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Città ideale (La)


Regia:Lo Cascio Luigi

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Luigi Lo Cascio, con la collaborazione di Massimo Gaudioso, Desideria Rayner, Virginia Borgi; fotografia: Pasquale Mari; musiche: Andrea Rocca; montaggio: Desideria Rayner; scenografia: Ludovica Ferrario, Alice Mangano; costumi: Maria Rita Barbera; suono: Fulgenzio Ceccon; interpreti: Luigi Lo Cascio (Michele Grassadonia), Catrinel Marlon (Alessandra), Luigi Maria Burruano (Avv. Scalici), Massimo Foschi (Avv. Chiantini), Alfonso Santagata (Pubblico Ministero), Aida Burruano (mamma), Roberto Herlitzka (custode maneggio), Barbara Enrichi (giudice), Angela Antonimi; produzione: Angelo Barbagallo per Bibi Film con Rai Cinema; distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà; origine: Italia, 2012; durata: 105’.

Trama:Michele Grassadonia è un ecologista sensibile e integralista. Architetto palermitano, ha lasciato la Sicilia per la Toscana, dove abita quella che lui considera la città ideale, Siena. Inviso ai colleghi, vive solo in un appartamento spartano, dove sperimenta energie alternative. Una sera di pioggia tampona un'ombra e finisce contro un'automobile parcheggiata. Qualche chilometro dopo rinviene il corpo di un uomo riverso sull'asfalto. Chiamati i soccorsi, viene interrogato dalla polizia stradale sull'accaduto. La macchina ammaccata e alcune sfortunate circostanze, convincono gli agenti della colpevolezza del Grassadonia, che da soccorritore diventa indagato. È l'inizio di un'avventura paradossale e di una ricerca angosciata della verità.

Critica (1):Michele è un ossessivo. Chiuso, determinato, persegue rigidamente le sue convinzioni ecologiste, cosa che lo rende inviso ai colleghi di hvoro, in ufficio infatti non permette di accendere i riscaldamenti e neppure la luce elettrica finché c'è un po ' di chiarore fuori. È un solitario, Michele, architetto di fiducia del suo capo e professore, col fantasmi pesante del padre che aveva commesso molti errori lasciando da morto lui e la madre peni di debiti. Per non pensarci è andato via da Palermo, dai ricordi, dalla vergogna, scegliendo Siena perché, come dice a un certo punto, ai suoi occhi rappresenta la città ideale È questo il titolo che luigi Lo Casco ha scelto per il suo primo film da regista (selezionato all'ultima Settimana della critica di Venezia), che lo vede anche protagonista nel ruolo di Michele, e autore della sceneggiatura (a cui hanno collaborato Massimo Gaudioso, Desideria Rayner, Vagina Borgi). Una scommessa alta per un esordierte, soprattutto perché Lo Cascio non si accontenta di un soggetto «due-camere-e-cucina» ma si avventura in un viaggio nell'ambiguità dell'esistenza, e della sua rappresentazione, cercando a questo una corrispondenza costante nelle sue immagini
Chi è davvero Michele la cui vita viene sconvolta in una serata di pioggia, quando guidando, lui che non tocca da anni un'automobile, per fare un piacere al capo, investe qualcosa o qualcuno? Poco dopo una sagoma gli appare sul bordo della strada: lui tira diritto, poi ci ripensa, forse è un sacco di immondizia che inquina, e invece è un uomo, Uno dei notabili più in vista della città. Ma non è un thriller La città ideale anche se intorno a questa morte accidentale si costruisce la progressione narrativa. Al centro del mistero c'è piuttosto il protagonista, il puzzle complicato di franamenti emozionali che stridono con la facciata delle convizioni, e coi fantasmi che ha rinchiuso in un angolo remoto, a cominciare dal padre perseguitato. Vi somigliate tanto, gli dice la madre, e invece lui ha provato a essere diverso in ogni modo, a essere un altro mentre circolarmente si trova quasi a prendere il suo posto: stessa sconfitta, stessa disillusione. Michele cerca la verità. ma dove? Nei segni di un suo doppio che lo spaventa, o negli schizzi di quella strana ragazza bella, ricca, tossica, artista a cui ha ceduto la sua casa? Dipinge solo animali in fuga da predatori, la dinamica della cattura dice lei. Ma la trappola a volte è dentro di noi...
C'è qualcosa di disturbante, e di molto forte in questa messa nudo di un maschile (incertezze comprese), e della sua retorica in un mondo tra uomini, attraversato da improvvisi lampi di un femminile che è pura proiezione, la madre, l'amante, l'oggetto del desiderio (a tratti si pensa a Shame di Steve MacQueen).
Lo Cascio lavora su un tempo sospeso, un flusso surreale a cui la luce di Pasquale Mari e il montaggio di Desideria Rayner imprimono con precisione il sentimento oscuro, di soffocante inquietudine che la scoperta progressiva di questo ipotetico sé produce. Ed è un sé individuale ma anche collettivo, sono i lati oscuri sopiti e gli opportunismi (o le «opportunità») di ciascuno che all'improvviso affiorano negli incubi notturni del personaggio e nelle meschinità di una «città ideale» che non è tale, e non può esserlo perché è diventata la proiezione delle sue fantasmagorie. Nel gioco di specchi, e del cinema, la «verità» diviene dunque «il possibile», rivelando il suo conflitto, e il talento di un cineasta che ci sorprende.
Cristina Piccino, il manifesto, 11/4/2013

