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Palermo Shooting - Palermo Shooting


Regia:Wenders Wim

Cast e credits:
Sceneggiatura: Wim Wenders, Norman Ohler; fotografia:Franz Lustig; musiche: Irmin Schmidt; montaggio: Peter Przygodda, Oli Weiss; scenografia: Sebastian Soukup; costumi:Sabina Maglia; interpreti: Campino (Finn), Giovanna Mezzogiorno (Flavia), Dennis Hopper (Frank), Inga Busch (Karla), Sebastian Blomberg (Manager/Julian), Francesco Guzzo (Giovanni), Wolfgang Michael (Erwin), Harry Blain (Harry), Gerhard Gutberlet (Gerhard), Axel Sichrovsky (Hans), Patti Smith (se stessa), Lou Reed (se stesso), Milla Jovovich (se stessa), Giovanni Sollima (se stesso); produzione: Wim Wenders E Gian-Piero Ringel per Wenders Images Gmbh con i fondi della Provincia Regionale di Palermo-Aapit (Por Sicilia)-Comune di Palermo, Nrw Filmstiftung e Medienboard Berlin-Brandenburg in collaborazione Con Zdf, Arte e Pictorion Das Werk; distribuzione: Bim; origine: Germania-Italia, 2008; durata: 126’.

Trama:Fotografo di fama mondiale, Finn conduce una vita movimentata che gli invidiano in molti. Basti dire che dorme pochissimo e che il suo telefono cellulare suona in continuazione. Con la cuffia sempre sulle orecchie si gode la fedele compagnia della musica. Ma quando all'improvviso la sua vita perde il suo ritmo, Finn abbandona tutto. Il suo vagabondare lo porta da Düsseldorf a Palermo dove la sua strada si incrocia con quella di un misterioso assassino che non gli dà tregua. Ma, nello stesso tempo, ha l'occasione di cambiare la sua vita e poco dopo incontra una giovane donna di cui si innamora...

Critica (1):Wenders mette in scena un fotografo famoso e di gran successo che dopo la morte della madre si ritrova con le sue notti popolate di incubi, si rende conto della sua solitudine e della sua stanchezza di vivere. L'ennesimo viaggio di lavoro lo porta da Duesseldorf a Palermo e qui, in questa città dove la celebrazione del giorno dei morti ha la stessa solennità di quella del Natale, si ritrova ad essere preso di mira da un misterioso killer che non cessa di braccarlo con le sue frecce color dell'argento.
Contemporaneamente, l'incontro con una bella restauratrice d'arte intenta nel restauro di un affresco che non a caso ha per titolo «Il trionfo della morte », fa scattare inconsciamente un nuovo interesse alla vita. La presenza del misterioso assassino, che poi altri non è che la morte stessa si fa però sempre più minacciosa... Finn, il protagonista del film è un cantante rock molto noto in Germania, Campino, la ragazza è la nostra Giovanna Mezzogiorno, La Morte è Dennis Hopper, il cranio rasato per l'occasione, e addosso una sorta di saio o di mantello che lo fa assomigliare a un templare o a un massone. C'è anche spazio per un'apparizione dell' ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che parla in tedesco con accento siciliano e della fotografa Letizia Battaglia, nonché di molta Sicilia più o meno folkloristica. «La scelta di questa città – ha spiegato il regista – è fondamentale all'interno del film, e del resto in tutte le mie opere i luoghi geografici hanno sempre avuto grande importanza. Sono come dei personaggi a parte intera. Palermo è qui una sorta di catalizzatore, da un lato grottesca e bruciante, dall'altro imponente eppure delicata, profondamente ferita eppure sempre pronta a rialzarsi. Ci sono andato portandomi dietro il Viaggio in Italia di Goethe, e ho scoperto che in due secoli non era cambiato niente». Hopper, lo abbiamo detto, incarna La Morte. «Non ne ho fatto una figura lugubre, ma un uomo schiacciato dalle sue responsabilità, uno che cerca disperatamente di fare bene il suo lavoro». (…)
Stenio Solinas,
Il Giornale, 25/5/2008

Critica (2):Fotografo alla moda, Finn è afflitto da una "Angst", un´angoscia tipicamente wendersiana. Ha scollinato la quarantina, sta divorziando e soffre d´insonnia. Così, almeno, dice lui; in realtà dorme la metà del film e quando dorme sogna: scheletri, orologi liquidi alla Salvador Dalì, più un tipo incappucciato con arco e frecce che poi si rivelerà essere la Morte in persona. Schivato per un pelo un incidente, l´uomo va a Palermo, dove incontra Giovanna Mezzogiorno, alias Flavia, impegnata nel restauro di un affresco di anonimo quattrocentesco intitolato (rieccoci) "Il trionfo della morte". Nel capoluogo siciliano si spendono alcune perle di saggezza da repertorio gattopardesco: l´equazione città piena di morti-città piena di vita, per intendersi. Tutto The Palermo shooting, del resto, è seminato di pillole problematiche, dall´interrogativo (irrisolto) "quando si capisce di essere morti?" a divagazioni sui temi favoriti di Wenders, ovvero lo statuto dell´immagine e la soppressione della realtà. Di casa al Festival dal 1976 (otto volte in competizione o fuori-concorso, pluripremiato, già presidente della Giuria), il regista tedesco non girava da una quindicina d´anni in Germania (Dusseldorf, dove la storia inizio, è la sua città natale) e in Europa. Si direbbe un ritorno alle origini e a personaggi famigliari: la parte principale, scritta pensando a Campino, il musicista leader del gruppo punk-rock tedesco Die Toten Hosen (come dire "i pantaloni morti") evoca i personaggi depressivi ed errabondi che Rudi Vogler interpretò in film come "Alice nelle città" o "Lisbon Story". Il tutto ha un po´ il sapore del "private joke"; anche per la presenza di Dennis Hopper, già complice di Wenders nell´"Amico americano", e di Milla Jovovich (attrice nel suo "The Million Dollar Hotel") nella parte di se stessa; ai quali si aggiungono Lou Reed e Patti Smith. Salvo che, poi, il regista immerge il film in un´atmosfera lugubre, necrofila addirittura, con più di un sospetto di pulsione menagrama. Un umor (senza traccia di humour) nero, in fondo, confermato dalla dedica finale alla memoria di Ingmar (Bergman) e Michelangelo (Antonioni). Se si confronta il viaggio a Palermo di Wenders col turismo di Allen a Barcellona, visto qui a Cannes, l´atteggiamento dei due veterani del Festival appare diametralmente opposto: gioia conclamata e un tantino superficiale per Woody, pessimismo (salvo un inno finale all´amore, di sapore apotropaico e che non cambia nulla) per Wim. (…)
Roberto Nepoti,
La Repubblica

Critica (3):

Critica (4):
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