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Offside - Offside


Regia:Panahi Jafar

Cast e credits:
Sceneggiatura: Jafar Panahi, Shadmehr Rastin; fotografia: Mahmoud Kalari; musiche: Korosh Bozorgpour; montaggio: Jafar Panahi; scenografia: Iraj Raminfar; interpreti: Sima Mobarak Shahi (Prima ragazza), Safar Samandar (Soldato), Shayesteh Irani (Ragazza che fuma), M. Kheyrabadi (Soldato), Ida Sadeghi (Giocatrice di calcio), Golnaz Farmani (Donna con chador), Mahnaz Zabihi (Ragazza soldato), Nazanin Sedighzadeh (Ragazzina), M.R. Gharadaghi (Ragazzo con petardi), Mohammad Mokhtar Azad (Haji), Karim Khodabandehloo (Soldato), Hadi Saeedi (Soldato); produzione: Jafar Panahi; distribuzione: Bolero Film (2011); origine: Iran, 2006; durata: 88'

Trama:Iran. Una ragazza, per assistere a una partita di calcio, si traveste da uomo e sale sul bus che porta i tifosi allo stadio. Purtroppo, durante le perquisizioni al checkpoint viene scoperta e confinata all'interno di un recinto adiacente allo stadio, dove sono state rinchiuse altre donne, anche loro tifose mascherate sotto abiti maschili. Oltre all'ingiustizia di non poter assistere alla partita, le malcapitate devono sottostare ad una serie di abusi psicologici. Sono costrette infatti ad ascoltare da fuori il tifo dello stadio senza essere al corrente di ciò che accade all'interno e devono subire le ingiurie e le beffe da parte di guardie totalmente indifferenti al mondo del pallone. Nonostante tutto, però, alla prossima partita, le ostinate tifose tenteranno di nuovo il tutto per tutto pur di ammirare in azione i giocatori della loro squadra del cuore...

Critica (1):Offside. Mai titolo di film tu più malaugurante per la vita del suo regista. Talentuoso, pluridecorato e dunque imprigionato. L'iraniano Jafar Panahi è ancora fuorigioco. A deciderne l’anno scorso l'arresto (oggi ai domiciliari) per sei anni di reclusione e ben 20 di "impedimento da ogni attività creativa" è stato il regime fondamentalista di Ahmadinejad. Stampa e opinione pubblica mondiali si occupano del “caso Panahi" da tempo, e l'ultima Berlinale si è esposta a favore del 5lenne cineasta di Teheran al punto da meritarsi una sorta di fatwa dai satrapi del dittatore, indignati per l'appoggio dato al “nemico pubblico n. 1”.
D'altra parte la capitale tedesca non ha dimenticato che l'ultima opera di Panahi andò in concorso proprio al suo festival: correva l’anno 2006 e il film era appunto Offside. Che finalmente esce in Italia, a cinque anni dalla presentazione festivaliera. Offside scritto, diretto, montato e prodotto da Panahi, non solo è un film bello, uma è l'ennesimo esempio della capacità di quest'autore di incidere stilla coscienza socio-politica dello spettatore attraverso l'esclusivo utilizzo del linguaggio cinematografico. L'allora giuria internazionale al Festival di Berlino capitanata da Charlotte Rampling non se lo lasciò sfuggire attribuendogli il proprio Gran premio. Il film, come prevedibile rimasto invisibile in Iran, parte da un piccolo fatto privato ispirato dalla realtà quotidiana per aprirsi al dibattito politico e sociale. E in questo caso sulla condizione femminile in Iran. L'intervista che segue venne realizzata appunto a Berlino nel 2006, poco dopo la proiezione del film: una conversazione che si fa “documento” perché oggi, ovviamente, non sarebbe più possibile.

Come nasce "Offside"?
L'occasione è arrivata dagli imminenti Mondiali di calcio del 2006 in Germania e dalla constatazione del crescente interesse a questo sport da parte delle donne, inclusa mia figlia. A loro, però, una legge nazionale impedisce l'entrata negli stadi. Restare a casa e guardare la partita in tv? Giammai: rimosso il velo, le impavide si travestono da maschi e invadono gli spalti. Con il consapevole rischio di essere scoperte e finire al fresco. O bloccate fuori dagli impianti, se­gregate in recinti costruiti all'uopo. Quale migliore pretesto per raccontare una nuova storia sulla condizione femminile in Iran? E così è nato "Offside", tratteggio amaro in chiave però di commedia di un manipolo di ragazze tifose costrette “fuori­gioco” dai poliziotti durante l'incontro Iran-Bahrein, valevole per le qualificazioni ai Campionati.
Ha girato direttamente durante la partita?
Sì, e ci siamo organizzati per effettuare le riprese nella situazione reale. ll problema è che quando si sono accorti di me, cioè di un regista piuttosto noto, le autorità preposte allo stadio si sono avvicinate chiedendo di interrompere il film, dando loro pure i giornalieri. Mi sono opposto, spiegando che non era nelle loro competenze. E prima che riportassero la mia reazione ai superiori ero riuscito a terminare le riprese, fregandoli.
Lei è un veterano di racconti al femminile. Pensa che po­rebbe aprirsi a figure appartenenti a mondi stranieri?
Il mondo femminile racchiude tutto, anche quello maschile. Da noi le donne soffrono in manieri indescrivibile per potersi affermare: basta guardare gli occhi e i gesti delle tifose di calcio nel mio film. Non solo è assurdo ma è pressoché ridicolo che non possano entrare negli stadi. È sufficiente leggere la ragione senza senso che sorregge il divieto: evitare che signore e signorine vengano in contatto con le scurrilità da stadio. Ma in che mondo viviamo?
Intende dire che gli uomini iraniani sono consapevoli dell'assu rdità di certi impedimenti sulle donne?
Certo, specie tra le nuove generazioni. Non a caso i giovani poliziotti sanno molto bene che si tratta di una legge surreale, e se potessero lascerebbero quelle ragazze libere sugli spalti. Ma anche loro rischierebbero. Questa è una piccola ipocrisia dietro la quale si celano i grandi problemi della nostra società. Quanto a me “cine-cantore” all'estero non credo proprio: spesso mi invitano a fare film fuori dall'Iran, ma fornisco sempre la medesima risposta. “Se non conosco la cultura, la lingua, la società di un Paese non posso raccontarlo". (...)
Anna Maria Pasetti - intervista al regista realizzata a Berlino nel 2006, Il Fatto Quotidiano, 6/4/2011

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