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Spin Time - Che fatica la democrazia!


Regia:Guzzanti Sabina

Cast e credits:
Fotografia: Chicca Ungaro; musiche: Giorgio Giampà, Marta Lucchesini; montaggio: Irene Vecchio; suono: Bruno Gilsberg; produzione: Secol Superbo e Sciocco, Ifbf; distribuzione: WANTED CINEMA; origine: Italia, 2021; durata: 92'.

Trama:Il protagonista del racconto è un palazzo occupato di 17mila metri quadri, famoso per l'intervento dell'elemosiniere del Papa, in cui è in atto un esperimento politico e sociale. Ci sono delle votazioni che vengono continuamente rimandate e c'è uno spettacolo con regole e finalità del tutto particolari. Questi due plot interagiscono fra loro in modo inaspettato, anche per chi ha pensato il film, e consentono di conoscere una realtà di cui mai avremmo immaginato l'esistenza, che sembra insieme lontana e tanto familiare.

Critica (1):«La decisione di realizzare questo film viene da un'ispirazione quasi comica, improvvisa e intensa, dopo aver conosciuto il lavoro teatrale di Christina Zoniou e il gesto di disobbedienza civile dell'Elemosiniere del Papa, che riattaccò la luce a un palazzo occupato da 180 famiglie di indigenti. Lo slogan per pubblicizzare Spin Time potrebbe essere: i poveri come non li avete mai visti». (Sabina Guzzanti)

Critica (2):Stavolta, l’oggetto polemico (ma anche poetico), è il palazzo romano in via di Santa Croce in Gerusalemme, occupato (per iniziativa del comitato Action) da 450 persone indigenti (di 25 nazionalità diverse), cui nel 2019 fu staccata la corrente, riattaccata dopo 5 giorni dall’elemosiniere di Papa Francesco, Konrad Krajewski. Uno spazio che è anche la sede di Spin Time, polo culturale di straordinaria vitalità. Ma anche un laboratorio di convivenza non facile tra persone, storie e tradizioni differenti, dove le istanze politiche non sempre si incontrano (e spesso anzi si scontrano) con le necessità materiali e i contrasti quotidiani di uomini, donne e bambini ospiti dell’edificio.
Tra turni di guardia cui ottemperare, elezioni di rappresentanti di volta in volta rimandate, disaccordi sulle attività da svolgere,Spin Time è, come da sottotitolo, un film sulla fatica (inevitabile) della democrazia. Ma anche sul potere della cultura di incidere concretamente nella società: le tecniche del Teatro dell’Oppresso, praticate dalla regista greca Christina Zoniou, riescono a decostruire stereotipi e gerarchie di potere, ricomponendo, almeno temporaneamente, gli stessi conflitti in seno alla variegata umanità dell’edificio. È questo il vero cuore della vicenda, con la stessa Guzzanti che si diverte e diverte a calarsi nel ruolo della giornalista borghese prevenuta contro gli occupanti.
Ed emerge la complessità dell’affresco, anzi del bassorilievo, come quello che si trova nel palazzo (ex sede dell’Ipdap, poi privatizzato). E che la regista-attrice, in una felice impennata surreale, trasforma in coro animato (da lei stessa doppiato), richiamandosi giocosamente (ma anche molto seriamente) alla tradizione del teatro greco. Ovvero, a un’idea di democrazia che, se non altro, aveva colto l’imprescindibilità dell’arte come mezzo politico. E che un po’ rivive nel presente di Spin Time, con tutte le contraddizioni e criticità del caso. Ma anche con la capacità di gettare (e cogliere, da parte della documentarista) più di un seme di alternativa latitante in un Paese dove troppo spesso legalità non fa rima con giustizia. «Rivedendolo», afferma la regista,« la cosa che mi rende più orgogliosa è che penso sia anche un manifesto di ideali libertari dei quali non si sente più parlare».
Senza mai cadere in stereotipi né in facili idealizzazioni, tanto meno nei pudori del politicamente corretto: «Il pregiudizio ideologico», prosegue Guzzanti, «vorrebbe che andassi a fare un film sul disagio per dimostrare che tutti sono “buoni”. Sono persone diversissime, e vanno aiutate perché è un loro diritto. Per costruire una società dove tutti abbiano quel minimo di dignità che ci consenta di vivere in una democrazia. La democrazia si fonda sull’uguaglianza, non sulla legalità». E quella di Spin Time è una democrazia che, con tutta la sua (stra)ordinaria fatica, restituisce ciò che la voce della regista afferma di stare cercando all’inizio del film: «Un po’ di fiducia nel genere umano».
Emanuele Bucci, ciakmagazine.it, 16/9/2021

Critica (3):

Critica (4):
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