Critica (2):Passato alla regia, Luigi Lo Cascio avrebbe potuto scegliere una delle varie opzioni di successo riservate a un attore molto amato e riconoscibile come lui (I cento passi e La meglio gioventù, Bellocchio, Piccioni e Martone): l'impegno civile, la prova d'attore autarchica, il film "ora vi faccio vedere chi è l'autore". Lui ha scelto la strada più impervia, quella di un film strambo, diseguale, anomalo, interessante. Ha scelto di diventare un attivista ecologista ortodosso e rompipalle di nome Michele Grassadonia, che dalla Sicilia si è trasferito a Siena per cercare la città e il mondo ideale.
Tutto bene – più o meno – fino a quando, nel suo universo ossessivamente (astrattamente?) votato alla perfezione etica ed ecologica, irrompe la realtà, in forma di incidente misterioso, con tanto di personaggio famoso e l'architetto idealista accusato di omicidio. Insieme alla realtà irrompe anche Kafka. E l'Italia della giustizia ampollosa, dei furbi e degli ipocriti, dell'avvocato che ha le conoscenze giuste, del compromesso come unica soluzione possibile se non vuoi finire male. La verità non esiste, si sa. Esistono delle vaghe approssimazioni, frutto di ricostruzioni più o meno attendibili.
Tutto molto scritto, qua e là con un piacere quasi letterario, che alla fine non stona affatto con lo stile surreale (eppure asciutto), straniante, in bilico tra il sogno e la realtà, decisamente metaforico. D'altra parte Lo Cascio è anche e soprattutto un attore e un autore di (buon) teatro (che tra l'altro ha riscritto, adattato e inscenato proprio Kafka, in La Tana, vincendo il premio Ubu nel 2005). C'è chi ha sottolineato i punti deboli e le fragilità del film, che ci sono e sono pure evidenti. Noi ci mettiamo dalla parte di chi ne ha apprezzato il coraggio e lo stile.
Fabrizio Tassi, Cineforum n. 518, 10/2012

Critica (3):Con tanti film ancorati alla cronaca o costretti a fare i conti col piccolo cabotaggio televisivo, fa piacere che un ottimo attore come Luigi Lo Cascio debutti alla regia con un oggetto anomalo come La città ideale (visto in settembre a Venezia alla Settimana della Critica). Un film ancora lievemente fragile e imperfetto nell'esecuzione, ma forte di un disegno e di ambizioni oggi piuttosto inconsuete.
La città del titolo è Siena, fino a ieri gioiello di senso civico e urbanistica, dove il palermitano Michele (lo stesso Lo Cascio) vive da anni coltivando ossessioni da perfetto ecologista, o forse da perfetto rompiscatole. Un fanatico, meglio: un misantropo dei nostri tempi che anteponendo l'ideale al reale, la virtù alla vita, si trova in un vicolo cieco quando una notte, guidando per fare un favore a un amico (lui ha smesso di guidare), viene coinvolto in un incidente che lo trascina in un incubo degno di Kafka, o meglio di Dürrenmatt.
Michele infatti è innocente, ma tutte le apparenze sono contro di lui. Se dice la verità si mette nei guai. Dovrebbe «correggere» la sua versione dei fatti, ma non vuole, non può mentire. Così anche quella città ideale si popola di personaggi ambigui, visioni oniriche, donne gigantesche e irraggiungibili (l'inedita Catrinel Marlon). Fino a quando l'esule volontario non verrà a patti con le sue radici affrontando la città natale, la sua sporcizia, la sua violenza. E i suoi avvocati – qui si sente la lezione di Sciascia – esperti nel piegare i fatti alle parole...
Il tutto zigzagando fra grandi numeri d'attore (Massimo Foschi e Luigi M. Burruano, paladini del Falso), flash onirici (…), immagini molto controllate, fugaci omaggi al Welles del Processo. E dialoghi così ben torniti che si perdona anche qualche insistenza. Un film «politico» a suo modo, tanto più forte quanto più obliquo. A cui gli equilibrismi e i vicoli ciechi della scena politica attuale regalano nuova e paradossale attualità.
Emanuele. Ferrandino, Il Messaggero, 11/4/2013

Critica (4):
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