasi a sottolineare il ritmo “largo” della cadenza. Solo verso la fine della sequenza le immagini si animano, compare un suono fra indistinto e misterioso in cui sotto timbri metallici si intende il basso continuo di una voce maschile. Con uno scatto determinato dalla luminosità enormemente maggiore rispetto alla sequenza precedente, dal ritmo di ripresa leggermente accelerato (16 fts invece di 24) e dall’irrompere di un coro di voci miste fortemente cadenzato, appaiono i due amici Carlo e Peter, che ritorneranno anche verso la fine del film

Critica (1):Se l’inconscio si ribella, titolo apparentemente serioso e anzi quasi minaccioso (ma dovrebbe almeno a un certo punto apparire chiaro che allora non succede nulla o succede tutto, ma in ogni caso è un processo positivo e salutare), si apre con una sequenza della compagnia del Living Theatre, ripresa nel corso di una rappresentazione dei Mysteries. A parte il valore ritmico di queste prime immagini nell’economia strutturale del film (prevalente staticità delle riprese di base, armonizzate da un quieto contrappunto di sovrimpressioni variamente angolate per raggiungere un’uniforme saturazione dell’inquadratura, senza privilegi per l’asse gravitazionale), questa presenza ha, come ogni altra nel film, un valore emblematico e testimonia il mio interesse e il mio amore per una comunità di persone che cercano di vivere nel modo più libero, dinamico e loro maggiormente congeniale, e prolungano la propria esperienza umana in una dimensione formalizzata, in un linguaggio artistico che tende a comunicare, a travasare se stesso negli spettatori, attraverso tutti i loro sensi, nel modo più intenso e diretto. Questo procedimento e questo rapporto fra sé e la propria opera è estremamente analogo al mio fare artistico e alla relazione intercorrente fra me e i miei film. Per questa ragione il Living apre e chiude il film come a sintetizzarne la parabola (in particolare Julian Beck e Judith Malina, due fra le persone che più al mondo amo e venero, sono rispettivamente la prima e l’ultima persona ad apparire nel film).
L’inizio del film è muto, quasi a sottolineare il ritmo “largo” della cadenza. Solo verso la fine della sequenza le immagini si animano, compare un suono fra indistinto e misterioso in cui sotto timbri metallici si intende il basso continuo di una voce maschile. Con uno scatto determinato dalla luminosità enormemente maggiore rispetto alla sequenza precedente, dal ritmo di ripresa leggermente accelerato (16 fts invece di 24) e dall’irrompere di un coro di voci miste fortemente cadenzato, appaiono i due amici Carlo e Peter, che ritorneranno anche verso la fine del film.
Si tratta di due artisti colti nella loro intimità e privatezza segnate da un carattere di gioco, che è uno dei pedali continui del film: il recupero della capacità di esercitare con naturalezza il gioco sociale che è conoscenza e relazione a tutti i livelli, dall’intellettuale al sensuale con tutti i gradi intermedi. Il carattere omosessuale di questo gioco, tratto che ricollego ai miei ricordi infantili e che è in ogni caso connesso al pansessualismo dell’infanzia introduce la prima breve comparsa del bambino, mio figlio, che è la presenza unificante dei film e il mio transfert più diretto. Lo si vede mentre gioca, per l’appunto, con elementi di costruzione a incastro, concentrato in una creazione che impegna tutta la sua cosciente partecipazione. È il principio dell’esperienza “artistica”, insieme tecnica e ideativa di cui è partecipe, in senso molto più riflesso e narcisistico. Cathy Berberian, che impersona nel film il principio della seduzione consapevole, del fascino naturale affinato e potenziato dall’intervento di “arti” e sensibilità complesse e complementari, sottolineate nel loro carattere magico e incantatorio dall’uso di sovrimpressioni al cui tono cromatico non è estranea una lontana suggestione, molto soggettiva, di Josef von Sternberg nei suoi più splendidi film con Marlene Dietrich. Poiché come ho già accennato, nei mie film si applica un valore generalizzato di transfert alle immagini, la contiguità fra Cathy Berberian e Francesco (il bimbo) significa, essendo quest’ultimo il mio dichiarato transfert, un rapporto privilegiato di speciale affezione che nutre per questo grande e affascinante artista, sottolineato dall’esser chiuso, come una parentesi di sogno, dalla breve riapparizione – una inquadratura – del bambino. La sessualità e l’esperienza sentimentale sono l’altro grande filone del film, in fondo non distinguibili dall’elemento “gioco” cui si è prima fatto riferimento, e il bambino vi entra direttamente in contatto con la sequenza delle bambine in cui, ancora una volta, agisce come autore di un’esperienza e mediatore di una mia presenza, testimone inconsapevole di un mio atteggiamento nei confronti del sesso, che non conosce limiti di età e sente, ovunque ci sia la possibilità, la realtà, la necessità del rapporto amoroso, che non è affatto visto tecnicamente e mentalmente da adulto, ma si lascia trascinare e si esprime secondo le precise richieste e potenzialità del partner [...] (1968)
Alfredo Leonardi Bianco & Nero mag-ago 1974

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Alfredo Leonardi
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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