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Rondine fa primavera (Una) - Hirondelle a fait le printemps (Une)


Regia:Carion Christian

Cast e credits:
Sceneggiatura:
Christian Carion, Eric Assous; fotografia: Antoine Héberlé; montaggio: Andrea Sedlácková; costumi: Françoise Dubois, Virginie Montel; musica: Philippe Rombi; interpreti: Michel Serrault, Mathilde Seigner, Jean-Paul Roussillon, Frédéric Pierrot, Marc Berman, Françoise Bette, Christophe Rossignon, Roland Chalosse; produttore: Christophe Rossignon; produzione: Artémis Productions, Cofimage 12, Le Studio Canal+, M.S. Productions, Mars Films, Nord-Ouest Production, Procirep, Rhône-Alpes Cinéma, Studio Canal; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia, 2000; durata:103'.

Trama:Brillante informatica, trentenne, benestante, stanca della vita di città, Sandrine decide di dare una svolta alla propria vita e trasferirsi in campagna, per avviare un'attività di agriturismo. Acquista così la fattoria di Adrien, un anziano vedovo che al contrario ha deciso di terminare i suoi giorni in città. Non subito, però: l'appartamento dove risiederà, infatti, sarà disponibile solo tra un anno e nel frattempo lui ottiene di poter restare a casa sua, mentre la donna alloggerà nell'ex stalla ristrutturata. Da qui l'incontro/scontro tra due generazioni, tra chi ha fatto il contadino per tutta la vita e chi non l'ha mai fatto, tra chi diffida della tecnologia e in generale della modernità e di chi invece vuole applicare metodi e cognizioni imparati sui libri e nei corsi di formazione specializzati.

Critica (1):Chiamatelo pure, dileggiandolo, "cinema di papà", ma Una rondine fa primavera è un esempio riuscito di prodotto medio, ben scritto, efficacemente recitato, per mettere d’accordo fasce di pubblico diverso, coniugando con furbizia e calcolato cinismo, sorrisi e lacrime, primavera ed inverno della vita, latte di capra e fragoline di bosco. Carion parte dall’idea intelligente di sommare due solitudini, elaborando con rudezza contadina la contrapposizione tra città e campagna, sincretismo mentale e disordine, affaticamento metropolitano, marchiando sui personaggi valori tradizionali e radicati, istinto e generosità. Certo, il ritorno in montagna di una giovane parigina alla ricerca di ritmi meno sclerotizzati dell’esistenza, che decide di svegliarsi col canto del gallo, sembra ricopiata dalle finte lettere che i giornali pubblicano per analizzare e condannare le nevrosi, il trapasso e l’involuzione sociale delle coscienze, ma nella sua studiata falsità il racconto possiede una contagiosa grazia, nella radicata diffidenza del vecchio contadino e la determinazione della ragazza decisa ad abbattere vecchi tabù e preconcetti tra due diverse visioni delle cose, segnate comunque dall’abitudine al dolore.
Serrault, nel suo Adrian con maglione a trapunta, rimanda a Nelly e Monsieur Arnaud, anche se Carion non ha l’eleganza e la finezza di Claude Sautet, e per pudore imprigiona ogni sentimento con lo sguardo smarrito tra rimpianti, frasi mai pronunciate per non consolidare legami ed alterare equilibri di tranquillità. Una rondine fa primavera è come un viaggio su una vecchia corriera, una domenicale gita fuoriporta con il plaid, la parmigiana, i panini con la cotoletta e le carte napoletane, sulla riscoperta delle radici e sull’autenticità dei sentimenti. Sfruttando lo schema classico del buddymovie, in cui l’iniziale contrapposizione tra caratteri diventa, col tempo, silenzioso rispetto ed elettrica intesa, diventa una commedia alpina, in cui i grandi temi restano come sfondi ed in cui non importa la prevedibilità dello svolgimento e delle situazioni, ma la volontà di annotare piccoli avvenimenti senza importanza apparente, sul recupero del valore del tempo, sull’insofferenza, la diffidenza che diventa rispetto, mentre si ammira la perfezione della montagna.
Domenico Barone, Cinemait

Critica (2):C'era una volta la civiltà contadina che si trasformò poi in civiltà metropolitana. Però da qualche tempo la tendenza si è invertita: ci sono cittadini che non potendone più di traffico, smog e stress scelgono di emigrare in campagna, come la parigina Sandrine, protagonista di "Una rondine fa primavera", di Christian Carion. Lasciato l´impiego nell´informatica, Sandrine ha acquistato la sperduta fattoria di Adrien, che dopo un'esistenza trascorsa nei campi si è disincantato del lavoro a causa di vari problemi, inclusa la mucca pazza. Come prevedibile, l´anziano rurale guarda con diffidenza alle innovazioni della ragazza di città che, rimessa in sesto la casa, la dota di ogni confort. E se è vero che la neofita porta a pascolare le capre con il cappellaccio in testa e il bastone secondo tradizione iconografica, è anche vero che ha l´idea eretica di creare un sito Internet per vendere i prodotti dell´orto e di aprire un agriturismo. Il che per Adrien significa la perdita della pace. Tuttavia quando arriva l´inverno, il gelo e l´isolamento favoriscono un avvicinamento fra i due, trasformando l´ostile rapporto in un sentimento di affetto e stima reciproca. Pur proclamandosi ammiratore di Sergio Leone, l´esordiente Carion si è ispirato piuttosto al modello di Marcel Pagnol, che negli Anni 30 aveva più di una volta rispecchiato sullo schermo vizi e virtù della Francia campagnola. Ma il regista, figlio di contadini e diplomato in ingegneria agricola per far contenti i genitori, ha voluto soprattutto riconciliarsi con la figura del padre, su cui è ricalcato il carattere di Adrien: dimostrando che il vecchio e il nuovo (ovvero antica esperienza e tecnologie avanzate, saggezza e scalpitante energia) possono, anzi devono, coesistere.
Alessandra Levantesi, La Stampa, 12/5/2002

Critica (3):

Critica (4):
Christian Carion
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